TUROLDO 6 FEBBRAIO 2013
Inizio
Ventuno
anni fa, all’alba del 6 febbraio, mentre in tutta la chiesa si leggeva il passo
della morte del grande re Davide, moriva il nostro fratello, amico, maestro
David Maria Turoldo, anche egli poeta della preghiera.
È
passata quasi una generazione sulla terra, eppure siamo qui, amici e fratelli, a
farne memoria grata in questa chiesa dove ancora preghiamo con le sue parole,
dove ha contagiato di passione per Dio e per l’uomo migliaia di persone, dove
proseguono le sue iniziative più belle, dalla Messa della carità alla Libreria.
Potessimo
anche noi essere grumi di terra attraversati, come lui, dalla spada lucente
della parola di Dio, incalzati, come lui, da con un prepotente bisogno
d’assoluto e di poesia.
Nella
luce e nella misericordia del Signore, con lui anche noi ora entriamo, sotto il
segno del perdono.
Omelia (Marco 11,12-14.20-25)
Ci
troviamo insieme, convocati non tanto dalla memoria, ma da una esperienza di
comunione che non si interrompe, non si sfalda, a 21 anni dalla morte di p.
David. In questa chiesa, che è stata la sua chiesa, dove a molti di noi pare
ancora di sentire risuonare la sua voce da cattedrale o da deserto.
Da
questo ambone, fino agli ultimi mesi della sua vita ci leggeva il vangelo,
facendolo scorrere nella vita,
raccontando il
mistero di Dio dentro il torrente della vita. Raccontava Dio nel pane che
profuma, nel vino che è sangue, nelle mani che accarezzano il volto, nell’ogiva
di una finestra, fessura d’infinito aperta in un’abside.
Per
questo sapeva parlare a tutti. E perché aveva il colore forte della sua terra,
il Friuli che l’aveva generato, colore che gli è rimasto impigliato nel volto e
non l’avrebbe mai più abbandonato. Colore di vita.
La
comunione con David è sostenuta stasera dalla parola biblica che la liturgia ci
offre. Attorno a due nodi raccolgo la mia riflessione, seguendo le due letture.
FEDE
E POESIA, I DUE DONI CHE….(BO)
1.Il libro della sapienza si è fermato a contemplare
il mondo: Il fuoco, il vento, l’aria
veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo, se
affascinati dalla loro bellezza pensassimo quanto è superiore colui che è
principio e autore della bellezza. Se colpiti da stupore per la loro potenza ed
energia, sapessimo guardare a colui che li ha formati.
Siamo alla sorgente della
poesia e della contemplazione. Risuonano le parole che fanno nascere i poeti, come il nostro
caro padre David: sono gli affascinati dalla bellezza, i colpiti da stupore, da
questi sono rimbalzati fino a Dio.
La
bibbia offre stasera due definizioni belle e toccanti di ciò che p. Turoldo è
stato: un affascinato dalla bellezza,
un colpito da stupore. Ed è come dire: un
poeta. Ciò che rimane di David, ciò che parla oggi ancora, limpido e alto, non
è la sua teologia, ma la sua poesia. Che è luogo teologico, che rivela volti
nuovi di Dio.
Poesia non è lirismo
romantico, poesia è rifare il mondo.
Una lapidaria affermazione
che ha confortato e fecondato l’ininterrotto corpo a corpo di David con la
Parola di Dio e con la gioia e il dramma di vivere.
Rifare il mondo.
Non si potevano chiedere a padre Turoldo obiettivi di più bassa portata.
Rifarlo attraverso la fede e la poesia, entrambe non esiliate in un
consolatorio rifugio lontano dai naufragi della cronaca, ma diventate lievito,
fermento, dinamica – rischiosa e a proprio agio soltanto sulle frontiere –
seminati a piene mani dentro le vicende dei giorni.
La sua fede nella poesia come
teologia era talmente radicata da fargli dire:
Un solo verso, fessura d’infinito
aperta nel costato di Cristo,
un solo verso può fare più grande l’universo.
Dilatare, innalzare, fare
grande l’orizzonte, dare profondità a ciò che esiste, ricollegare tutto al Dio
creatore, questa è l’opera di un solo verso riuscito.
A noi che lo leggiamo e vi
sentiamo scorrere visioni nuove, che scopriamo legami e connessioni inattese
tra le cose, a noi lettori di oggi la poesia di Turoldo offre ancora quella
forza che fa partire, che fa salpare verso il largo, senza regole di
navigazione, forse, ma accendendo la passione per il mare aperto. La sola
necessaria.
