Molte persone, in momenti di grande sofferenza, arrivano a lamentarsi della propria esistenza, fino a desiderare di non essere mai nate. È un pensiero profondamente umano, legato alla fragilità e alla difficoltà di dare un senso alla sofferenza. Anche Giobbe, pur essendo un uomo giusto, si è trovato a esprimere il suo dolore in modo forte, ma alla fine ha riconosciuto la grandezza di Dio, che è al di là della comprensione umana. Quando un figlio si lamenta con i genitori per essere stato messo al mondo, immagino che loro possano sentirsi feriti e impotenti. Hanno dato la vita con amore, sperando che fosse un dono, e sentirsi dire che quel dono è stato un peso può essere un colpo al cuore. Ma è anche vero che chi esprime un pensiero del genere lo fa spesso perché sta soffrendo profondamente, non perché voglia realmente ferire chi l’ha messo al mondo.
Il Giudizio sul Creatore
Se ci si lamenta troppo della propria esistenza, si rischia di entrare in una dimensione di ribellione contro Dio, come se si volesse mettere in discussione il Suo operato. Però Dio, nella Sua infinita misericordia, comprende la sofferenza umana, e possiamo immaginare che, più che essere “ferito”, si addolori nel vedere le Sue creature infelici. Un padre amorevole non si offende per il dolore di un figlio, ma cerca di aiutarlo a trovare una via d’uscita. Come affrontare questo sentimento?
Per chi si sente così, può essere utile:
1 Cercare un significato più profondo alla propria esistenza: anche nella sofferenza, può esserci una crescita o una missione da compiere.
2 Non chiudersi nel dolore, ma cercare aiuto: dialogare con persone di fiducia, amici, guide spirituali o esperti può fare la differenza.
3 Guardare oltre il momento difficile: a volte la sofferenza sembra eterna, ma con il tempo le prospettive cambiano.
4 Ricordare che ogni vita ha un valore unico, anche se oggi non riusciamo a vederlo chiaramente.
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