P. ERMES RONCHI
XVII domenica 30 luglio 2017
Matteo 13,44-52
Un contadino e un mercante trovano tesori. Accade a uno che, per caso, senza averlo programmato, tra rovi e sassi, su un campo non suo, resta folgorato dalla scoperta e dalla gioia. Accade a uno che invece, da intenditore appassionato e determinato, gira il mondo dietro il suo sogno. Nessun viaggio è lungo per chi ama…
Due modalità che sembrano contraddirsi, ma il vangelo è liberante: assicura che l’incontro con Dio non sopporta statistiche, è possibile a tutti trovarlo o essere trovati da lui, sorpresi da una luce sulla via di Damasco, oppure da un Dio innamorato di normalità, che passa, come dice Teresa d’Avila, ‘fra le pentole della cucina’, che è nel tuo campo di ogni giorno, là dove vivi e lavori e ami, come un contadino paziente.
Nel tuo lavoro quotidiano. Oppure addirittura in sogno, come in quella preghiera che incanta il Signore (1 Re 3,5-15), quella del giovane Salomone che, nella notte prima di salire al trono, sogna queste parole, un sogno di parole: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».
Mi commuove pensare che anche a me Dio si rivolga con le stesse parole: chiedimi quello che vuoi e te lo darò. È così, per ciascuno, sempre.
Ma noi non sappiamo neanche che cosa chiedere. Lo ha chiesto al cieco di Gerico: cosa vuoi che io ti faccia? e per il cielo la risposta era facile: che io veda! Così era ovvia per i lebbrosi: donaci una pelle che possa ancora ricevere carezze.
A questa domanda, io cosa risponderei? cosa mi importa più di tutto?
Queste sono le domande del cuore. Le domande che guariscono. Fanno vedere se le profondità nostre sono trasparenti o fangose.
Salomone domanda il suo tesoro così: «Concedi al tuo servo un cuore docile», donami un cuore che ascolta, che ascolta te.
E Dio si sorprende, Dio si meraviglia, resta incantato, gli piace:
«Poiché non hai domandato per te una vita lunga, non hai domandato ricchezza, né la vittoria sui tuoi nemici, ma hai domandato la saggezza nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente, come nessuno mai ha avuto»
Senza un cuore che ascolta, non governi niente, né la tua casa, né il tuo ufficio, né il tuo mondo interiore.
Dono immenso da chiedere sempre,
per saper ascoltare il sussurro di Dio e il grido di Abele,
per ascoltare angeli e parabole,
la bellezza della terra e la musica del creato,
la cattedra dei piccoli, dei poveri, dei bambini.
Primo servizio da rendere a Dio e agli uomini non è fare qualcosa, è ascoltare. Servizio degno di un re, regale, ci assicura Salomone.
Ascoltare non è sentire.
Sentire è un fatto sensoriale, ascoltare è un fatto interiore.
L’arte di ascoltare: come un bambino, che ascolta con gli occhi. Come un innamorato, con tutto me stesso.
Chi non sa ascoltare è sordo. La parola assurdo ha la stessa radice di sordo. Entra nell’assurdo, nel caos del non senso, chi non sa ascoltare, chi è sordo agli altri, a Dio e al mondo. Esce invece dall’assurdo, chi infrange la sua sordità e si apre all’ascolto. Allora vengono voci e parole, e in esse trovi luce e orientamento per la tua vita. Ascoltare per uscire dall’assurdo.
Gesù racconta due parabole che hanno la stessa idea di fondo. Ciò che Dio ti può dare non ha confronti fra le cose. ‘Tesoro e perla’, sono nomi bellissimi, inusuali nelle liturgie, lo diresti un linguaggio da romanzi, da pirati e avventure, da favole o da innamorati. Gesù lo sceglie per indicare che il vangelo porta la rivoluzione nella vita. Che la fede è una forza vitale che ti cambia la vita. La fa camminare, correre, perfino volare. Credere fa bene!
“Trovato il tesoro, l’uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo”. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala, è la forza che mette in cammino, il motore: l’uomo va, e vende tutto ciò che ha, ma senza nessun sentore di rinuncia o di sacrificio (Gesù non chiede mai sacrifici quando parla del Regno, nel vangelo di Matteo evoca sacrificio due sole volte e sempre per negarlo), sembra piuttosto lo straripare, il dilagare di un futuro nuovo, capovolto, felice.
Niente di quello di prima viene buttato via.
Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Lasciano molto, ma per avere di più.
Non perdono niente, lo investono.
Così sono i cristiani: scelgono e scegliendo bene guadagnano.
Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi:
hanno investito in un tesoro di speranza, di luce, di forza.
I cercatori di Dio, i discepoli non hanno tutte le soluzioni in tasca, ma cercano. Lo stesso credere è un verbo dinamico, bisogna sempre muoversi, sempre cercare, proiettarsi, pescare; lavorare il campo, scoprire sempre, camminare sempre, tirar fuori dal tesoro cose nuove e cose antiche.
Mi piace accostare a queste parabole un episodio accaduto a uno studente di teologia, all’esame di pastorale. L’ultima domanda del professore lo spiazza: “come spiegheresti a un bambino di sei anni perché tu vai dietro a Cristo e al vangelo?”. Lo studente cerca risposte nell’alta teologia, usa paroloni, cita documenti, ma capisce che si sta incartando. Alla fine il professore fa: “digli così: lo faccio per essere felice!”.
È la promessa ultima delle due parabole del tesoro e della perla, quella di far fiorire la vita.
Anche in giorni disillusi come i nostri, il Vangelo osa annunciare tesori. Osa dire che l’esito della storia sarà buono, comunque buono, nonostante tutto buono.
Rileggiamo il primo versetto della lettera di Paolo: noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.
Tutto, anche quel mucchietto di sassi che mi sembra il mio campo, altro che tesoro. Tutto concorre al bene, in modo misterioso ma reale. Tutto, anche ciò che non capisco e che ora mi fa male.
Tutto, e sant’Agostino aggiunge: etiam peccata, anche i peccati… e Giuliana di Norwich nelle sue potenti visioni, alla fine sente Dio dirle:
e tutto sarà bene, tutto sarà bene.
Perché “il cielo prepara oasi ai nomadi d’amore” (Ungaretti), Qualcuno prepara tesori per noi, semina perle nel mare dell’esistenza.
Tesoro e perla sono nomi di Dio. Con la loro carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che aprono, si rivolgono a me, un po’ contadino e un po’ mercante, e mi domandano:
ma Dio per te è un tesoro o soltanto un dovere?
E’ una perla di luce o solo un obbligo?
Preghiera
Signore, tu sei il vento che fa nascere
I cercatori d’oro.
Ti ringrazio, Signore, tesoro del mio vivere:
Con te la vita è sorpresa, incanto, scoperta,
caduta e risurrezione, altre vite che entrano nella mia vita
e il cuore del mondo che batte insieme al mio.
Signore, oggi non oso chiederti
ancora regali o tesori:
Me ne hai già dati tanti.
Donami occhi profondi, da scriba attento,
che sappiano vedere impigliati nella mia rete
i tesori raccolti in tutta la vita
i talenti ricevuti,
le persone incontrate.
Donami solo un cuore che ascolta,
un cuore dolce che sia in me,
antico come le montagne,
nuovo come questo mattino,
riconoscente come un bambino.
Amen.
Fine: dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, anzi in molti tesori, lungo molte strade, in molti giorni della mia vita.