La distanza tra l’uno e il niente.

“La maggior parte della gente è scontenta, perché pochi sanno che la distanza fra uno e niente è più grande che fra uno e mille.”
Ludwig Borne

Ognuno di noi spesso sente in sè una particolare insoddisfazione dovuta a svariati motivi.
Chi non vede realizzarsi i propri desideri, chi non accetta il suo corpo o la sua mente, chi è scontento della propria situazione fisica, affettiva, familiare, economica e sociale. Molte frustrazioni nascono anche dal continuo confronto con gli altri, perchè ci sembrano più realizzati o felici.

Ma la nostra insoddisfazione, però, non dovrebbe essere limitata alla semplice dimensione terrena.
Ad un’analisi più sincera ed approfondita del nostro dinamismo mentale, ci rendiamo conto che gran parte dei problemi sono generati dal nostro modo di vedere la vita. Se si usa troppo la mente, trascurando il cuore, vediamo solo un’infinità di questioni insolubili che ci portano, se non stiamo attenti,  a perdere il significato della vita stessa.

Non esistiamo per riempirci di problemi.
La nostra vita assume il significato che noi le diamo e molte circostanze si adattano spesso ad esse.
Se puntiamo sull’avere crediamo di espandere il nostro “io” sulle cose materiali che possediamo, sugli affetti, sul prestigio sociale, ecc. In effetti non ci rendiamo conto che sono queste cose a possederci ed a tenerci prigionieri in un bozzolo esistenziale che non vuole evolversi e schiudersi al senso dell’essere.

Allorché ci impegniamo a riflettere in profondità sulla nostra esistenza, ci rendiamo conto che un mistero avvolge le essenze che percepiamo e che possono illuminare la nostra stessa attività cosciente.
“Percepire” coscientemente attraverso i sensi qualcosa, dovrebbe già riempirci di stupore.

Quando qualcuno si chiede se esistono i miracoli, come tradizionalmente li intendiamo, dovrebbe riflettere sullo stesso miracolo della vita, in cui ogni momento ritenuto da noi “ordinario”, possiamo interpretarlo in modo straordinario.
Per il solo fatto che con il nostro libero arbitrio abbiamo la possibilità di porre in essere una serie di micro-operazioni quasi infinita, è già un evento straordinario.

Purtroppo stiamo perdendo l’interesse più genuino per l’ontologia perché l’abbiamo relegata nel baule delle anticaglie filosofiche. Ma le domande fondamentali che noi inconsciamente ci poniamo esigono delle risposte, altrimenti rimaniamo  incapsulati nel marasma dei luoghi comuni o abbagliati dal luccichio del consumismo più vorace, disperdendo così la nostra identità in mille rivoli, generando una penosa opacità intellettuale.

Gli interrogativi sull’ontologia dovrebbero condurci ad una sana riflessione sulla stessa nostra esistenza, la quale merita un’alta considerazione per il fatto stesso che è infinitamente superiore al nulla.

Pier Angelo Piai