15 Agosto 2010

LA PACE: VARIAZIONI SUL TEMA

info a cura di CeRiDo (Centro internazionale di ricerca e documentazione)

“prima” del film-saggio:  LA PACE : VARIAZIONI SUL TEMA – Reportage dal Friuli

PRIMA PROIEZIONE: Sala cinematografica ASTRA del VISIONARIO  di UDINE

INTRODUZIONE ALLA SERATA:

Renata Capria D’Aronco – Presidente del Club UNESCO di Udine
Fabiano Rosso – In rappresentanza del CEC – Udine

RELATORI:
Roberto Iacovissi – Poeta, saggista e critico d’arte
Marcello De Stefano da’ Friuli – Regista

SI RINGRAZIA:
Regione Friuli Venezia Giulia per il contributo finanziario concesso al CLUB UNESCO di Udine per la realizzazione del Film-saggio

Paola Palombaro – Curatrice di Effetto Reale, settimanale del TG LA 7 Fondazione Canova di Possagno – Gipsoteca di Possagno

Optex   Sponsor per il rapporto della comunicazione

IL FILM

La persona umana non è un dato fallimentare per essenza.

Ciò è esplicitamente conseguito nel film percorrendo l’iter della crescita e della formazione dell’uomo, sia dal punto di vista  psicologico, sia scientifico di “forza biologica” tra le forze che strutturano la realtà –  “l’energetismo”.

 Ed i secoli `900, `800, `500, che appaiono scritti sullo schermo in flash narrativi, evidenziano le antiche radici dell’aspirazione umana ad una vita di pace, piena di senso, protesa fino alle suggestioni di una apertura al mistero, al sacro.

 Essendo un film di pensiero (Ingmar Bergman è nelle ascendenze culturali formative di De Stefano da’ Friuli) la macchina da presa si pone ai limiti del riprendibile, e l’oggetto della ripresa è in funzione dei concetti, addirittura della stessa  “parola”: …oscuro errore – un esempio – e per effetto speciale le parole sono in montaggio con un improvviso colpo di nero-buio, come pure “si lavora” sull’immagine.

 Coerentemente al detto linguaggio, nel finale, l’attrice recita in alternanza tra la sua fisica presenza e la sua voce in montaggio con plastiche artistiche installazioni dell’ecologica “arte nella natura” – realizzate da artiste friulane a Mezzana (Valli del Natisone) – e si materializzano concetti e parole in una recitazione a sua volta ai limiti del poetico, con un dire ritmico-antiemotivo e si fa proposta ad ognuno di un comportamento per un personale contributo all’instaurazione di una cultura di pace.

 

LA PACE: VARIAZIONI SUL TEMA (commento di Pier Angelo Piai)

– Reportage dal
Friuli- l’ultima applaudita opera del regista friulano Marcello De Stefano da’
Friuli.

 


Successo del
FILM- SAGGIO di Marcello De Stefano da’ Friuli dal titolo

“La pace –
variazioni sul tema – reportage dal Friuli” proiettato al “Visionario” di
Udine, grazie al CEC, nella giornata internazionale dedicata alla pace sotto
l’egida dell’UNESCO e dall’ONU (21 settembre 2005).


Il film è stato voluto dal
club UNESCO di Udine  con
l’intenzione di sensibilizzare il pubblico su questo scottante problema che
angoscia l’umanità intera.

 

Il regista
Marcello de Stefano ha sempre dichiarato di appartenere culturalmente e
spiritualmente al Friuli, che vanta nel passato una serie di valori che oggi
non vengono purtroppo molto considerati. In effetti il suo cinema è un continuo
richiamo a questi valori genuini di identità cristiana propri del Friuli
storico.


Anche questa
sua ultima opera vuole trasmettere valori positivi ed è apportatrice di un
forte messaggio di pace per l’umanità intera. Il punto di partenza è proprio
riferito al contesto friulano.


