10 Gennaio 2002

Beato Odorico da Pordenone

dal Messaggero Veneto del 10/01/2002

La festa del Beato Odorico da Pordenone vede quest’anno l’apertura solenne del processo di canonizzazione del grande missionario friulano in Oriente. L’arcivescovo Pietro Brollo, domenica 13 gennaio alle 17 nella chiesa del Carmine (in via Aquileia), ove sono conservate le spoglie mortali dell’evangelizzatore, procederà alla promulgazione del decreto d’introduzione della causa e di costituzione del tribunale, il quale avrà poi il compito di accertare l’esercizio delle virtù e la continuazione fra il popolo della fama di santità del Beato Odorico fino ai nostri giorni.

A tale scopo verranno interrogati alcuni testimoni. Trattandosi di una causa codiddetta “storica” (Odorico morì a Udine il 14 gennaio 1331), a deporre saranno soprattutto gli studiosi già incaricati da qualche mese di acquisire, raccogliere e ordinare notizie sul beato, confluite in un dossier di ben 340 pagine, costituente la base sulla quale viene impostata l’indagine diocesana. Completata questa, tutto il materiale passerà al vaglio della Congregazione vaticana delle Cause dei Santi.

Al di là delle forme prescritte dal severo iter processuale resta tutto il valore di un cammino di scoperta e riflessione sul messaggio del Beato Odorico, riapertosi già da qualche anno grazie al lavoro della Commissione culturale e pastorale per la canonizzazione e il culto istituita dall’allora arcivescovo di Udine, monsignor Alfredo Battisti e presieduta dall’arcivescovo padre Antonio Vitale Bommarco, francescano della famiglia dei Conventuali, l’ordine che postula questa causa.

L’avvio del processo non esaurisce il programma predisposto in occasione della festa del Beato Odorico. Essa viene celebrata nella chiesa udinese del Carmine, sempre domenica 13 gennaio, anche con una solenne concelebrazione, presieduta alle 18 dal ministro provinciale dei Conventuali padre Luciano Fanin, e con un momento culturale, patrocinato dal Comune di Udine: verrà presentata una biografia storica, intitolata “Frate Odorico del Friuli” (così si firma Odorico a conclusione della sua narrazione di viaggio).

Ne è autore lo storico don Giancarlo Stival di Pordenone, editrice “Messaggero Padova”. Da segnalare infine la recente uscita negli Stati Uniti dell’edizione in lingua inglese dell’Itinerarium, a cura del professor Edmondo Lupieri dell’Università del Friuli, con la presentazione di monsignor Bommarco e l’introduzione del professor Paolo Chiesa, docente all’ateneo friulano.

dal Messaggero Veneto del 1/12/02

Le ricerche del missionario udinese padre Luigi Malamocco confermano in un libro che il beato nel 1324 si fermò nell’arcipelago e celebrò la messa sull’isola di Luzon
Odorico da Pordenone sulla via della Cina sbarcò nelle Filippine


di GIANPAOLO CARBONETTO

Ormai è praticamente certo: il beato Odorico da Pordenone ha toccato le Filippine nel suo viaggio verso la Cina e sull’isola di Luzon ha celebrato una messa, la prima nell’arcipelago, addirittura quasi 200 anni prima di quello che sostenevano i testi ufficiali.

A scoprire questo suo sbarco nelle Filippine era stato lo scorso anno l’udinese padre Luigi Malamocco, missionario stimmatino che, con sua grande sorpresa, aveva trovato tracce del missionario a Bolinao, un paese a poco meno di 300 chilometri da Manila, verso il nord-ovest dell’isola di Luzon. Scorrendo un fascicolo in cui era stampata la storia della parrocchia di Bolinao, con tutto l’elenco dei parroci che si sono succeduti dal 1630 a oggi, Malamocco nota con sorpresa una data che anticipa tutte le altre e che è anche visivamente staccata. È il 1324 e accanto c’è scritto in inglese: «Un certo padre Oderich from Italy è arrivato in queste nostre coste di Bolinao: per paura della tempesta, la nave su cui viaggiava si è riparata in questo porto.

Questo padre è sceso e ha celebrato la santa messa per gli indigeni di allora». Si tratta di poche note, che lasciano però capire che quasi certamente si tratta nientemeno che del beato Odorico da Pordenone. Tutto combacia, sia per il nome, sia perché dall’Italia in quegli anni nessun altro era andato da quelle parti.

