1° NOVEMBRE 2012 – FESTA DI TUTTI I SANTI – “Anno B”
Ap 7,2-4.
9-14 – 1Gv 3,1-3 – Mt 5, 1-12
Festa di Tutti i Santi,
festa di coloro che hanno vissuto amore, giustizia, pace, perfino le lacrime,
per costruire una terra nuova. Festa dei santi quotidiani che hanno vissuto con
noi e sono andati avanti. E del santo che è in ciascuno di noi.
Nella Chiesa, i santi e i
peccatori si tengono per mano; in questa comunione entriamo ora chiedendo
perdono per la nostra vita incompiuta, per gli obiettivi mancati, per le
beatitudini tradite.
Signore, tu hai detto: Beati
voi, poveri! Noi invece riteniamo beati i ricchi, i famosi, quelli che hanno
successo, per questo Kyrie eleison
Signore, tu hai detto: Beati
voi che costruite la pace. Noi invece proclamiamo beati i vincenti, i forti,
quelli che sanno imporsi, per noi lontani dal vangelo, Kyrie eleison
Signore, tu hai detto: Beati
i misericordiosi. E noi invece pretendiamo per noi la misericordia ma non la doniamo, per
questo cuore duro, Kyrie eleison
Omelia
Non ci stanchiamo mai di ascoltare queste parole, il manifesto più
capovolgente che si possa immaginare. Da dove viene il fascino delle Beatitudini, che non capiamo e che pure ci
fanno disarmati e vulnerabili? Che suscitano in noi la nostalgia prepotente di
un mondo fatto di bontà e di giustizia, di onestà e di fiducia, di occhi
limpidi come bambini.
Le beatitudini non sono un’aggiunta di nuovi Comandamenti ma sono lieta notizia, l’annuncio gioioso che
Dio regala vita a chi produce amore; che se uno si fa carico della felicità di
qualcuno, il Padre si fa carico della sua felicità.
Se accogli le Beatitudini, esse diventano pian piano il cuore
dell’uomo nuovo, sognato dai profeti e dal Vangelo: il somigliante a Dio, finalmente.
Perché se Dio è il ricco che si fa povero per arricchire noi della
sua vita, allora è bello entrare in questa povertà che arricchisce.
Se
Dio è mite e misericordioso allora è bello essere teneri e dolci come Lui.
Se
la misura di Dio è perdonare senza misura, allora è bello seguirlo per inventare
con Lui il miracolo della pace.
Le
beatitudini, sono nove tratti del volto di Cristo, del volto dell’uomo nuovo.
Tra
le nove Parole c’è la beatitudine più
difficile da capire, e al contempo quella più diffusa: la beatitudine delle
lacrime, di coloro che hanno pianto troppo, lacrime che sono il tesoro di Dio
(canta il salmo: le mie lacrime nell’otre tuo raccogli, ad una ad una…): la
santità del pianto. Quanta santità sulla terra, allora, quanto piangere! Beati
coloro che piangono. Santi sono i piangenti!
Non
sono beati i migliori tra noi, i benedetti non sono i più forti o quelli che
fanno miracoli: si è rivolto a pubblicani e peccatori, a rocce che poi si sono
sbriciolate, si è rivolto a gente dalla spada facile e dalla bugia pronta, a
una donna che aveva sette demoni in corpo, a cuori non ancora puri, si è
rivolto a pescatori che non sapevano granché di terraferma, si rivolge cioè a
gente come me, come noi. Il Padre non è imparziale, si rivolge ai distanti, perché
diventiamo somiglianti al Cristo, il somigliantissimo al Padre.
I
somiglianti a Dio umanizzano il mondo! La storia si aggrappa ai santi per non
cadere in basso (I lettura). È quello che diremo proclamando: Credo la
comunione dei santi. Credo che la storia è comunione, che nessun uomo è un’isola,
che in ognuno c’è l’orma di
ognuno. Credo nella solidarietà dei buoni, degli onesti, dei miti, in questo
legame umile e fortissimo che si oppone alla catena vistosa dei falsi e disonesti,
alla comunione conclamata dei cattivi.
Questa
è la nostra fede: credo che la bontà è più forte della cattiveria! Lo diremo
all’altare di Dio: Credo che il bene è più forte del male. Nell’uomo e nella
storia. Altrimenti perché varrebbe la pena vivere e credere?
Credo
la Comunione dei Santi: la mia forza è nella comunione con chi è più forte di
me, la mia purezza rinasce dalla comunione con chi ha occhi più limpidi dei
miei. Nel tempo e nell’eterno santi e peccatori si tengono per mano.
Santo
non significa senza peccato. Anche il giusto pecca sette volte al giorno, Pietro
scappa e rinnega, gli altri si nascondono: non ce l’hanno fatta loro chi sono io
per credermi superiore agli apostoli?
Il
santo è colui che pecca sette volte, ma fa il bene settanta volte sette; colui
che ricopre il male di bene, lo soffoca, gli toglie l’aria.