La tecnica usata da De Stefano va
controcorrente perché è antitetica rispetto a quella usata oggi dal consumismo
mediatico che banalizza ogni forma espressiva che richiami determinati valori
culturali ed etici ed è finalizzata ad attirare il consenso della massa per
sfruttarne l’ignoranza e l’emotività a scapito della ragione.


Con un
abilissimo stratagemma egli recupera il tipo di programmazione filmica che
avveniva nelle nostre sale cinematografiche del dopoguerra, la quale si
proponeva di informare e formare gli spettatori proiettando sia un cinegiornale
che un documentario di attualità prima del film vero e proprio.


Il
cinegiornale, da Lui reinventato, mette in evidenza una forte esperienza ecumenica raccontata nell’Abbazia
di Rosazzo dal rettore don Dino Pezzetta. Prima, però, l’attenzione dello
spettatore è focalizzata sull’abbazia stessa, un luogo intessuto di storia:
risale infatti all’XI secolo, dopo l’arrivo dei monaci agostiniani, la
costruzione della chiesa dedicata a san Pietro (inaugurata nel 1070).


Successivamente
passò ai Domenicani che la tennero fino alla soppressione; e solo negli anni
Settanta, grazie all’impegno del vescovo di Udine, mons. Alfredo Battisti,
l’Abbazia di Rosazzo venne inserita tra le realtà da ristrutturare dopo il
terremoto del 1976.


Ora Rosazzo è
un centro di spiritualità e di incontro interreligioso e dialogo ecumenico che
vede periodicamente a confronto le chiese cristiane ortodosse di Grecia, Africa,
Turchia, Serbia-Montenegro, Armenia, Bulgaria, Romania, Russia.


Nella
reinvenzione del documentario, che precedeva il film, appaiono le bellissime
scene nel museo del Canova che terminano sulla statua della pace.


Poi,
documentando l’arte di un’intera vita di un pittore  (Michele Piva) che è realizzata in opposizione alla cultura
del nulla, oggi molto imperante, vi è una prima parte del film vero e proprio.


Questo  conclude con quattro via
crucis realizzate nella sua vita artistica dallo stesso pittore. esposte nel
Battistero della Basilica di Aquileia. 


L’incontro di
De Stefano con questo evento espositivo è stato  provvidenziale per la realizzazione del film-saggio. La
Basilica stessa di Aquileia  è
emblematica per indicare il nucleo storico dell’identità friulana che si
riflette nell’antica patria, come tutti sanno.


La mostra
“cinematografata”, che ha avuto un forte impatto emotivo sul regista, si rifà stimolo allo spettatore perché  un certo tipo di arte, massima
espressione dell’interiorità dell’uomo, è capace di dare delle risposte
concrete all’assurdità del dolore umano, dolore che assume il suo più alto
significato e la sua rilevanza salvifica, come dice il film, in quello di
Cristo, venuto a divinizzare ognuno persona.


E’ un messaggio, questo, che si
pone coraggiosamente contro l’attuale cultura nichilista, foriera di comuni
atteggiamenti di indifferenza che non favoriscono, certo, la pace individuale e
sociale.


Il film poi si
distacca dalla realtà prettamente locale per travasarne i contenuti assiologici
in una dimensione più universale, dove l’uomo è posto al centro come termine
ultimo dell’asse evolutiva in diverse fasi che mettono in evidenza lo sviluppo
della sua personalità ( dalla complessità del film: dalla bionegenesi,
all’antropogenesi, dalla noogenesi alla cristogenesi) che porta, una volta
cessata la fase espansionistica, a quella convergente, cioè alla sua pienezza
evolutiva).


Lo stratagemma
usato dal regista friulano è molto efficace: infatti nella seconda parte del
film la protagonista si trova su una piccola imbarcazione da gara-Topper –  sul mar Rosso che è continuamente
minacciata da squali, simbolo delle negatività che vorrebbero distruggere
l’uomo durante il suo cammino evolutivo.