Eseguendo altri studi incrociati, la convinzione si rafforza, ma padre Malamocco si prefigge di scavare ulteriormente nelle Filippine per raggiungere la certezza assoluta, e ci riesce. Sentiamo parte del racconto che egli ha pubblicato integralmente nel libro A piedi scalzi – In cammino con frate Odorico del Friuli, appena uscito per i tipi delle Edizioni Segno (160 pagine; 8 euro): «Innanzitutto, era necessario trovare l’autore di quelle righe sul libro parrocchiale. Si trattava della signora Bernaley Celeste Montemayor, che ricorda di aver tratto quelle righe dal libro Princess Urduja, ma non sa dove il libro possa essere finito, anche perché il proprietario è morto. La strada sembra conclusa, ma la figlia dello scomparso trova il libro, che è un testo di ricerca storica, pubblicato nel 1986 dal professor Antonio del Castillo y Tuazon, insegnante di Scienze sociali per ben trent’anni all’Università di Lingayen, nella regione di Pangasinan, la stessa di cui fa parte la cittadina di Bolinao».
Come afferma il titolo, in questo libro il professor Del Castillo voleva dimostrare, documenti alla mano, l’esistenza di un regno «delle Amazzoni» dal 1344 fino all’arrivo delle truppe spagnole di Legaspi e del suo nipote Salcedo, il 20 maggio 1572.

La principessa si chiamava Urduja e nella prima parte del libro l’autore si sofferma con abbondanti notizie a narrare l’arrivo di frate Odorico, regalando molte notizie della sua sosta a Bolinao.
Padre Malamocco continua: «Vorrei conoscere l’autore del libro. Nella prima pagina si riporta l’anno di nascita: 1908. Ora dovrebbe avere 94 anni. Di lui conosco solo il nome e la città che conta 60.000 abitanti: è come cercare un ago in un pagliaio, ma non dispero e salgo sulla prima corriera, destinazione Lingayen. Gli avvenimenti che seguono hanno dell’incredibile.

Arrivo sul piazzale principale della città. Vedo una chiesa ed entro nell’ufficio parrocchiale che le sta accanto. La segretaria mi chiede cosa desidero. Le porgo il libro e le domando se conosce il suo autore. «Certo! È un mio parente». «È ancora vivo?», domando incredulo. «Sì e sta abbastanza bene. La faccio accompagnare da lui». Cinque minuti di motocicletta e sono davanti al cancello della casa del professore, un vecchietto che s’appoggia camminando ad una giovane. Bastano pochi minuti: lo ringrazio per la sua opera. Rimane meravigliato, perché non c’è stato mai un filippino che si sia congratulato con lui». Gli dico di essere un sacerdote italiano innamorato della storia, delle Filippine, e di esser concittadino di padre Odorico, il cui corpo è racchiuso in un’arca a Udine.

Mi sorride e mi ringrazia per la stima che gli dimostro. Ad alcune mie domande mi risponde nebulosamente, dal momento che la memoria se ne sta andando. Ma, quando nomino Odorico, Urduja s’infiamma e continua a ripetere: «È vero! È tutto vero!».

Ecco quanto scrive Antonio del Castillo y Tuazon: «L’islamizzazione di Thalawasin deve esser avvenuta dopo il 1324, l’anno in cui Padre Odorico, dell’Ordine dei Francescani, celebrò la prima messa nelle Filippine e battezzò gli abitanti, al tempo del re Dalisay, padre della Principessa Urduja. Perciò si può facilmente concludere che il primo mukdum o prete missionario islamico arrivò e insegnò il Corano in Thalawasin dopo il 1324. Luther Parker sostiene che la Prima Messa nelle Filippine avvenne nel 1324 a Bolinao. Fu celebrata dal Padre Odorico che sbarcò e trovò riparo dai mari tempestosi assieme all’equipaggio arabo che lo stava trasportando verso la Cina.

Questo avvenimento si può leggere nel suo libro Black Cross, pubblicato nel 1918. Questa Santa Messa anticipa di ben due secoli la data del 1521, quando si dice che nella spedizione di Magellano venne celebrata a Limasawa o a Butuan. Questa Santa Messa di due secoli prima fu offerta al Signore in ringraziamento per aver loro salvata la vita dalla tempesta. Egli sicuramente benedisse e battezzò molte persone che ebbe la grazia d’incontrare.

Come molti sacerdoti missionari, specialmente dell’Ordine dei Francescani, attenti alle opere sociali, imparò facilmente il loro dialetto per meglio poterli avvicinare. Quando ritornò il bel tempo ed il cielo ridivenne azzurro ed il mare calmo, il vascello arabo riprese la rotta verso la Cina. Padre Odorico come ambasciatore fu ben accolto dall’Imperatore Ming e rimase ospite a Pekino.

Osservò la civiltà cinese e riportò nei suoi scritti le loro invenzioni, la polvere da sparo, il papiro, la seta, i tessuti vari, il the, le ceramiche dai colori scintillanti. Il suo Diario fu tradotto in varie lingue e divenne popolare come il racconto di Marco Polo del 1291. Padre Odorico morì nel 1330 dopo la pubblicazione del suo manoscritto. Gli abitanti di Talamasin descritti da Padre Odorico nel XIII secolo confermano l’origine malesiana.