Nel
cuore anche il santo ha radici di zizzania e di buon grano intrecciate, ma lui
si dedica a coltivare, custodire, far fiorire le spighe del bene. Santità è
come per Pietro che ha tradito, è rinnovare la sua scelta per Cristo: Pietro mi
ami tu, adesso. Sì, tu lo sai, un po’ di bene te lo voglio! Santità è rinnovare
la passione per Dio. E per l’uomo.
Oggi è anche la festa della nostra santità, almeno
iniziale, certo incompiuta. Mi conforta ogni volta che nella Bibbia, ritrovo
questa espressione: Santi e amati.
“A
quanti sono in Roma, santi e amati da Dio!” scrive Paolo: Santi perché
amati.
C’è come una forma di passività, una forma di accoglienza,
una resa all’inizio della nostra fede: accogliere un amore che viene
d’altrove. E’ questo che ci fa santi, di una santità pre-etica, anteriore ai
comportamenti, siamo santi perché un flusso di vita giunge da Dio a noi, più
importante di peccato o non peccato, più importante di errori e di colpe. Noi siamo santi perché
Dio ha riversato la sua grazia, cioè la sua vita in noi.
Siamo santi non perché ci siamo arrampicati con mille
fatiche sulle vette della morale, ma perché amati, e abbiamo accolto questo
amore. E ridiventiamo santi ogni volta che accogliamo Dio in noi. Quando
rientro in me stesso e apro con gratitudine, con gioia, con riconoscenza la mia
anfora perché sia riempita della vita di Dio. Dio viene portando pace,
misericordia, luce, coraggio, conforto, portando se stesso.
A rendere santo, a rendere bello, a rendere grande
l’uomo è la vita di Dio che entra in lui, è come caricarsi di luce per poi
rilasciarla goccia a goccia.
Amati, per sempre: abbiamo sentito quel pezzo
indimenticabile di Paolo (Rom 8,38): chi ci separerà? E segue un elenco di 7
cose che non possono…E poi di nuovo: Nulla mai ci separerà dall’amore Dio. E
segue un secondo elenco di 10 cose, la totalità delle creature, i giorni e
l’eterno.
Allora riprendiamoci i santi. Che non sono i
taumaturghi, ma gli uomini dalla
vita completa e riuscita. I santi non hanno fatto cose straordinarie, sono
gente appassionata per la trasparenza del cuore.
Non
dei campioni di ascesi, uomini duri e puri, o i realizzatori di grandi opere
caritative, Gesù infatti ha canonizzato una povera vedova che aveva offerto due
spiccioli per il tempio, un niente pieno di cuore.
Non
le grandi opere, ma i gesti quotidiani fanno la santità. I poveri e le donne
fanno gesti, la politica e le Chiese, i potenti fanno opere. Impariamo dai
poveri e dalle donne, da Gesù.
Santità per noi è meno opere
e più gesti nel quotidiano, ma gesti pieni di cuore, gesti di ascolto e di pazienza, di servizio
e di dono, gesti di attenzione, gesti come quelli di Gesù che non vediamo mai
progettare grandi opere ma fermarsi, ascoltare; toccare occhi, labbra,
orecchie; spezzare il pane, entrare nelle case, sedere a mensa e parlare delle
cose d’amore come nessuno aveva mai saputo fare. Posare una carezza in fondo
all’anima.
E se non avremo molto da
offrire al Signore nell’ultimo giorno, ci presenteremo a lui come mendicanti
d’amore, forse ricchi solo di lacrime.
Sentiremo
allora le parole più belle venire dalla bocca di Dio:
“Vieni figlio, il tuo desiderio di amore era
già amore.
Vieni figlio, sognatore, devoto, vagabondo, poco importa,
vieni.
E se anche hai infranto
mille volte le tue promesse vieni.
Vieni, nonostante tutto,
vieni.
Con i tuoi gesti più veri, con i tuoi tesori in vasi di
argilla,
i tuoi gesti pieni di cuore,
e le tue lacrime raccolte ad
una ad una, vieni!
Ora non ti farai più male.
Niente ti separerà più
dall’amore.”
PREGHIERA alla
comunione
Signore, tu non convochi
eroi nel tuo Regno,
ma uomini e donne veri,
poveri, miti, in pace.
Ti prego, guariscimi dalla
paura di me stesso,
dalle ferite degli
abbandoni, dall’oscuro nemico che mi corrode il cuore.
Fammi restare davanti a te
come un bambino, a mani aperte,
con il cuore che veglia,
sicuro che tu sei amore.
Fa’ che affiori dal mare dei
desideri, il desiderio di te.
Donami occhi puri che ti
vedano dovunque,
nel sorriso e nella croce,
nel silenzio e nell’orchestra immensa del creato.
Se non ti ascolto, parla più
forte, Signore, e nel profondo ripetimi:
“Vieni, chiunque tu sia, sognatore, devoto, vagabondo, poco importa.
Vieni, hai tentato di amare, nulla ti separerà più dall’amore di Dio”.
Dal
Concilio Vat. II Costituzione dogmatica Lumen Gentium, N. 40.
I seguaci di Cristo, chiamati da
Dio, non a titolo delle loro opere, ma a titolo del suo disegno e della grazia,
giustificati in Gesù nostro Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti
veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò realmente
santi. Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare con la
loro vita la santità che hanno ricevuto.