La poesia non è per spiegare,
ma per entusiasmare.
Non per offrire codici di
comportamento, ma sogni da seguire.
Basta che un solo uomo sia infettato dal virus del
sogno,
perché tutta una stirpe profumi di farfalle.
(Manuel Scorza Torres)
La poesia di Turoldo sa ancora
convocare credenti e non credenti, con una capacità che a distanza di tanti
anni non accenna a diminuire, e ci sorprende.
David sa ancora parlare a
tutti, a chi crede al cielo e a chi non ci crede, sa contagiare di sogni e
d’azzurro, perché racconta il mistero di Dio dentro il torrente della vita,
racconta Dio e l’uomo nel pane che profuma, nel vino che è sangue, nelle mani
che accarezzano il volto, nell’ogiva fessura d’infinito aperta in un’abside.
La bellezza rivelatrice è un
autentico luogo teologico. Racconta Dio, lo racconta con fascino e stupore, con
resistenza e resa improvvisa, perché ci
vive in mezzo, con tutto se stesso, con tutta la sua umanità appassionata:
e i sensi sono / divine tastiere.
2.
Nel vangelo di Marco l’espressione centrale di stasera concerne la fede: in verità vi dico: se uno dicesse a questo
monte: levati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che
quanto dice avviene, ciò gli avverrà.
Io
ho visto monti levarsi e gettarsi nel mare. Abbiamo tutti visto uomini capaci
spostare montagne, di smuovere situazioni di società e di chiesa che parevano
blocchi immobili, abbiamo visto sbriciolarsi muri che tagliavano città e
continenti.
Conosciamo
tutti uomini e donne che hanno iniziato attività infinitamente superiori alle
loro forze, poche settimane fa abbiamo celebrato il ventennale di Marcello
Candia, che davvero ha spostato montagne di energie, di passione e di denaro.
Anche
David era uno di questi. Spostava coscienze.
Forzava
l’aurora di tempi nuovi per la chiesa.
Rivedo
il Davide che abbatte barriere, che scavalca le regole, supera gli steccati delle appartenenze. Libero
e liberante. Profetico. Il profeta non è un elaboratore di oroscopi per la
storia è invece un uomo di fiera contemporaneità.
Ha
la fierezza di stare sui problemi di frontiera o sui luoghi abbandonati dagli
altri per paura.
E
lo fa per pura fede. David Turoldo ha trasmesso la fede di chi crede in un
progetto più ancora che nel suo realizzarsi concreto. La fede dei profeti che
amano la parola di Dio e la sua libertà più ancora del suo attuarsi nella
storia. Di chi crede che il vangelo è più vero di ciò che riusciamo a rendere
carne e sangue nelle nostre vite.
È
questa fede che Marco descrive stasera: se uno dicesse alla montagna: levati e gettati nel mare… ma credendo che
quanto dice avviene…è la fede di chi crede che ciò che tarda verrà; se
non sarà domani, sarà dopodomani, o il giorno che Dio vorrà, ma ciò che tarda
verrà, la chiesa sarà libera e fedele. A noi spetta provarci, il resto non ci
compete.
Davide
sognava una chiesa scalza, senza esteriorità, senza apparato, scalza appunto;
una chiesa casa dell’uomo, casa della povera gente (povera in tutti i sensi).
Perché
niente di ciò che è esterno, che è immagine o apparato, contiene l’anima
dell’uomo o il brivido di Dio.
Nei
nostri giorni così superficiali è ancora più necessaria la voce di Turoldo che
inquietava la pigra pace delle coscienze.
Noi
siamo qui perché non vogliamo sprecare i nostri poeti e i nostri profeti. Sono
i doni che lo Spirito accende come roveti per questa nostra epoca, che non sia
più l’epoca delle passioni tristi. Ma un tempo acceso di forza e di bellezza,
con poesia e profezia. E di questo non posso che ringraziare e benedire!
Due
sentimenti: Nostalgia e gratitudine.
PREGHIERA
DEI FEDELI
1. Per noi tutti, perché
impariamo a vivere la fede nuda, quella che si fida del Vangelo più che dei
risultati e dei successi, preghiamo
2. Per noi tutti, perché
sappiamo vivere in mezzo alle creature, ma colpiti da stupore, affascinati di
bellezza, creativi e liberi, preghiamo
3. Per la Chiesa, perché sappia
vivere la fede pura e coraggiosa, senza apparati e ipocrisie, nella semplicità
e nella sobrietà dei piccoli, preghiamo