Ap 7,2-4.
9-14 – 1Gv 3,1-3 – Mt 5, 1-12
Festa di Tutti i Santi, di
coloro che hanno vissuto amore, giustizia, pace e lacrime, e dopo di loro è più
facile e più bello essere uomini. Festa dei santi quotidiani che hanno vissuto
al nostro fianco. E del santo che è in ciascuno di noi.
Nella comunione dei santi
entriamo anche noi, entriamo da peccatori, chiedendo perdono per la nostra vita
incompiuta, gli obiettivi mancati, le beatitudini tradite.
Signore, tu hai detto: Beati
voi, poveri! Noi invece riteniamo beati i ricchi, i famosi, quelli che hanno
successo, per questo Kyrie eleison
Signore, tu hai detto: Beati
voi che costruite la pace. Noi invece proclamiamo beati i vincenti, i forti,
quelli che sanno imporsi, per noi tutti, Kyrie eleison
Signore, tu hai detto: Beati
i misericordiosi. E noi invece pretendiamo per noi la misericordia ma non la doniamo, per
questo cuore duro, Kyrie eleison
Omelia
Non ci stanchiamo mai di ascoltare queste parole, il
manifesto più capovolgente che si possa immaginare. Da dove viene il fascino
delle Beatitudini, che non capiamo e
che pure ci fanno disarmati e vulnerabili? Che liberano la nostalgia prepotente
di un mondo fatto di bontà e di giustizia, di onestà, di occhi limpidi come
bambini.
Le beatitudini
non sono un’aggiunta di precetti morali, sono lieta notizia, l’annuncio gioioso che Dio regala vita a chi produce
amore; che se uno si fa carico della felicità di qualcuno, il Padre si fa
carico della sua felicità.
Tra tutte, la beatitudine
più difficile da capire, eppure anche quella più diffusa è: beati quelli che piangono. La
beatitudine delle lacrime, di coloro che hanno pianto troppo, la santità del
pianto. Quanta santità allora c’è sulla terra, quanto piangere! Beati coloro che
piangono. L’eloquenza delle loro lacrime parla di amore e di dolore.
Somiglianti a Dio, all’amore e al dolore di Dio. Che sono il suo mistero.
Non sono proclamati beati i
migliori tra noi, non i più forti, i più intelligenti, i più austeri. Gesù si è
rivolto a malati e peccatori, a rocce che poi si sono sbriciolate, si è rivolto
a gente dalla spada facile e dalla bugia pronta, a una donna che aveva sette
demoni in corpo, a cuori non ancora puri, si è rivolto a pescatori che non
sapevano granché di terraferma, cioè a povera gente, come me, come noi. Per
trasformarli.
I somiglianti a Dio
umanizzano il mondo! La storia si aggrappa ai santi per non cadere in basso,
nel buio della violenza. L’abbiamo sentito nell’Apocalisse: non devastate la
terra finché ci sono dei santi!
Credo che la storia è
comunione, che nessun uomo è un’isola, che in ognuno c’è l’orma di ognuno. Credo nella solidarietà dei
buoni, degli onesti, dei miti, dei generosi, in questo legame umile e
fortissimo che si oppone alla rete dei violenti e dei disonesti, rete di
cattivi e di egoisti.
Questa è la mia fede: credo
che la bontà è una forza storica più forte della cattiveria! Credo che il bene
è più forte del male, nell’uomo e nella storia. Che la purezza è più umana
della volgarità. La pace più umana della guerra. La giustizia migliore dello
sfruttamento per denaro. Che il senso e il fine del mondo sarà positivo.
Altrimenti perché varrebbe la pena vivere e credere?
Credo la Comunione dei Santi: la mia forza è
nella comunione con chi è più forte di me, la mia purezza rinasce dalla
comunione con chi ha occhi più limpidi dei miei. Nel tempo e nell’eterno santi
e peccatori si tengono per mano e i santi trascinano gli altri in alto, verso
la vita.
Santo non significa senza
peccato. Anche il giusto pecca sette volte al giorno, Pietro scappa e rinnega,
gli altri si nascondono: se non ce l’hanno fatta loro, chi sono io per credermi
superiore agli apostoli?
Il santo è colui che può
peccare sette volte, ma che fa il bene settanta volte sette; e ricopre il male
di bene, e toglie aria e ossigeno e cittadinanza al male.
Nel cuore, anche il santo ha
radici di zizzania e di buon grano intrecciate, ma lui si dedica a coltivare,
custodire, a far fiorire le spighe del bene. A venerare le forze positive che
Dio ha seminato in lui.
Oggi è anche la festa della
nostra santità, almeno iniziale, certo incompiuta. Mi conforta ogni volta che
nella Bibbia, ritrovo questa espressione: Santi e amati.
