18 Agosto 2014

UN NIENTE PIENO DI CUORE

X DOMENICA dopo PENTECOSTE

 

Marco 12,42-44

 

Benvenuti in questa domenica
che è come la svolta, il tornante dell’estate, lo dice anche il sole glorioso
di oggi- benvenuti a cercare insieme il perdono del Signore, la sua Parola, la
sua vita stessa come pane.

Gesù convoca i discepoli, e
noi, a guardare, a osservare nel tempio non i sacerdoti in lunghe vesti, ma una
donna, povera, vedova, e la sua offerta da niente, due monetine, ma profumate
di cuore e di silenzio.

 

Per quanto di fariseo c’è in noi, che vogliamo
apparire e farci notare…

Per quando mendichiamo, compiaciuti, riconoscimenti e
complimenti…  

Per quando siamo maschere, personaggi e non persone
semplici e chiare..

 

Omelia

Il vangelo ci offre un’immagine
da custodire con tutta la cura: il volto e le mani di una vedova povera. Il
Maestro se ne va e ci lascia una Maestra senza parole, la mette sulla cattedra
degli scribi, per una lezione fondamentale. Che il vangelo trasmette attraverso
due scene.

La prima, che precede immediatamente
il brano di oggi e intimamente legata, è affollata di personaggi che hanno lo
spettacolo nel sangue: passeggiano in
lunghe vesti, amano i primi posti, essere riveriti per strada. Divorano le case
delle vedove e in più, per finta, pregano a lungo.

Questa riduzione della vita a
spettacolo la conosciamo anche noi, è una realtà patita da tanti con disagio,
da molti inseguita con accanimento, anche dentro la Chiesa. Il vangelo ci
insegna come muoverci: non tanto deplorare, non tanto impalcarci a giudici, ma
conquistare uno sguardo che vada in profondità.

E lo fa raccontando la
seconda scena:  Seduto davanti al tesoro del tempio Gesù
osservava come la folla vi gettava monete. Notiamo il particolare: osservava ‘come’, non ‘quanto’ la gente
offriva. Come, con quale spirito, con quale intenzione.
A noi che giudichiamo il mondo e le
persone in base alla quantità, dice: la quantità è solo apparenza. Non è la
sostanza delle cose. Giudicate il mondo con il criterio del cuore.

 I ricchi
gettavano molte monete, Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine.
Gesù se n’è accorto, forse lui solo, ha saputo
scorgere la donna in mezzo alla folla, è lui che la fa notare ai discepoli,
sempre abbagliati,  come noi, dai
ricchi e dalle loro ricche offerte.

Li chiama a sé e offre la sua
lettura spiazzante e liberante: «In
verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Due
spiccioli, due centesimi, un niente pieno di cuore.

Come sono diverse le bilance
di Dio dalle nostre.
Gesù non bada alla quantità. Conta invece quanto peso di
vita, quanto cuore c’è dentro, quanto di lacrime e di speranze è dentro quei
due spiccioli.

Gesù ha sempre mostrato una
predilezione particolare per le donne sole, ha affidato alla loro figura grandi
insegnamenti. E qui affida al gesto nascosto di una donna, che vorrebbe restare
in ombra, scomparire dietro una delle colonne del tempio, il compito di trasmettere
il suo messaggio essenziale.

La vera
misura è quanto cuore metti nelle cose che fai.

Il “come” conta più del “ciò”.
Vale a dire che non conta niente essere senatore o casalinga, lavorare come prete
o come laico, superiore o inferiore nella scala sociale, non conta ciò che fai,
conta come lo fai. Puoi offrire banchetti come Zaccheo o profumare i piedi di
Gesù come Maria di Betania. Puoi essere vescovo o portinaio: è l’energia, è la
passione che metti in ciò che fai che ti fa o frustrato o realizzato.

Non conta quante preghiere dici né
quante messe ascolti, ma come sei presente a Dio. Come si vive è la vita.

Il motivo vero e ultimo per
cui Gesù esalta il gesto della donna: Tutti
hanno gettato parte del superfluo, lei ha gettato tutto quello che aveva, tutto
ciò che aveva per vivere. La totalità del dono. E indica questa vedova
povera come sua icona, anche lui darà tutto, tutta la sua vita.

