13 Agosto 2010

IN VERITA’, IN VERITA’ VI DICO

Anno: 1975
Regia: Marcello De Stefano
Soggetto: Marcello De Stefano
Sceneggiatura: Marcello De Stefano
Fotografia: Adriano Cossio
Musiche: Rodolfo de Chmielewski
Suono: Leonardo Venturini
Montaggio: Marcello De Stefano
Speaker: Rodolfo de Chmielewski, Gianni Nistri, Graziella Ricci Polini
Produzione: Ma. De. Ste. Film, Udine
Durata 30’

Vigorosa
affermazione di friulanità in due film (73): questo è il titolo dell’articolo, scritto da Mario Quargnolo, apparso lunedì 7 febbraio del 1977
sulla stampa locale, all’indomani della presentazione ufficiale del
film-saggio In verità, in verità vi dico assieme a Controlettura,
svoltasi nella Sala Brosadola a Udine.

L’opera, questa volta, non
viene eseguita su commissione, ma si tratta di un film fatto da De
Stefano “in piena libertà, con pochi mezzi, adoperando i fondi
risparmiati con la vittoria di qualche premio cinematografico monetario,
ma con tanta volontà di esprimere, con la passione che gli è tipica, il
suo messaggio di impegno e di analisi della realtà odierna, e di
tentare una risposta per una soluzione che nasca dal suo profondo e
cristiano amore per i fratelli” (74).


Il
film è un’opera di contestazione, ma una contestazione operata nello
spirito della tradizione cristiano-cattolica e, in particolare, dei
fermenti postconciliari. Infatti, De Stefano è sì un “cattolico del
consenso” (75), ma non chiude gli occhi su alcune realtà che non fanno
certamente onore alla storia della nostra Chiesa.

In verità, in
verità vi dico prende spunto da una riunione nazionale di cappellani
militari, tenutasi nel 1975 a Redipuglia, in Friuli, per il 4 novembre.
Sullo schermo sfilano decine di anziani sacerdoti, con al petto medaglie
scintillanti alla luce del sole, e nei loro volti si legge l’orgoglio
per quei riconoscimenti ottenuti in seguito alla partecipazione bellica.

De
Stefano, senza fare facile ironia su questi personaggi, e scegliendo un
utilizzo della cinepresa teso ad indagare i volti che gli si presentano
dinanzi, vuole dimostrare quanto quelle medaglie siano in contrasto con
la figura di Cristo e col suo messaggio di pace, amore e fratellanza.

In
seguito si passa all’analisi di un fenomeno dai risvolti ambigui quale
quello dell’inurbamento, che produce una serie di conseguenze devastanti
all’interno della società: l’emarginazione e la violenza.
A tutto
questo De Stefano contrappone, come forma di salvezza, la forza
dirompente e vivificatrice del sentimento dell’amore, unica arma per
difendersi da violenza, oppressione, odio.

È l’amore che può far
cambiare lo stato di cose nel quale siamo costretti a vivere, anche se
alcuni potrebbero trovare questa risposta ingenua, troppo idealista e
inattuabile nei fatti. Ma non è certo confidando in soluzioni che
prevedono una volontà di cambiare attraverso la violenza che possiamo
sperare di vedere sorgere un mondo fatto di pace e di amore per il
prossimo, dato che dalla violenza non si può che generare altra
violenza, dando così vita ad una catena d’odio senza fine.

Ad
incarnare i sentimenti positivi sopra descritti (e come contraltare
alle situazioni negative) vengono presentati una comunità cristiana
friulana che si interroga sul proprio operare ed un raduno di
ex-deportati dei lager nazisti, che innalzano una statua del Cristo
crocefisso a simbolo del dolore e dell’umiliazione derivanti dalla
violenza che è stata loro perpetrata, e della rinascita e liberazione
dell’uomo.
Il regista propone, come modello ideale, la cultura
friulana, da sempre aliena dalla volontà di cambiare le cose e di farsi
giustizia con il compimento di atti di forza. Il popolo friulano,
quindi, si pone quale simbolo della metodologia della rinascita del
mondo.

