QUINTA DOMENICA DI AVVENTO – Anno A
Mi 5, 1; l
3, 1, 5a-6-7b; Galati 3,23-28 ; Gv 1,6-8.15,18
Avvento è un tempo da vivere al centro di noi stessi.
Là dove sentiamo che qualcosa manca, di qualcosa siamo poveri, e ci mettiamo in
attesa. Come donne in attesa che attendono non qualcosa, ma Qualcuno. Che sta
alla porta e bussa. Che il suo volto rasserenante e accogliente ci tolga ogni
paura, e apra il cuore alla luce.
Dice Paolo: non c’è giudeo né greco, non c’è schiavo
né libero, non c’è maschio né femmina, tutti voi siete uno in Cristo. Signore, per il razzista che c’è in ciascuno; per il
violento in me che aggredisce i deboli, donne, bambini, migranti, Kyrie
eleison
Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era
Giovanni. Per noi che non
ascoltiamo i profeti di oggi, e ce ne sono tanti e grandi, per noi distratti da
mille rumori, Kyrie eleison
Venne a rendere testimonianza alla luce. Signore, per noi che siamo testimoni del negativo, che
scrutiamo i difetti degli altri, e non il bene che compiono, Kyrie eleison
OMELIA
Venne
un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni. Ma non c’è nessuno che
non sia mandato da Dio, nessuno che possa dire “Io vengo da altrove”. Anch’io
ho nome Giovanni, e vengo al mondo come una Parola unica che Dio ha pronunciato
una volta e che non ripeterà mai più.
“Venne per
rendere testimonianza alla luce”. Come lui, pur con il nostro cuore
d’ombra, ciascuno di noi è in grado di accumulare, aggrumare, custodire e poi
rilasciare la luce, goccia a goccia. Ognuno di noi è custode della luce: in
famiglia, nel proprio intimo, nelle relazioni.
“Non era lui
la luce…”. Noi abbiamo una linea d’ombra che circonda il cuore, spesso
sentiamo che la notte sale, il buio si dilata in noi; che le nostre albe sono ricche
di tenebra, eppure noi fissiamo lo sguardo proprio sulla linea minima della
luce mattinale, su quella sottile linea bianca all’orizzonte, che sembra dover soccombere
e invece è vincente.
Noi credenti siamo chiamati
a ripetere che il modo si regge su di un principio di bene, su di una luce che
viene prima, che è anteriore, che è più profonda del male. Testimoni della
luce, che fra tutte le creature c’è una primogenitura della luce, la figlia
primogenita del Creatore, che per prima è entrata nella casa del cosmo. E perciò
il mondo, allora, l’uomo non poggia sul male o sul peccato, su di un moralismo
sterile, ma sulla primogenitura della luce: e vide che era cosa buona e bella. La
luce è l’ombra toccata dalla gioia, il volto toccato dall’allegria di Dio.
Questa luce ce l’abbiamo
dentro, è l’immagine e la somiglianza di Dio, ce l’abbiamo fuori: è il vangelo
di Gesù. È addosso a noi: portiamo tutti una tunica di luce sotto questa tunica
di pelle, ci è stata consegnata nel battesimo quando il prete mettendoci sopra
quella veste bianca ha detto: figlio mio passa la vita a rivestirti di luce, a
rivestirti di Cristo.
Come Giovanni, io voglio
essere testimone di un Dio luminoso, di un Dio solare e felice, voglio
testimoniare un Cristo bello, un Cristo radioso che, come dice Paolo, ha fatto risplendere la vita, ha dato splendore e
bellezza all’esistenza, ha messo frammenti di sole dentro le vene oscure della
storia.
A me credente, che
sia prete o laico, è affidato un compito: quello di essere annunciatore non del
degrado, dello sfascio, del fango, del tutto va male, testimone non delle meschinità
del vivere, non del peccato che è pure morde sulle nostre vite ma del bene per
quanto piccolo;
non della zizzania del campo, ma del buon grano
giovane che spunta;
non del male di tanti figli prodighi, ma
dell’abbraccio di un padre buono;
non del deserto ma delle oasi,
non della piccolezza del granello di senape ma dell’albero
che è nascosto dentro, sonante di nidi e canti.
Ci sono milioni di razzisti, lo sappiamo, ma io sono
testimone che c’è un Mandela, e che ne basta uno per coprire di miracoli una
nazione, e non solo. Nel sabato santo, essere testimone dei primi vagiti
dell’alleluja.
Quando sei nella notte vale molto di più accendere una
lampada che maledire le tenebre attorno a te.
