Mentre a Roma si decidono le sorti del mondo e le legioni mantengono la pace con la spada, in questo meccanismo perfettamente efficiente cade un granello di sabbia: nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della storia.
Maria diede alla luce il suo figlio, lo avvolse in fasce e lo depose nella mangiatoia. La mangiatoia, che solo l’estremo bisogno può leggere come culla, luogo del nutrimento delle creature minori contiene un bambino che sarà pane per la nostra fame di eterno.
La stalla e la mangiatoia sono un ‘no’ ai modelli mondani, un ‘no’ alla fame di potere, un ‘no’ al così vanno le cose…Se fosse nato in una villa pensate che saremmo qui a ricordarlo ancora?
A Natale non celebriamo un ricordo, ma una profezia. Natale non è una festa sentimentale, ma il giudizio sul mondo e un nuovo ordinamento di tutte le cose.Natale non è una festa sentimentale: è la conversione della storia. La chiave di un mondo che non esiste ancora.
Abbiamo sentito che una nuvola di canto avvolge i pastori e la prima parola è: Non temete! Non abbiate paura. Dio non fa paura, è un bambino che piange e tende le mani verso di te, verso tutti voi che avete ancora paura di Dio e temete i suoi castighi. Non puoi temere un bambino, è la più disarmata delle creature, vive soltanto perché qualcuno lo ama. Tu lo puoi anche rifiutare, ma Lui non di rifiuterà mai.
I pastori vanno dove l’angelo aveva detto, è così bello che Luca prenda nota di questa unica visita: un gruppo di pastori odorosi di lana e di latte. Che non andavano mai in sinagoga, che non avevano neppure il diritto di testimoniare in tribunale. E’ bello per tutti i poveri, gli ultimi, gli invisibili, gli irregolari. Voi siete i primi a vedere angeli, i primi a ricevere la pace, i primi a sentirvi amati: pace in terra agli uomini che Dio ama!
Abbiamo sentito stanotte: “Il Verbo si è fatto carne” e so di non capire, ma guardo il Bambino di Betlemme, lo vedo che cerca il latte della Madre e dico: il Verbo si è fatto fame.
Non gli angeli ma una ragazza inesperta e generosa si occupa di Lui: il Verbo si è fatto bisogno.
Penso agli abbracci che Gesù ha dato e ricevuto, da bambini e amici e donne con il profumo e dico: il Verbo si è fatto carezza.
Penso al pianto di Gesù davanti alla tomba dell’amico che amava e dico: il Verbo si è fatto lacrime.
Ricordo quel petalo di fango che Gesù mette sugli occhi del cieco e dico: il Verbo si è fatto polvere, mano e saliva e occhi nuovi.
Poi penso alla Croce: il Verbo si è fatto agnello, carne in cui grida il dolore.
E con me che piango anche Lui imparerà a piangere, e se tu devi morire anche Lui conoscerà la morte.
Ed ecco: Colui che ha camminato sui tappeti di galassie si fa piccolo e ricomincia da Betlemme, da una mangiatoia.
Colui che ha separato luce e tenebra, firmamento e terra, si fa inchiodare su una Croce. Deve esserci o follia o verità, entrambe totali, in questo troppo disarmato amore.
Dio è là dove la ragione si scandalizza,
dove la logica si arresta
comincia l’impensabile di Dio.
E se della storia di Gesù i due vertici sono la mangiatoia e la Croce, questa nostra fede non può essere che da Dio. Non è un’invenzione di uomini assetati, a Betlemme non c’è nessun inganno, nessun raggiro, nessuna menzogna. Lo garantiscono la mangiatoia e la Croce. Che inganno ci può essere in un bambino che si mette nelle tue mani, che inganno in uno che muore d’amore per te?
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a cura di https://mondocrea.it
(testo di p.Ermes Ronchi)