13 Agosto 2010

EUCARISTIA E SEGNO

Anno: 1972
Regia: Marcello De Stefano
Soggetto: Marcello De Stefano
Sceneggiatura: Marcello De Stefano
Fotografia: Antonio Seguini
Musiche: Comunità di San Cristoforo, Udine
Voce: Nevio Ferraro
Consulenti: Piero Bertolla, Elpidio Ellero, Rinaldo Fabris, Gian Carlo Menis, Oscar Morandini, Nicolino Borgo
Suono: Leonardo Venturini
Montaggio: Marcello De Stefano
Sonorizzazione: StudioEcon, Roma
Produzione: Ma.De.Ste. Film-Udine; 1971
Durata: 28’

A
Udine, nel settembre del 1972, si svolge il XVIII Congresso Eucaristico
Nazionale, che ha per tema «Eucarestia e comunità locale». A De Stefano
viene commissionato un film che, insieme ad altre iniziative promosse
con il medesimo intento, ha lo scopo di spiegare e valorizzare
l’imminente congresso.
Il film viene girato dal regista in forma di
documento, cioè è composto da immagini e situazioni rigorosamente
autentiche, non ricostruite, e perciò in grado di offrire una vera e
propria testimonianza.
Qui De Stefano vuole illustrare il rapporto
che lega il mistero eucaristico e la comunità dei credenti: Eucaristia,
intesa come presenza di Cristo, e segno, cioè la testimonianza che di
essa si dovrebbe avere e dare nel contesto della vita comunitaria.

Nella
prima parte, di carattere storico, viene presentata la Chiesa
dell’antico patriarcato di Aquileia, e ci viene descritta la ritualità
che ad essa derivava da un inconfondibile assetto pastorale. Di questa
la chiesa udinese è erede e continuatrice, nonostante non si possa fare a
meno di constatare che i tempi sono cambiati e che da una civiltà
agricolo-pastorale siamo passati, nel corso dei secoli, ad altra di tipo
industriale (58).

Immagini del Concilio Vaticano II (segno di un
cambiamento, all’interno della Chiesa, che non poteva essere ignorato)
chiudono tale prima parte, mostrando alcuni fermenti volti alla ricerca
di una fede rinnovata, capace di adattarsi alla nuova realtà e al nuovo
uomo.
L’autore poi propone il proprio discorso post-conciliare,
quello che giustamente vede nella vita di tutti i giorni il
prolungamento operativo dei tre momenti fondamentali della messa, ovvero
l’omelia, l’offertorio e la comunione. Ciò che dovrebbe essere naturale
e spontaneo da parte dei cristiani, praticanti e non, ma che troppe
volte viene disatteso.

La messa quindi non si chiude in se
stessa, ma si fa presenza viva e caritatevole nei confronti di coloro
che più di tutti necessitano di un “segno-testimonianza” della vicinanza
di Cristo59: coloro che maggiormente subiscono il rifiuto della
società, che sono costretti da essa in modo mortificante a vivere ai
margini, in poche parole tutti gli emarginati.

E a questo proposito vediamo dei giovani che
in modo spontaneo e affettuoso trascorrono il loro tempo in compagnia
degli anziani, degli orfani, degli zingari, e che si mettono al servizio
delle comunità.
In seguito scorrono immagini di persone che, con
sincero e partecipato interesse, seguono casi che concernono l’adozione,
l’affiliazione o il problema delle ragazze madri.

Dal sacramento
della comunione, in particolare, si irradiano altri atti di
responsabile solidarietà, come quella di un gruppo di giovani che si
impegnano nell’attività del volontariato in una comunità di spastici.
Tutto
questo per farci pervenire a recepire il messaggio secondo il quale il
cristianesimo non può, e non deve, esaurirsi in se stesso, ma deve
essere forza protesa a cambiare la storia intervenendo direttamente su
di essa; ed è necessario che ciò avvenga tramite una vera
concretizzazione dei valori di carità e, soprattutto, di amore verso il
prossimo, da esso predicatoci.

Il tutto ci viene presentato
attraverso una celebrazione eucaristica resa, con alternanza, con le
immagini di due messe domestiche (ossia quella messa che viene
celebrata, come talvolta in antico, tra le mura domestiche), e celebrate
l’una in ambiente di estrazione contadina, l’altra in ambiente di
carattere cittadino.
“I parametri sono quelli tradizionali proprio
perché l’autore del film vuole ribadire di essere del tutto lontano da
suggestioni sovvertitrici, o comunque (ecclesiologicamente: n.d.r.)
contestatrici. Insomma il giusto e doveroso moto di rinnovamento non
tollera il sovvertimento” (60).
C’è da sottolineare inoltre come De
Stefano tratti tali argomenti senza abbandonarsi ad una facile retorica e
si ha modo di constatare ciò soprattutto grazie alla qualità delle
immagini, vigorosamente e volutamente asciutte (61).

Nel
finale vi è un richiamo al Cristo di Emmaus, alla Grazia e a Teilhard
de Chardin (alla cui spiritualità De Stefano – come già detto – si
richiama) il quale, in un passo ripreso dalla sua «Messe sur le monde»
(Messa sul mondo), offre a Dio, in sella ad un cavallo, “non avendo né
pane né altare, tutte le fatiche della terra”.
Il film-documento,
quindi, ci dà l’immagine di una Chiesa vista in base a tre diversi
livelli: la Chiesa locale (il patriarcato di Aquileia), la chiesa
universale (il Concilio Vaticano II, il papa e i vescovi), la Chiesa
parrocchiale (le comunità locali parrocchiali).