Le immagini del ritrovo dei cappellani militari sono
inframmezzate da riprese che mostrano la presa del potere da parte del
fascismo in Cile; immagini di una violenza insensata.
Tutto ciò è
reso interessante, anche dal punto di vista stilistico, poiché De
Stefano, riprendendo con la macchina da presa il televisore che manda in
onda le immagini del Cile in repressione, riesce ad ottenere l’effetto
ottico della presenza di un rullo compressore sullo schermo televisivo.

Questo “effetto” è ottenuto mediante il mantenimento della sfasatura tra
la velocità di percorso della pellicola e quella della televisione,
sfasatura che permette all’occhio di cogliere l’elemento
dell’interlinea: come si sa, infatti, i fotogrammi della pellicola
scorrono in numero di 24 al secondo, mentre quelli televisivi nel numero
di 25, ed è proprio questo venticinquesimo di secondo di differenza che
crea la suddetta sfasatura, con il conseguente coinvolgimento emotivo
nella visione.

Dopo la proiezione del film, in Sala Brosadola, è
seguito (come di solito avviene per tutti i film del regista) un
dibattito questa volta dai toni piuttosto accesi (al quale ha
partecipato anche colui che al tempo era l’arcivescovo della diocesi di
Udine, Alfredo Battisti), provocato dalle tesi controcorrente presentate
dalla pellicola. Come scrive Roberto Iacovissi, questo è “un film di
non facile accettazione e di non facile lettura, e ha bisogno, come per
tutti i lavori di De Stefano, di diverse visioni per poter essere
compreso fino in fondo” (76).

Nell’autunno del 1977 In verità, in
verità vi dico viene proiettato a Grado, presso l’albergo «Ai pini»,
per iniziativa del Centro della Comunità, alla presenza dei terremotati
sfollati nella cittadina lagunare, in seguito al disastro sismico del 6
maggio, 15 settembre 1976.

Nel dicembre 1977 apre la stagione del
Cinema Roma di Udine. Nell’aprile del 1978 si svolge ad Aosta la
«Première Rencontre du Cinéma des Communautés Ethniques et Culturelles» e
il film di De Stefano, che vi partecipa, viene proiettato al Cinema
Italia della città valdostana.

Dal ’78 è per anni,
periodicamente, sugli schermi della Casa Esercizi di Tricesimo (Udine)
e, nello stesso anno a Roma all’Anica in visione per il Festival di
Mosca. Durante la proiezione del film-saggio, il traduttore riferiva
verbalmente i vari momenti del testo al sovietico premesso alla
selezione, con continui «Da, da» in risposta di consenso da parte del
funzionario russo. Ma allorché si parlò di filo spinato e di un no per
sempre ad essi nel mondo, ordinò l’interruzione della proiezione,
chiedendo di passare subito all’altro film ivi già pronto per la sua
proiezione di selezione (77).

Da segnalare che In verità, in
verità vi dico è stato anche selezionato, con le migliori
congratulazioni – inviate a De Stefano con un biglietto scritto di
proprio pugno – da parte del direttore polacco della manifestazione,per
partecipare al Festival Internazionale di Cracovia, ma poi non vi verrà
proiettato a causa di motivi politici non precisati.



NOTE

73 Mario Quargnolo, Vigorosa affermazione di friulanità in due film su «Messaggero Veneto», 7 febbraio 1977.
74 Roberto Iacovissi, In verità, in verità vi dico su «Il Punto» n. 9, 15 settembre 1977.

75 Mario Quargnolo, art. cit.
76 Roberto Iacovissi, art. cit.
77 Così riferisce anche Roberto Iacovissi in “Dalla liberazione dell’uomo alla liberazione dei popoli”, pag. 46.

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