La chiesa in Occidente
ha molto insistito sull’idea di Dio giudice e poco invece sulla fede in un Dio
guaritore. Davanti al giudice nascondi il tuo male, perché il giudizio sia
benevolo; davanti al medico no, lo riveli, lo mostri, lo racconti perché possa
essere guarito, tutto.
È così bello
leggere nel vangelo che il primo sguardo di Gesù sulle persone non si posa mai
sul loro peccato, come lo sguardo di un giudice che deve decidere la pena per
la colpa; il primo sguardo di Gesù va sempre sulla malattia dell’uomo, per guarirlo.
Siamo qui anche noi davanti al Dio guaritore. Non
abbiamo niente da nascondere, c’è da aprire le nostre piaghe segrete, e dire:
vedi questo male, prendilo e guariscilo, Dio della compassione.
Il Dio guaritore: quando Giovanni chiede ‘sei tu o no colui che deve venire?’ Gesù
risponde elencando sei opere di guarigione: i
ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i
morti risuscitano, ai poveri è annunciato il vangelo (Mt 11,5).
Quando a Nazaret lancia il suo programma: lo Spirito è su di me e mi ha mandato ad
annunciare ai poveri il vangelo, ai proclamare ai prigionieri la liberazione,
ai ciechi la vita, a rimettere in libertà gli oppressi (Lc 4,18). O quando
invia i dodici: guarite gli infermi,
risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni, annunciate che
il regno dei cieli è vicino (Mt10,7; Mc 6,34). È venuto per guarire la
vita, per curare il cuore dal male di vivere, dal disamore.
In ognuno di questi elenchi vedete non manca mai il
cieco. Dio viene come luce interiore, luce per vedere, per capire, per
scegliere dove andare, per amare bene.
Testimoni tutti. Non il
prete, non il papa, non la suora, ma ognuno custode della fiammella della luce,
testimone che la pace è più vera della guerra, che la giustizia è meglio della
violenza; che la carità germoglia e sale ogni giorno. Permettetemi di
confessare che io mi incanto ogni volta di quanta carità voi, in questa nostra
assemblea di San Carlo, siete capaci di fare: per la Messa della carità, per le
campagne di fraternit&agravagrave;, per le più varie richieste improvvise; mi commuovono le
buste anonime per il pane di Sant’Antonio. Carità instancabile che rafforza la
mia fede, instancabili testimoni di bene…
E questo va contro il
pensiero dominante, dove fa più notizia l’albero che cade che non un’intera
foresta che cresce. Dove ci si nutre di gossip e di battute, non di pensiero o
di generosità. Non adeguatevi alla
mentalità di questo mondo, dice Paolo.
Ci sono due mondi, noi siamo dell’altro (Cristina Campo).
Contro i testimoni
dell’ombra, vorrei rilanciare le parole con cui si chiude il messaggio lasciato
dall’ultimo combattente ebreo del ghetto di Varsavia:
Io credo nel sole anche quando non splende,
credo
nell’amore anche quando non lo sento,
io credo
in Dio anche quando non parla.
E so che se parla, parla per amore, se tace, tace per
amore.
La mia fede è la testarda fiducia che nonostante tutte
le derive il cammino di ciascuno e del mondo è un cammino di luce in luce, di grazia
in grazia. Fede è la testarda fiducia che nonostante tutto il cammino dell’uomo
è un cammino di salvezza.
Fede che il mondo si regge
su di un principio di luce; che non poggia sulla preponderanza del male, sulla
prevalenza del peccato, ma sulla preponderanza della Grazia, sulla prevalenza del bene.
Perché lo dico? Perché Dio è venuto, si è incarnato, è
qui, si ripropone e mi conta i capelli in capo. Perché Dio viene in punta di luce,
viene con il passo del sole, bussa alla mia porta.
Lo accolgo e capisco che non ci si può esporre impunemente
alla sua luce, che non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me. Che io non
vivo più per Dio, vivo di Dio.
Che entra e dilata le mie capacità di amore, e mi
guarisce il cuore per guarire la vita.
Perché io possa raccontare la storia di Dio come si
racconta una storia d’amore.
Preghiera alla Comunione
Vieni Signore in punta di luce,
non come giudice ma come guaritore
rimettimi su sentieri di sole
anch’io testimone di luce,
a sussurrare al cuore che un bontà immensa penetra
l’universo,
che le cose tutte sono buone,
che l’uomo è molto buono
perché l’hai fatto tu e ora vive di te,
e da ogni volto grondano gocce di luce.
Fammi credere nel sole anche quando non splende
Credere in te anche quando non parli.
E nell’amore anche se non lo sento.
Credere che tu vieni portando doni di luce
avvolti in veli di luce.
Tu fiorito nel nostro deserto come un fiore di luce. Amen
p.Ermes Ronchi