Ti cerco, Signore, non farti trovare.

Avvolto
dalla mitezza degli ulivi, rasserenato dal verde del prato, mentre passeggio
nel giardino del convento con il cuore liberato dalla volontà di amare, lascio
che la fantasia corra alla frequente domanda che si sente: perché Dio non si
lascia vedere, trovare e toccare?


Ho
cercato risposta scrivendo queste righe:

Se non ti trovo, ti possa cercare.


Cerco
il tuo aiuto, non trovo la mano;

se
mi trovassi, ti manca l’aiuto.

Se
cerco il tuo volto, non ti capisco;

se
mi capisci, non sono più io.


Cerco il sapore, non trovo lo
zucchero;

riposo nell’ombra e non trovo
più il sole.

Se vivo in te, Dio, sparisce
il mio io;

Difendo il mio io, sprofondo
nel nulla.


Quando
ti trovo, non riesco a vederti;

quando
ci sei, soffro l’assenza;

quando
ti godo, sento il dolore,

quando
ti vedo, non so più chi sei.


Vedermi non puoi, son
trasparenza;

Quando mi vedi, non sono più
Dio,

non misurarmi, sono l’immenso;

Non mi descrivere, sono
invisibile,

né darmi contorni, sono
infinito.


Non
puoi toccarmi, sono la luce;

Se
cerchi la luce, ti avvolge la notte.

Dove
mi cerchi, avverti l’assenza,

Solo
la fede mi tocca la veste,

solo
l’amore mi può possedere.


Soffri l’assenza, ma in te son
presenza,

in ogni dolore per te sono
amore;

Mi senti lontano, sono a te intimo.

In te puoi cercarmi, in me
puoi trovarti.


Se
nel tuo buio, tu accendi la fede,

non
solo mi vedi, ma già mi possiedi.

La
fede è la chiave del tuo paradiso.

Tu
nel trovarmi sei spinto a cercarmi.

Cercami,
trovami, trovami, cercami.


La fede, cercando, subito
trova;

e nel cercarti ti possa
trovare,

e nel trovarti ti possa
cercare.


Ti
cerco Signore, non farti trovare.

Ma
se ti trovo, comincia l’incanto

        

del vivere in te che eterno sarà. 

p.Andrea Panont