Naturalmente,
data la tematica del film, De Stefano si è avvalso di preziose
consulenze da parte di diversi sacerdoti della Chiesa friulana: don
Elpidio Ellero e mons. Pietro Bertolla per ciò che concerne la parte
liturgica; don Rinaldo Fabris per quanto riguarda la parte teologica;
don Oscar Morandini e don Nicolino Borgo per la parte pastorale; don
Gian Carlo Menis per la realtà storica.
Come Incontro con un’infanzia rifiutata, anche questo film è stato realizzato da un’équipe interamente friulana.

La bella voce è sempre quella di Nevio Ferraro, mentre a curare la fotografia troviamo questa volta Antonio Seguini.

Da
sottolineare come l’originale colonna sonora, costituita da alcuni
canti eseguiti dal coro della parrocchia di San Cristoforo, contribuisca
a dare al film una certa fluidità, rendendo ancor più serrati tra loro i
vari episodi.

Nel film-saggio abbiamo modo di vedere più volte delle
persone dialogare tra di loro, senza però che sia dato di udire le
parole dei loro discorsi. Questo è un effetto voluto dal regista, non
certo per dare a queste scene un effetto “televisivo”, ma per fare in
modo che, con questa recitazione “a rovescio”, il racconto risulti
coerente alla sacralità del soggetto che “richiede che le situazioni
assurgano alla dimensione di simboli, di significati che riguardino i
valori della natura umana” (62).

Richiamando le parole dello
scrittore e critico francese Charles Ford (del suo documentato libro dal
titolo “Le cinéma au service de la foi”), si può senz’altro affermare a
nostra volta che Eucaristia e segno per i suoi valori ideologici ed
espressivi può essere considerato anch’esso come un “capitolo davvero
importante della lunga e suggestiva storia del cinema al servizio della
fede” (63), e farne parte.

Nel giugno del 1972, il film-saggio viene presentato con successo nella sala Brosadola di Udine.
Per questo film inoltre De Stefano ha vinto il «Premio Nazionale di Qualità», assegnatogli dai critici cinematografici italiani.
Alla
prima di Udine sono seguite proiezioni in varie città italiane come
Roma e Milano. A livello locale, vi sono state proiezioni “continuate”
al Cinema Roma di Udine, alla presenza di moltissimi fedeli di tante
parrocchie del Friuli ed anche d’Italia.

Nel luglio del 1972 è
sugli schermi della sala del Cinema «Stella Matutina» a Gorizia, e nel
settembre dello stesso anno viene presentato a Cervignano del Friuli.
Abbinato
ad Incontro con un’infanzia rifiutata nell’aprile del 1973 viene
proiettato a Trieste, nell’ambito delle iniziative, per il tempo
quaresimale, a cura del Centro di Cultura Giovanni XXIII, ed in seguito,
a Verona all’interno del Congresso Nazionale dei Cineforum Italiani.
In
Spagna, a Valladolid, alla «Semana Internacional de Cine» nel settembre
del 1974, Eucaristia e segno viene scelto per rappresentare l’Italia,
nella sezione documentari: festival al quale possono partecipare, ognuna
delle sedici nazioni ammesse, con un solo film ed un solo documentario.

Nel frattempo veniva
proiettato in varie numerose parti del mondo, con la lamentela della
produzione, per il fatto che poi il film-saggio non era restituito (ne
erano state stampate ottanta copie): arrivavano infatti le
congratulazioni, ma con la richiesta di potersi trattenere in possesso
(alias proprietà) il film-saggio.

NOTE

58
Sul film cfr. anche i seguenti articoli: Marcello De Stefano: Eucaristia
e segno su «Rivista diocesana di Roma»; Mario Quargnolo Una pellicola
nello spirito del Concilio per il congresso eucaristico nazionale su
«Messaggero Veneto», 14 luglio 1972; Nives Savelli, Un eloquente
documentario sul congresso eucaristico – presentato alla Stella
Matutina; su «Voce Isontina», 9 luglio 1972; Adriano Cossio, Eucaristia e
segno nel film per il Congresso su «La vita Cattolica»; Ettore Masina,
Da Udine al Brasile su «Rocca – quindicinale della pro civitate
christiana», pag. 13, 15 agosto 1972; idem, su «La Vita Cattolica», 12
agosto 1972; Giuliana Muscio, I rapporti con il Cristianesimo –
Eucaristia e segno su «Friuli sera», 27 settembre 1972; Proiettato il
film Eucaristia e segno su «Cronaca della Bassa Friulana», 10 settembre
1972; A Verona al Congresso del Cineforum – Incontro con un’infanzia
rifiutata ed Eucaristia e segno” su «Messaggero Veneto», 20 novembre
1974: Marcello De Stefano ha vinto il Premio Nazionale di qualità su
«Quaderni della FACE» n.43, 1972; Il regista De Stefano alla rassegna di
Valladolid, con Eucaristia e segno su «Messaggero Veneto», 26 settembre
1974.
59 Così anche Mario Quargnolo, Una pellicola nello spirito del
Concilio per il congresso eucaristico su «Messaggero Veneto», 14 luglio
1972.

60 Art. cit. ibidem.
61 Così anche Quargnolo, art. cit. ibidem.

62 Un film per il Congresso su «La vita del popolo», 3 settembre 1973.
63 Roberto Iacovissi, “Dalla liberazione dell’uomo alla liberazione dei
popoli (l’opera cinematografica di Marcello de Stefano)”, Sergio
Cragnolini Editore, 1990. pag. 31.

LINKS:

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INCONTRO CON UN’INFANZIA RIFIUTATA
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