dal Messaggero Veneto del 18/02/03
di Bruno Tellia
NELL’ERA DI INTERNET
IL PACIFISMO DIVENTA GLOBALE
di BRUNO TELLIA
Manifestazioni per la pace e contro la guerra ne sono state fatte tante nell’ultimo secolo, però mai uguali a quelle di sabato scorso. Cento milioni di persone hanno sfilato in tutto il mondo durante lo stesso giorno. Dalla prima manifestazione di Sydney fino all’ultima di Los Angeles è stato un ininterrotto fluire di persone con gli stessi simboli e gli stessi slogan. Attraverso un ideale passaggio di testimone, per quasi 24 ore la terra è stata percorsa, senza soluzione di continuità, dall’espressione della medesima volontà e dei medesimi sentimenti. Non so quale potrà essere l’impatto reale di tale evento sulle decisioni che verranno adottate nei prossimi giorni.
So però che per la prima volta nella storia, a parte il capodanno del 2000 seguito a ogni scoccare della mezzanotte in ogni fuso orario, si è realizzata una partecipazione simultanea allo stesso fatto, un fatto per di più dalla forte valenza politica.
E questo si è realizzato proprio grazie a quegli strumenti spesso demonizzati da una parte di quanti hanno manifestato. Grazie ai mass media, a Internet, agli sms e a tutte le diavolerie inventate per controllare gli individui, ridurre la libertà di espressione, soffocare le identità, gli stessi denigratori di questa società si sono sentiti coinvolti in un processo mondiale e appartenenti a una comunità immensa.
Quanto avvenuto sabato è stato possibile perché c’è la globalizzazione, perché c’è un sistema di comunicazioni che avvolge tutta la terra in una fitta rete.
Con qualche smagliatura, come per esempio in Iraq e in qualche altro paese dove, per esempio, Internet è proibito. Perché qualsiasi informazione è disponibile per un numero crescente di persone. In breve, quei mezzi e quei sistemi sui quali, ormai acriticamente, si concentrano i lamenti e le invettive di tanti sono diventati democratici e hanno permesso alla gente di esprimersi liberamente. La prima considerazione da fare, allora, è che andrebbero riviste le visioni apocalittiche sulla società moderna. Certamente televisione, Internet, radio veicolano spazzatura e squallore, però sono intrinsecamente mezzi di coinvolgimento agli eventi del mondo, di condivisione delle stesse emozioni e di formazione di stessi modi di sentire, anche perché non sono controllabili ed è impossibile orientarne il contenuto in modo completo; almeno nelle società democratiche.
E qui si innesta la seconda considerazione sulle manifestazioni di sabato. Senza sembrare eccessivamente enfatici, si può dire che è cominciato un modo nuovo di fare politica, un modo che fa leva sulla manifestazione simultanea della stessa volontà in tutto il mondo.
Anche nel passato ci sono stati movimenti che hanno assunto dimensioni mondiali, ma le loro manifestazioni avvenivano in tempi differenziati, lanciavano messaggi che raggiungevano la gente in momenti diversi. Il loro impatto, quindi, non era contestuale e pertanto le reazioni che potevano suscitare producevano effetti dilazionati. Ben diversa è la forza di manifestazioni che si concentrano nel tempo e rendono tutta la terra un unico luogo, reso estremamente piccolo dai mezzi di comunicazione di massa.
Come avveniva nelle tragedie greche, i grandi eventi hanno acquistato una dimensione spazio-temporale unitaria, con ciò rafforzando la loro forza espressiva.
Si potrebbe notare che, in realtà, i cento milioni di persone nelle piazze costituivano un insieme virtuale, essendo disseminati in città distanti migliaia di chilometri ed essendo tenuti assieme dalla televisione e perciò il peso effettivo della manifestazione andrebbe notevolmente ridimensionato. Sarebbe un errore assumere tale atteggiamento. Non va dimenticato, infatti, che la distinzione fra rapporti reali e rapporti virtuali tende ad annullarsi in tutti i campi, dal lavoro alle relazioni interpersonali, dagli affari all’attività ludica, dallo svago alla stessa guerra (si pensi alla guerra del golfo).
Sbaglierebbero, allora, i governanti a sottovalutare queste manifestazioni. In fondo esprimono un modo nuovo di fare politica, il modo più compatibile con i nuovi mezzi di comunicazione di cui disponiamo e che riescono a riunire persone altrimenti isolate e lontane.
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