Un missionario muslim, un certo Ibn Batuta, che visitò questa terra nel 1344, vent’anni dopo, riporta nel suo diario la stessa documentazione nel suo famoso libro I viaggi di Ibn Battuta: «Il sultano di Sumatra della dinastia Salaandra preparò un vascello con marinai e soldati per accompagnare in Cina Hadji Ibn Batuta, un prete musulmano proveniente dal Marocco, visitatore dello stesso sultanato. Il viaggio si compì nel 1344, vent’anni dopo quello di Padre Odorico, al tempo del re Dalisay.

Il viaggio fu riportato negli scritti arabi di allora e tradotto in molte lingue proprio come la cronaca scritta dal Padre Odorico».
Esistono due soli autentici manoscritti attorno il regno della Principessa Urduja. Uno è stato scritto da Padre Odorico, che visitò il detto regno, che egli chiamò Talamasin, nell’anno del Signore 1324, e l’altro documento scritto da Ibn Batuta, viaggiatore arabo, che visitò lo stesso regno vent’anni più tardi e che chiamò Tawalisi. Il nome Tawalisi è pronunciato anche Talamasin dal sacerdote italiano Padre Odorico ed è simile foneticamente alla parola della regione di Pangasinan, di cui fa parte Bolinao Tawal asin. Significa luogo della produzione di sale e si riferisce alla stessa isola in cui i cibi venivano abbondantemente salati e conservati così a lungo. Chiaramente, quei cibi salati e lo stesso sale serviva come prodotto di scambio specialmente con i commercianti cinesi che affollavano queste spiagge. Insomma, è ormai certo che la prima messa nella storia filippina non fu celebrata durante la spedizione di Magellano nel 1521, bensì dal padre Odorico nel 1324 a Talamasin (Bolinao).

C’è da aggiungere una curiosità. Del Castillo ha presentato anche una lettera che fu scritta dalla principessa Urduja in persona a Ibn Batuta, che l’ha riportata nei suoi racconti arabi e nella cronaca del suo viaggio verso la Cina, sulla falsariga di Odorico. La principessa si rivolge al makdum e si sente quasi offesa per il suo rifiuto di accettare il banchetto in suo onore. Infatti, la legge coranica proibiva certi cibi. Mentre il padre Dalisay, l’anziano re, testimoniò che un prete di un’altra fede che veniva dalla lontana Europa «non ricusò nulla».
La storia delle Filippine, insoma, è cambiata. E a fare ciò è stato un missionario friulano.
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dl Messaggero Veneto del 15/01/03

«Il Beato Odorico esempio per i giovani»


«Un esempio per i giovani che oggi si impegnano ad annunciare il Vangelo nel mondo». Con queste parole l’arcivescovo di Udine, monsignor Pietro Brollo, ha descritto Beato Odorico, il missionario francescano friulano di cui ieri sera ricorreva l’anniversario della morte, avvenuta a Udine il 14 gennaio 1331.

E, in occasione della solenne festa liturgica nella chiesa della Beata Vergine del Carmine di via Aquileia, l’arcivescovo nel corso dell’omelia ha chiesto al frate una “grazia”. «Spero che non vengano mai a mancare le persone, in particolare i giovani, che sono disposti a dedicare la propria vita a Cristo e a diffondere la Sua parola in tutti i Paesi. Soprattutto al giorno d’oggi questo risulta fondamentale visto che i nuovi sacerdoti sono sempre meno e noi rappresentanti della Chiesa siamo un po’ deboli nell’annunciare il Vangelo del Signore», ha spiegato l’arcivescovo monsignor Brollo.

Alla liturgia, sostenuta col canto della corale “Santa Cecilia” della Metropolitana, hanno partecipato anche gli arcivescovi Alfredo Battisti e Antonio Vitale Bommarco, già alla guida della diocesi di Gorizia, assieme a sacerdoti e religiosi delle diocesi di Udine e di Pordenone. La chiesa, per l’occasione gremita di persone, conserva nella cappella sulla sinistra l’arca marmorea del Beato Odorico, opera trecentesca dell’artista Filippo de Sanctis. Ieri, al termine della celebrazione, è avvenuta la reposizione del corpo del Santo beatificato nel 1755.

«Beato Odorico, vissuto nel Medioevo, può essere considerato un modello per noi oggi, vista la volontà che ha dimostrato di vivere unito a Cristo al di là delle difficoltà», ha spiegato l’arcivescovo Brollo. Il missionario, infatti, lasciò il paese nativo di Villanova di Pordenone per avventurarsi verso lontani Paesi dell’Oriente e, raggiungere, attraversando l’intera Asia, Pechino.

Nel corso del viaggio, durato ben otto anni, visitò e annunciò il Vangelo in paesi come l’Armenia, la Persia, l’India. Le sue memorie, raccolte nella “Descriptio terrarum”, sono ancora oggetto di studio e approfondimento. L’altro ieri è stato presentato, sempre nella chiesa udinese del Carmine, un libro di Luigi Malamocco dal titolo «A piedi scalzi» nel quale si rivelano dei particolari del suo viaggio in Cina.

Barbara Machin