La vera riforma parte da ogni insegnante
Si parla molto di riforma del sistema scolastico. E’ giusto che la società se ne occupi.
Secondo me è estremamente importante, però, che ci sia una seria riflessione personale e collettiva di cosa significa realmente “formare” ed “educare” i giovani d’oggi. Mi sembra che tutti siano d’accordo nell’elaborare gli obiettivi didattici tenendo conto della “centralità della persona”. Ma nella pratica si opera in direzioni molto opposte.
Il problema principale della formazione riguarda non solo i discenti, ma gli stessi insegnanti, i quali dovrebbero seriamente interrogarsi sull’efficienza e l’efficacia del loro metodo di insegnamento.
Non è una cosa di poco conto. Al termine del corso un allievo dovrebbe sapersi destreggiare con sicurezza tra nozioni e loro applicazioni nei vari “problem-solving” che si incontrano nel persorso della vita.
Tutti i docenti possiedono diversi contenuti, molti li sanno anche trasmettere, pochi riescono a coinvolgere emotivamente gli allievi per fare in modo che si appassionino realmente e senza ipocrisia alla materia insegnata.
Quando si tratta di mettere in atto tutte le strategie che presuppongono la conoscenza dei diversi stili cognitivi legati all’apprendimento, tenendo conto anche delle differenti tipologie di intelligenza (logico-razionale, linguistica, spaziale, musicale, cinestetica, personale, naturalistica, intuitiva, esistenziale ecc.) subentrano mille difficoltà.
Uno degli ostacoli per il vero apprendimento (e che purtroppo viene molto sottovalutato) è la “paura” che blocca la creatività dei discenti. La loro mente spesso rimane ottusa e incapsulata nei pregiudizi o negli schemi più rigidi, perché non vengono sufficientemente stimolati ad indagare, a ricercare e a confrontarsi, ma sono più interessati alle valutazioni per i motivi che tutti ben conosciamo.
Le nozioni devono esserci, è intuibile, ma è importante saperle presentare in modo flessibile e critico. Molti insegnanti hanno tante conoscenze, ma spesso non sono in grado di suscitare negli allievi un certo interesse per la materia trattata perché o sono troppo preoccupati ad instaurare una certa disciplina in classe a scapito di efficaci interventi didattici, o si esprimono con un codice inacessibile che trovano più comodo, perché ritengono troppo banale e noioso quello che già possiedono gli allievi.
Ma gli allievi sono spesso molto più intuitivi di quello che pensiamo : sanno perfettamente se un insegnante è capace o no di insegnare o, peggio ancora, se non ne ha voglia. Ma se scatta in loro la molla della fiducia e della stima, cambia anche la dinamica di gruppo e le motivazioni vengono in qualche modo riattivate. Il rapporto empatico tra insegnante ed allievo diventa più sereno e l’apprendimento è molto facilitato.
Pier Angelo Piai