TERZA DOMENICA DI PASQUA – Anno C
Benvenuti
alla Messa della Comunità, all’incontro con il perdono, la parola e il pane di
Dio. Per prima cosa il perdono: domandiamo un cuore nuovo, la forza di
ripartire, e la luce del Signore sulle nostre scelte e sui nostri orizzonti.
Tu che sei la luce del
mondo, per tutte le nostre ombre, Kyrie eleison.
Tu che sei la nostra pace, per tutte le nostre violenze, Kyrie eleison.
Tu che sei l’armonia dei mondi, per tutte le nostre incomprensioni,
Kyrie eleison.
Omelia
Nel Vangelo di Giovanni Gesù si è rivelato nel simbolo
delle nozze e del vino, del tempio e del vento, dell’acqua e del pane. Oggi si
proclama luce: “Io sono la luce del mondo!”
Nella Genesi la luce è ciò che precede tutto
e tutto rende possibile.
Gesù luce
afferma: io sono la genesi di un mondo nuovo, sono l’inizio di giorni nuovi.
La luce è la prima di tutte le parole di
Dio: sia la luce. E Gesù: io sono il
primo e l’ultimo, parola che era da principio e parola definitiva.
La luce è la figlia primogenita della creazione, Cristo è il
primogenito di molti fratelli, che
guida i disorientati nella vita verso il paese della vita.
A noi spetta aprirci alla luce, come un fiore al
mattino, spetta ‘venire alla luce’. ‘Venire alla luce’ non è un obbligo è la
gioia di una nascita; nascere e rinascere in lui.
Io
sono la luce! Io, una persona. Noi pensiamo che la luce siano le verità
della fede, delle idee o delle nozioni. E invece no, la luce è una persona. In
Gesù la luce diventa occhi di luce, relazioni di luce, abbracci di luce. Gesù è
la luce, con la sua vita accesa, con la sua vita che arde di passione per Dio e
per l’uomo.
La luce, là dove si posa, risveglia bellezza e
colori. Non aggiunge, non impone, fa emergere ciò che già era lì, affiorare i
colori e le forme sotto il velo dell’ombra. Così fa anche Dio con noi: fa
ri-sorgere i nostri colori, ri-sveglia la bellezza delle cose, valorizza e fa
vibrare la bellezza delle persone.
Lo sguardo di Dio non impone forme nuove, ma ti fa
diventare te stesso, uomo finalmente promosso a uomo (Mazzolari). La luce non
giudica, ma risveglia forme, Dio non giudica ma ridesta colori che già ti
appartengono, la tua tavolozza, il tuo arcobaleno nel sole.
E
infatti ecco Gesù dire ai giudei: “Voi giudicate, io non giudico nessuno”. Gesù
non giudica perché la luce non giudica, non emette condanne o sentenze, fa
molto di più: fa nascere il mondo, ad
ogni alba, fa rinascere i volti, riaccende gli occhi, e fioriscono incontri.
Gesù non è il giudice delle vite, è la gioia dei volti
che ritornano, del cuore riscoperto, del cuore che si stende al sole.
Dio adotta lo stile della luce, debole eppure fortissimo, debole perché non impone,
non fa paura, non schiaccia, ti lascia libero. E forte, perché basta un filo di
luce sul fare del giorno perché sia vinta la guerra contro la notte, contro
tutte le paure che invecchiano il cuore.
C’è anche il giudizio, è vero, ma non come un
tribunale di accuse e difese, il giudizio di Dio consiste nel giudicare le cose
in altra luce, nel pensare il mondo in altra luce, nell’agire in altro modo.
“Chi segue me avrà la luce della vita”. Comprenderà
il segreto della vita, vedrà che il denaro comanda sì nel mondo, ma capirà che
non è il denaro il senso delle cose. Che la violenza continua a tracciare
strade di sangue, a cercare fare proseliti, ma chi segue Cristo sa che mille e
mille uomini giusti tracciano vie di pace, che milioni di uomini buoni
continuano a stringere il nodo degli affetti dentro le loro famiglie; che quando
tutto spinge alla disgregazione loro compattano le persone, stringono legami,
continuano a seminare piccole palme, piccole oasi di giustizia nel deserto
dell’illegalità.
Ma come fare per ricevere questa luce e lasciarsi
intridere, farsi spugna che si imbeve? la condizione è di esporsi e di
lasciarsi irradiare da Cristo sole: non ci si può esporre impunemente alla luce
di Dio. Impossibile amarti impunemente
(Turoldo) senza pagarne il prezzo in moneta di vita! Ti esponi alla luce, la
raccogli e poi la emani goccia a goccia.