Ciò che fa questa donna è insensato; non è logico; non
è intelligente; non è saggio buttare nel tesoro l’ultimo denaro. È la follia
della fede. Lo scandalo della speranza.
Questa donna, vedova e povera, ferita dalla vita, dà tutto e riesce a non
perdere 1a speranza. Non si conosce neppure il seguito del suo dramma. Eppure chi
ha dato tutto, non si stupirà poi di ricevere tutto.

Di questa donna non sappiamo il nome, né il volto, né
il colore degli occhi. Ma conosciamo il suo cuore: un cuore dai battiti strani,
quelli della solitudine eppure della speranza, della povertà eppure della
generosità.

La sua è la casta follia di chi provoca Dio e lo
obbliga a esporsi: «Sei con me sì o no?». E si affida totalmente: «Ora tocca a
te pensare a me, io non ho più niente».

Questa donna povera ha dato di più. Domandiamoci: Chi
dà di più alla vita, al mondo, alla storia? Domanda importantissima. Tu che cosa dai alla vita? Quanto dai alla
vita? Quelli che tengono insieme la società, che la sorreggono non sono
quelli che salgono sui palchi o siedono in prima fila, ma quelli che danno:
giustizia, pace, cuore puro…

Sono gli uomini e le donne
delle beatitudini, di cui i mass media non si occuperanno mai, quelli dalla
vita nascosta, fatta solo di fedeltà, di generosità, di giornate a volte cariche
di immensa fatica.

Quelli che sorreggono il
mondo, le colonne del mondo sono tutti coloro che sanno regalare un pezzetto di
vita agli altri. E lo fanno con tutto il cuore.

I primi posti di Dio
appartengono a quelli che, in ognuna delle nostre case, danno agli altri ciò
che fa vivere, regalano vita, con mille gesti non visti da nessuno, gesti di
cura, di accudimento, di attenzione, rivolti ai genitori o ai figli, a chi ti è
affidato, a chi incontri, a chi domani busserà.

Fossero anche spiccioli di
bontà, solo briciole, solo un sorriso o una carezza, chi li compie con tutto il
cuore ha il primo posto nel Regno di Dio.

Non è mai irrisorio, mai
insignificante un gesto di bontà cavato fuori dalla nostra povertà.

Questa capacità di dare,
anche quando pensi di non aver nulla, ha in sé qualcosa di divino! Tutto ciò
che è fatto con tutto il cuore ci avvicina all’assoluto di Dio.

Pensate che bello se,
guardando alla chiesa, gli uomini e le donne di oggi la potessero riconoscere non
in coloro che hanno lunghe vesti e palchi nelle piazze, primi posti nelle
liturgie civili, e nomi altisonanti,

ma riconoscere la chiesa in
tanti uomini e donne che sanno dare e aiutare, generosi come la vedova povera,
generosi di tutto il poco che hanno. Allora sì che il vangelo tornerebbe a trasmettere
il suo sapore di sole, il suo respiro di liberazione.

Quel vangelo
dei piccoli, racchiuso tutto in un bicchiere d’acqua fresca dato per amore; il
vangelo dei piccoli che è in due spiccioli, ma dati con tutto il cuore.

 

 

 

 

 

 

 

 

Preghiera alla comunione

 

Basta una
goccia d’acqua

per forare
una pietra

 

Basta un fiore

per
rallegrare il deserto

 

basta un
sorriso

per dar vita
all’amicizia

 

Basta un sì

per
consegnarsi alla persona amata

 

Basta una
lacrima

per cancellare
una montagna di peccati

 

Basta uno
spicciolo

per far
grande il tesoro

 

Tu sei un
Dio straordinario

Perché
giudichi grande e meraviglioso

Ciò che &egregrave;
ordinario e piccolo

Niente misuri
con la bilancia

Ma solo e sempre

in base al
silenzioso e nascosto battito del cuore

 

Aiutami a
donare il meglio che ho

Anche se è poco

Dal momento
che non mi chiedi

di fare cose
straordinarie

Ma soltanto
di fare le cose ordinarie

Con un cuore
straordinario.

Amen

p.Ermes Ronchi