dal Messaggero Veneto del 03/04/03
di Elena Del Giudice
Convegno a palazzo Montereale Mantica di Pordenone con interventi del cardinale Ersilio Tonini e del professor Michele Calcaterra
Finanza ed etica non sono inconciliabili
Il principio cardine deve essere l’uomo. I successi economici arrivano comunque
di ELENA DEL GIUDICE
Non è più solo il profitto il metro di misura del successo economico né di quello politico. Anche nella finanza, come nella politica, c’è chi chiede comportamenti responsabili, socialmente responsabili, fondamento di un nuovo modello di finanza “etica”. Un trend affermatosi negli Stati Uniti e andato via via estendendosi in Europa, in Italia. Ora, anche sulla scorta dell’esperienza recente, il caso Enron negli Usa e, dopo questo, il tracollo di grandi aziende che, in nome delle perfomances economiche, avevano disapplicato le regole, implicite, del mercato, ci si interroga sulla responsabilità sociale dell’impresa, sul rapporto tra etica e mercato.
Ed è stato questo il tema affrontato ieri a Palazzo Montereale Mantica, sede della Camera di commercio di Pordenone, nell’ambito di un convegno promosso dall’ente camerale e dalla Banca Popolare FriulAdria, al quale hanno partecipato Augusto Antonucci, presidente della Cciaa di Pordenone, Michele Calcaterra, docente alla Bocconi di Milano, il cardinale Ersilio Tonini, arcivescovo di Ravenna, introdotti dal direttore del Messaggero Veneto, Sergio Baraldi.
«I principi di riferimento sui quali misurare la moralità dei comportamenti nel mondo degli affari, ovvero il rispetto delle regole, l’evitare pratiche illecite, avere un comportamento trasparente nei confronti della concorrenza come della clientela – ha considerato Antonucci -, sono semplici e chiari. Ma negli ultimi tempi si è sempre più chiamata in causa l’utilità di elaborare specifici codici etici come strumenti di comportamento anche nel business». Ma più che a codici, il presidente della Cciaa ritiene che risieda nella «capacità di far crescere una classe dirigente profondamente impregnata di un cultura professionale e imprenditoriale» il determinare l’affermazione di valori etici. Perché se così sarà «l’azienda non avrà bisogno di codici di comportamento o di una scala di sanzioni per essere certa che il suo operato risulti sempre moralmente ineccepibile».
La globalizzazione, il mercato senza più confini, ha allentato i vincoli della responsabilità soggettiva e i legami tra azienda e territorio. Le imprese investono laddove conviene, ha ricordato Sergio Baraldi, offrendo occasioni di sviluppo a Paesi arretrati. «Eppure – ancora il direttore del Messaggero Veneto – la globalizzazione viene vissuta come causa di nuove povertà», come responsabile di nuove e maggiori divaricazioni. E la politica pare sempre meno capace di governare i processi, mentre l’economia detta le regole alla politica. Ecco, dunque, che ritorna la necessità di riaffermare i valori, comportamenti etici.
L’elemento positivo è che anche quelle imprese che non rinunciano ad affermare i valori in cui credono, dispiegando comportamenti coerenti possono ottenere dei vantaggi economici. «Sono appetibili quelle imprese che operano in modo eticamente responsabile – rileva il professor Calcaterra -. Fermo restando l’obiettivo della creazione di valore, l’improntare la propria operatività a determinate regole, ed essere riconosciute dal mercato per queste peculiarità, può essere premiante».
La finanza etica si occupa infatti solo di imprese guidate da principi etici riducendo il costo di raccolta dei capitali, i capitali vengono poi impiegati in progetti di sviluppo sociale e si innesca così un circolo virtuoso della finanza etica «che coinvolge investitori, imprese e tutti coloro che a quelle aziende sono collegati, nel raggiungere lo sviluppo sociale». E chi investe in queste aziende, come dimostra l’analisi delle perfomances degli indici etici, ottiene un rendimento persino migliore rispetto a quello garantito dagli indici “normali”.
«Dopo l’illusione che la scienza potesse spiegare tutto, ore è arrivato il momento più straordinario e significativo: la scoperta dell’etica» ha esordito il cardinale Ersilio Tonini, presidente del Comitato etico del Sanpaolo Imi. E proprio in questa veste «affidata a me che, da parroco, non sapevo nemmeno cosa fossero le cambiali», spiega come l’esigenza sia nata «dagli investitori che chiedevano garanzie sull’impiego etico dei propri denari.
Vuol dire che c’è un fermento delle coscienze – aggiunge -, si spiega con il riconoscere che questo è un momento straordinario dove anche la grande finanza accetta l’esistenza di una legge inesorabile» che pone al centro di tutto l’uomo, e soprattutto il più debole. «Perché i più deboli sono i migliori. Ogni uomo è il fine della società, è questo il concetto cristiano che si è affermato e che deve essere alla base anche dell’Europa».
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