L’esperto navigatore pilota dovrà
condurre la barca fuori dai pericoli: metafora efficace per indicare la
maturazione che dovrà raggiungere l’uomo attraverso l’affrancamento da se
stesso e dai suoi primordiali istinti che lo accomunano agli animali più
aggressivi.

In questo
film-saggio è riflesso il risveglio della coscienza sociale – il sangue di
Cristo versato per amore ne è il concreto supporto, evidenzia il film – che ha
come punto di riferimento il microcosmo friulano che si fa universale.


Questi  per l’autore rappresenta una “cifra
universalizzante”, nel senso che il recupero dei valori storici e solidaristici
di una realtà locale complessa, quale quella dell’anima storica friulana, viene
richiamata quale possibile modello universale da recuperare in antitesi
all’appiattimento culturale ed etico causato dallo stillicidio massificante
dell’attuale globalizzazione tendente a coinvolgere lo stesso Friuli.
Globalizzazione la quale vorrebbe estendere prepotentemente a livello
planetario  un modello unico di cultura,
strutturato nel principio e nel fine unici dell’economia.


Questo fenomeno
è elemento perturbatore della pace sociale per diversi motivi sottintesi, e
implicitati, in questa sua splendida opera attraverso un’analisi geniale del
divenire, farsi, della persona umana.

La stessa
scelta del regista, è già di per sè un’aperta polemica al mondo mediatico
attuale allineato con il rullo compressore della citata globalizzazione tout
cour che nella sua avidità vorrebbe anestetizzare le coscienze rovesciando i
valori più genuini, in buona parte ancora esistenti, del passato.


Molto
innovativo è il linguaggio che il regista utilizza per trasmettere il suo
profondo messaggio di pace e speranza. Il suo è un film di pensiero, che sulle
orme di Bergman sostituisce  la
parola e l’immagine all’azione. E’ un modo di procedere controcorrente in
aperta polemica contro lo stile mediatico moderno che vuole coinvolgere lo
spettatore solo emotivamente attraverso lo scorrere

veloce di
immagini, ma che non gli concede il tempo di pensare e riflettere 

secondo una
finalità mirata alla sola logica del profitto.


Coerentemente,
le inquadrature, gli espedienti tecnici-formali sono prioritariamente a
servizio della parola perché ne mettono in risalto i contenuti più profondi del
pensiero, e la “bellezza della parola” si affianca a quella dei momenti
lirici, di cui un buon  esempio è
costituito dall’insieme delle riprese all’interno della Basilica Aquileiese
accompagnate dal sublime adagio di Albinoni,

i particolari
carichi di significato umano e trascendente della via crucis, i riferimenti
alle diverse violenze che spesso la cronaca “storica” ci riporta – “alcuni
esempi”.


Chi assiste a
questo film ha l’impressione immediata di trovarsi di fronte ad un’opera
ricchissima di contenuti e al termine della visione ne esce toccato interiormente e magicamente spinto a  risvegliarsi dall’abitudinario
alienante e consumistico torpore.


Questo, infatti, non ci consente di prendere
coscienza dei nostri errori e di quelli della società della globalizzazione
“anti-pensiero”.


Come giusto
antidoto il narrato pensiero sfocia nella trascendenza divina-cristica
coniugata con l’universo umano, ricco di passioni e  di contraddizioni che in quella trascendenza concretizzano
un naufragio salvifico. E ciò è ben reso cinematograficamente, ricalandoci
nella quotidianità del vivere, dalle
parole  recitate dall’attrice nel
finale.

Esse  concernono una
composizione poetica di Marcello De Stefano e  si fanno suggerimento di un comportamento per ognuno al fine
di collaborare ad un clima di pace: (divenire noi nda) ”critici/ tutti di
tutto/ il non funzionato”.


Il regista
Marcello de Stefano con questa sua sublime opera ha raggiunto un altissimo
grado di maturazione umana ed artistica.



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