13 Dicembre 2012

NATALE, L’ESTASI DELLA STORIA

Isaia 9,1-3.5-6: Ci è stato dato un figlio.
Tito 2,11-14: È apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per
tutti gli uomini.
Luca 2,1-14: Oggi vi è nato il Salvatore.

Dal vangelo
secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento
di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era
governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria
città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla
città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla
famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era
incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una
mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto,
vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del
Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi
furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi
annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di
Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il
segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che
lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli
ama».

Luca ci presenta i fatti nell’umile
concretezza dei particolari e contemporaneamente nella cornice dei grandi
orizzonti, nel respiro della storia.

La prima condizione storica della
nascita di Gesù è il censimento. Gesù nasce così perché la grande macchina
imperiale ha preteso questo pressante e puntuale controllo su tutti,
probabilmente per aggiornare l’anagrafe tributaria. Qualcosa di minaccioso
presiede alla nascita: la tua vita mi serve per alimentare le casse dello stato,
un impero brutale nel togliere dall’anonimato Maria, Giuseppe e il Bambino.

In questa tenebra dura, nella
profondità del disagio di questo meccanismo, quando l’uomo è semplicemente
ridotto a numero e quantità, lì si produce la nascita dell’uomo nuovo. Là
dove l’uomo conta solo come numero, nella riduzione della dignità a quantità,
proprio lì la storia si capovolge. E sapremo che l’uomo vale quanto vale il suo
cuore.

La pressione della tenebra della
storia costringe quasi Dio a rivelare la luce. Per assicurarci che quando
sperimentiamo la durezza, l’oscurità, la debolezza, Dio è con noi, non
solo per noi.

Lo avvolse in fasce e lo depose in una
mangiatoia.
Non c’era posto per loro
nell’albergo. Maria partorisce in un luogo di fortuna, riservato agli animali,
un luogo che aveva cercato di evitare. Eppure s’intrecciano una nota
d’esclusione e una di comunione: un riparo è comunque assicurato, un sigillo
d’alleanza è posto con l’intero cosmo, attraverso le creature non umane,
attraverso quella mangiatoia (in latino praesepium), che la madre
nell’emergenza legge come una culla.

Ecco l’escluso, Colui che in vita non
avrà dove posare il capo, povero come le volpi e gli uccelli che pure hanno
tane e nidi (Lc 9,58). Perfino il sepolcro gli sarà dato in prestito (Mt
27,60); è l’ospite che eternamente sta alla porta e bussa (Ap 3,20) e attende
che gli si apra e domanda anche a noi quel gesto di suprema misericordia che sua
madre gli ha concesso: far entrare la sua vita nella nostra vita.

E qui e ovunque la Vergine torna a
partorire ancora il suo Figlio impossibile, ovunque ci siano semplicemente
uomini veri. Ed ogni creatura riprende la sua avventura, quella di diventare
vera, di diventare sillaba di Dio e farsi carne intrisa di cielo.

Nessuno sa più vedere Dio perché
nessuno sa chinarsi così profondamente. Questo dicevano i padri del deserto. Se
ti chini su te stesso, sul tuo intimo, su quella parte di te che non riveli a
nessuno, né all’amico, né alla madre, né allo sposo, se ti chini sul tuo
segreto più profondo, là dove nascono i sogni e l’amore, là vedrai emergere
un volto che non è il tuo volto ma quello del Figlio della Bellissima, il volto
del Dio amabile, un Bambino che vivrà per il tuo amore.

Nel mio cuore come nel tuo, nella mia
gioia e nella mia fatica di vivere, nelle mie come nelle vostre delusioni, il
segno di forza e di futuro viene da Gesù Cristo. È solo lui che dà
consistenza alla vita, che dona eternità a ciò che coltiviamo in cuore.
L’incarnazione di Dio è la certezza che la nostra carne in qualche sua radice
è santa, che la nostra cronaca in qualche sua pagina può essere storia sacra.