Gesù
l’ha assicurato: “Voi siete la luce del mondo”.
Io
luce per il mondo? Io, che sono solo un lucignolo fumigante?
Ebbene
sì. Io luce, voi luce, assicura Gesù.
Insieme, luce.
Noi
come Cristo. Non perché siamo migliori degli altri, non perché siamo più bravi
degli altri, ma perché siamo più ricchi: noi siamo ricchi di Dio in noi,
abbiamo dentro una luce. Tesoro che custodiamo in vasi di creta, che
conserviamo in un guscio di argilla, ma tutta la vocazione del cristiano è la
fatica, aspra e gioiosa, di liberare la luce seminata in noi.
Qui
capisco le parole grandi di Paolo nella seconda lettura di oggi, quando
definisce se stesso servo e apostolo,
e i cristiani santi e amati. Due
coppie di aggettivi bellissimi. Servo e
apostolo, uno che comprende se stesso solo in riferimento a Gesù: suo
servo, suo apostolo.
Scrivo
a voi che siete amati e santi per chiamata: Due aggettivi che invece definiscono noi: santi e amati, santi per
chiamata non per risposta, santi perché amati, perché è riversato l’amore
di Dio dentro di voi. E a noi sembra poca cosa lasciarci amare, l’amore passivo
non ci soddisfa, noi vogliamo decidere, determinare, essere quelli che guidano,
eppure il vertice e il compimento dell’esistenza sta nel coraggio di lasciarsi
amare.
Siamo
santi, non per merito, ma per grazia; non perché abbiamo disegnato vette di
eroismo ma uno spazio vuoto per Dio dentro, per l’amore dentro di noi.
Santità
altro non è che la vita di Dio che si installa dentro di noi: sorgente che non
tace mai, tesoro che non finisce, vento che non posa, corrente che non si
ferma.
Santità
che è da principio, che precede il mio comportamento, anteriore alla morale,
santità prima di ogni gesto, più originaria del peccato originario.
Prima che io dica sì, lui mi ha detto sì. Prima che
io risponda, lui mi ha già riversato in seno una misura di luce, colma scossa
traboccante.
Prima che io mi sia deciso, lui si è già deciso per
me, e dentro di me e di tutte le cose ha deposto, tracciato un cuore di luce.
Una immagine molto della dei Chassidim dice che
ogni uomo viene alla luce con una piccola fiammella accesa sopra la sua fronte,
quasi una piccola stella che gli cammina davanti.
Ogni
volta che due persone si incontrano, le loro due fiammelle si toccano, si
fondono, si ravvivano, prendono forza l’una dall’altra.
Quando,
invece una persona non sa più incontrare gli altri, quando la sua vita è troppo
rara di incontri, piano piano la piccola stella che ha sulla fronte comincia a
languire, si attenua e infine si spegne.
L’uomo
vive di incontri. E ogni incontro è luce per la vita. Tu, stella per chi ti
incontra, lucerna per l’amico, fiamma per il familiare. Tu, luce.
Il vangelo di Matteo 6,22 lo dice in altre parole: l’occhio è la lucerna del corpo, lampada del
corpo è l’occhio.
Una lampada, una piccola stella, una feritoia attraverso la quale
non solo traspare la luce che hai dentro ma che, più vitalmente ancora,
proietta luce, come una lampada, emana luce e la dona.
Allora
ogni credente, santo e amato, ha occhi di lucerna che guardano e seminano
bellezza e nascite.
Occhi di luce che, senza
proclami e dichiarazioni, semplicemente aprendosi sulle cose,
gettano una manciata di luce in faccia al mondo. Luce, non giudizio. I tuoi
occhi: un pugno di luce lanciato in faccia alle cose.
Preghiera
alla Comunione da Giovanni Vannucci
A Gesù Cristo,
luce del mondo,
luce eterna,
principio di ogni cosa
leviamo l’inno
della nostra gratitudine.
Tu sei la luce
intatta,
la luce
increata che genera gli universi.
Tu sei la luce
di ogni essere che viene all’esistenza.
Tu sei
l’intima luce di ognuno di noi.
Lampada ai
miei passi è la tua parola
Tu sei
l’unico, il primo e l’ultimo.
Colui che apre
e chiude le porte della vita.
Colui che
comanda la morte,
che inonda di vita le vie della morte.
Tu sei la vita
che ci libera dal male che è negli uomini,
fuoco che
brucia non l’uomo ma le sue ombre,
tu sei la
gioia della creazione all’alba del mondo.
Tu la gioia
mattinale delle cose.
A Te l’inno
della nostra gratitudine
E l’esultanza
di tutto l’essere. Amen