3 Settembre 2001

Critica

Le critiche sono inevitabili : bisogna saperle gestire

Molti problemi di ansia sociale sono legati alla paura del giudizio negativo degli altri. Siamo vulnerabili di fronte alle critiche, perché esse rappresentano una minaccia di rifiuto. E un tempo, quando la sopravvivenza dipendeva più di ora dal legame con il proprio gruppo, il timore di essere rifiutati doveva essere molto forte.
Vi sono due tipi di critiche: costruttive e manipolative. Le prime sono dirette a modificare non la personalità di un individuo, ma il suo comportamento in una specifica situazione. Ad esempio: «La tua risposta mi sembra eccessiva: stai alzando troppo la voce».
Le critiche manipolative, invece, colpiscono l’individuo nella sua personalità. Sono generiche e totalizzanti, per la presenza di termini come “mai” “sempre”, “tutto”, “niente”, in frasi come: «Non cambierai mai». Il loro effetto, se non il loro scopo, è quello di indurre spesso sensi di colpa.
Perché taluni cercano di manipolarci? Per trarne vantaggio, sicuramente: controllando, ad esempio, i nostri sentimenti. Non illudiamoci: la maggior parte delle interazioni sociali sono aggressive e manipolative. L’aggressività è una forma di violenza aperta, che agisce dall’esterno: si alza la voce, si arriva addirittura alle mani. La manipolazione, invece; è una forma di aggressività che agisce sulla vittima dal suo interno, a volte anche dolcemente. Una frase del tipo: «Da te non me lo sarei mai aspettato» suscita nell’altro emozioni tali da fargli pensare di aver tradito le aspettative di chi gli voleva così bene. Oppure: «Oggi mi hai fatto stare molto male», «Hai rovinato tutta la mia vita», ecc. , sono tutte manipolazioni che ingenerano senso di colpa nell’interlocutore, attriIbuendogli una responsabilità indebita. Si intende colpire la volontà con frasi del tipo: «Non fai mai nulla», la sicurezza: «Non ce la farai mai», e persino le doti morali: «Sei gretto e meschino».
Ma oltre al senso di colpa le critiche ingenerano senso di ignoranza legato alla paura di dire cose stupide. Tali critiche sono volte a colpire l’intelligenza con frasi del tipo: «Come, non capisci?», la memoria: «Non ricordi mai niente», e l’attenzione: «Non stai mai attento».
Inoltre vi sono frasi che fanno presentire come un’oscura minaccia, qualcosa di vago, ma che può turbare. Ad esempio: «Come si permette?», «Lei non sa chi sono io», «Me la pagherai!», «Aspetta che torni il babbo», «Lascia che lo dica ai tuoi genitori».
Come si risponde alle critiche? Capita a tutti di sbagliare e sentirsi in colpa risulta in tal caso appropriato: riconoscerlo, chiedendo scusa e accettando critiche e pene è segno di persona sana mentalmente. Al contrario, chi evita di riconoscere i propri errori, oppure non chiede mai scusa, viene considerato, giustamente, come persona egocentrica o insicura. D’altra parte anche il comportamento opposto, di colui che chiede continuamente scusa, denota le medesime debolezze e un eccessivo timore di essere criticato: facendosi impropriamente l’autocritica sembra sottrarsi alle critiche altrui. Anche il chiedere scusa va, perciò, considerato un’abilità, legata al criterio del giusto mezzo. Il modo migliore è quello semplice e diretto: «Lei ha ragione, non mi ero accorto dello sbaglio», oppure «Sì, ho sbagliato. Mi dispiace». Sono da evitarsi, invece, frasi del tipo: «E vero, ho sbagliato. D’altronde capita a tutti di sbagliare!». Espressioni come questa sembrano sane, ma in realtà mostrano il rifiuto di assumersi una responsabilità personale dello sbaglio e lasciano intendere che non faremo granché per evitare di ripetere l’errore. Comunque, ogni volta che si è portati per convenzione a dire: «Scusatemi», bisogna cogliere l’occasione per valutare dentro di noi se chiediamo scusa perché effettivamente si tratta di colpa nostra, o piuttosto di una colpa aItrui, in cui ci siamo trovati coinvolti forzatamente: ad esempio, segiungo ad una riunione già iniziata perché il treno era in ritardo, io stesso devo mettermi nel numero dei danneggiati, senza sentirmi in colpa.
Molto utile, per colui che teme le critiche, individuare i giudizi che maggiormente lo disturbano, al fine di preparare una risposta o meglio una battuta di spirito per ogni critica. In tal modo non si aggredisce colui che critica, ma si pone termine alla eventuale aggressività dell’altro.
Spesso dopo aver subito passivamente una critica ci si pone la domanda: «Avrei dovuto dire così…». Quindi se vogliamo modificarci realmente, dobbiamo preparare possibilmente un elenco scritto delle risposte adeguate. Risposte che dovranno diventare quasi “automatiche”. Ad esempio alla critica dell’amico che, a una festa, per metterci in cattiva luce agli occhi di una bella ragazza, dice: «Hai sbagliato cravatta, non va d’accordo con la giacca», si può rintuzzare: «E che dici del colore delle calze?».
Certo, molti dei nostri malumori derivano dalle critiche altrui, data l’importanza che diamo alle opinioni che gli altri hanno di noi. Conviene ripetere a se stessi: «Tutti sono importanti ma non troppo».
Pasquale Ionata