“A
quanti sono in Roma, santi e amati da Dio!” scrive Paolo: Santi perché amati. C’è come una forma di
passivit&aagrave;, una accoglienza, una resa all’inizio della nostra fede: accogliere
un amore che viene d’altrove.
E’ questo che ci fa santi, di una santità che è prima
della morale, anteriore ai comportamenti, siamo santi perché un flusso di vita
giunge da Dio a noi, più importante di peccato o non peccato, più importante di
errori e di colpe. Noi siamo santi perché Dio ha riversato la sua grazia, cioè
la sua vita in noi.
Siamo santi non perché ci siamo arrampicati con sforza
sulle vette della morale, ma perché amati, perché abbiamo accolto questo
amore. E ridiventiamo santi ogni volta che accogliamo Dio in noi, che
apriamo con gratitudine e gioia l’anfora del cuore perché sia riempita della
vita di Dio.
A rendere santo, bello, grande l’uomo è la vita di Dio
che avvolge, penetra, riempie. E ti carica di luce che poi rilascerai goccia a
goccia.
E lo fa sempre. Abbiamo sentito quel pezzo sublime di
Paolo (Rom 8,38) bello da morire: chi ci
separerà dall’amore? E segue un elenco di 7 cose, potenti, dolenti, e
nessuna che possa separarci dall’amore…
E non gli basta e ripete: Nulla mai ci separerà dall’amore Dio. E segue un secondo elenco di
10 cose, la cifra della totalità. Nulla,
e sono convocate tutte le creature; mai
e sono convocati i giorni e l’eterno.
Riprendiamoci i santi. Sono
la gente appassionata per la trasparenza del cuore, per un inseparato amore; e
non i campioni, i grandi realizzatori, i conduttori di uomini… Ricordate?
Gesù ha canonizzato una povera vedova che aveva offerto due spiccioli, un
niente ma pieno di cuore.
Non le grandi opere, ma i
gesti quotidiani fanno la santità. I poveri e le donne fanno gesti; la
politica, le Chiese, i potenti fanno opere. Impariamo dai poveri e dalle donne,
come Gesù.
Santità per noi è meno opere e più gesti nel
quotidiano, ma gesti che toccano, pieni
di cuore, gesti di ascolto e di pazienza, gesti di trasparenza e di attenzione,
come quelli di Gesù che non vediamo mai progettare grandi opere ma fermarsi,
ascoltare; toccare occhi, labbra, orecchie; spezzare il pane, entrare nelle
case, sedere a mensa, parlare delle cose d’amore come nessuno aveva mai saputo
fare: parlare dell’amore con amore! e così posare una carezza in fondo
all’anima.
E se non avremo molto da offrire al Signore nell’ultimo
giorno, ci presenteremo a lui come mendicanti d’amore, ricchi solo di lacrime.
E credo, so che sentirò venire dalla bocca di Dio parole come queste:
Vieni figlio, il tuo
desiderio di amore era già amore.
Vieni
figlio, sognatore, devoto, vagabondo, non m’importa, vieni.
E se anche hai infranto mille volte le tue promesse,
vieni.
Vieni, nonostante tutto, vieni.
con i tuoi tesori in vasi di argilla,
con i tuoi gesti pieni di cuore,
con le tue lacrime raccolte ad una ad una, vieni!
Ora non ti farai più male.
Niente ti separerà più dall’amore.
PREGHIERA
alla comunione
Signore, tu non convochi eroi nella tua casa,
ma uomini e donne veri,
e forse, qualche volta, lo sono anch’io.
Ti prego, guariscimi dalla paura di me stesso,
Fammi restare davanti a te, vero come un bambino,
a mani aperte, a cuore aperto, con fame di abbracci.
Fa’ che affiori dal mare confuso dei desideri,
il desiderio limpido di te.
Donami occhi puri che ti vedano dovunque,
nel sorriso e nella croce,
nel piccolo animale e nel tappeto di galassie
su cui cammini;
donami orecchi attenti che ti ascoltino
nella voce intima che indica la via
nel silenzio e nell’orchestra di tutto il creato,
nell’eloquenza delle lacrime.
La tua voce, Signore, fammi sentire, la tua voce che
sussurra:
Vieni,
chiunque tu sia,
sognatore,
devoto, vagabondo, vieni.
Vieni, hai
tentato di amare,
nulla ti
separerà mai più dall’amore di Dio.
Santità
non è non aver mai tradito, ma, come per Pietro, rinnovare nel momento presente
la passione per Cristo: Simone, mi ami
tu, adesso?
Concilio
Vat. II, Cost. dogm. Lumen Gentium, N. 40
I seguaci di Cristo… nel battesimo sono stati
fatti figli di Dio e partecipi della natura divina, e perciò realmente santi.
Essi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere e perfezionare la santità che hanno
ricevuto.