V dopo il martirio A
Deut 6,4-12; Gal 5,1-14; Matteo
22,34-40
L’abbraccio
di questa chiesa ci raccoglie insieme, a cercare da Dio perdono, parola, pane.
È la domenica del comandamento grande, da porre a fondamento e a scopo della
nostra vita: tu amerai. E allora chiediamo al Signore che ci allarghi il cuore,
lo renda grande capace di Dio e di carità, oggi domenica della carità.
– Guardati dal dimenticare il tuo Dio:
per quando i giorni facili, quando tutto filava liscio, ci hanno fatto
dimenticare Dio, per averlo ricordato solo nel tempo del bisogno, Kyrie
– Mediante l’amore siate a servizio gli uni
degli altri, per quando non abbiamo reso l’amore concreto, opera di mani,
ma è rimasto vaga teoria, Kyrie
Omelia
È
risuonato uno di quei vangeli su cui poggiare la vita, su cui fondare
l’architettura della casa: la casa comune e la mia piccola tenda.
Ma
anche uno di quei vangeli davanti ai quali vorrei solo tacere: troppo grande,
fuori misura. E ho paura di rovinarlo con le mie parole, mentre invece è
salvato, con tutta la sua bellezza, da due verbi di silenzio, che la Bibbia
ripete instancabilmente. I due verbi che salvano la Parola di Dio sono: ascolta e ricorda.
Ascolta, Israele. E ricorda, guardati
dal dimenticare.
Mi
chiedo spesso che cosa significhi ‘amare Dio’. La risposta, semplice, è già
qui: significa ascoltarlo e non dimenticarlo. Salvare un pezzetto di Dio in
noi.
Oggi
un vangelo da salvare a ogni costo.
Domandano a Gesù: Qual è il grande comandamento? Gesù
risponde ripetendo per due volte il verbo amerai,
un verbo al futuro, che contiene ciò che sta alla fine di tutte le nostre
strade, ma anche ciò che sta al centro di ogni uomo.
Gesù non ci propone di
vivere un comando migliore (non si ama per comando), ma il desiderio ultimo di
ogni uomo: tu amerai.
Mi chiede di entrare in me
stesso e poi di uscirne: verso Dio e verso il prossimo. E siamo gettati nel
futuro con quest’unico viatico, che è per sempre.
Mi emoziona ogni volta
sentire che al cuore del vangelo e al cuore della vita sta lo stesso nucleo, lo
stesso fuoco: l’amore. Allora la religione non è qualcosa che sopraggiunge da
fuori, una sovrastruttura illusoria, ma una strada per la felicità di questa
vita. L’amore non veglia solo sui confini dell’eterno, ma è il motore della
vita qui e ora, comunica vita, rimette in moto la vita.
Amare fa vivere. Fa viva la vita.
Se non fai così, costruisci
il contrario della vita.
Gesù risponde al dottore
della Legge indicando, invece di un comandamento grande, due: amerai Dio, amerai il prossimo. Risponde
allargando l’orizzonte, chiedendo un cuore moltiplicato, non un cuore
mortificato.
Amerai Dio con tutto, con tutto, con tutto. Per tre volte l’appello alla totalità, per tre volte qualcosa
di irraggiungibile. Solo Dio ama con tutto il cuore, lui che è l’amore stesso.
L’uomo ama di tanto in tanto, e come a tentoni, e con cento contraddizioni.
La
bibbia lo sa bene, infatti il testo ebraico della prima lettura direbbe alla
lettera così: amerai Dio con tutti i tuoi
cuori. L’uomo ha due cuori, un cuore d’ombra e uno di luce, un cuore a
destra e uno a sinistra, uno che accusa e uno che perdona. Ama Dio con i tuoi
cuori, con il tuo cuore che crede, e con il tuo cuore quando si fa dubbioso.
Amalo nei giorni della luce e amalo come puoi, come riesci, anche nell’ora in
cui si fa buio in te.
Da tempo
ho capito che amare Dio comincia con il lasciarsi amare da Lui, che entra,
dilata, allarga le pareti di questo piccolo vaso che sono io e lo fa capace di
Dio e del prossimo. Noi siamo degli amati che diventano amanti.
Paul
Beauchamp, mio vecchio professore a Parigi, scrive: Tutta la legge è preceduta da un “sei amato” e seguita da un “amerai”.
“Sei amato” è il fondamento, “amerai” è l’obiettivo. Se non hai questo
fondamento e questo obiettivo, tu ami il contrario della vita.
Ama Dio con tutto il cuore non significa ama Dio solamente, ma amalo senza
mezze misure, senza mediocrità. E vedrai che resta ancora del cuore, anzi
cresce il cuore per amare il marito, il figlio, la moglie, l’amico, il
prossimo, te stesso. Dio non è geloso, non ruba il cuore: lo moltiplica.
Gesù introduce il secondo
comandamento con una piccola frase rivelatrice: il secondo comandamento è simile al primo. «Amerai l’uomo» è simile all’ «amerai Dio». Il prossimo è
simile a Dio. Questa è la rivoluzione di Gesù: il prossimo ha volto e voce e
cuore simili a Dio.
Il prossimo è da ascoltare
come parola santa, il suo volto è da leggere come libro santo. Ma chi è il mio prossimo? Gesù risponderà
con la parabola del buon smaritano. Amerai anche l’inamabile… E Gandhi dice: tutto
ciò che è vivo è il mio prossimo, ama
la natura l’acqua le piante gli animali, sono il tuo prossimo.
Non separiamo mai i due
comandamenti, non mettiamo mai Dio contro l’uomo, è il peggior danno che possiamo
recare alla fede. I due invece si sorreggono e si alimentano. Tutto, tutta la
mia vita è sospesa a questo intreccio tra l’infinito e il quotidiano, tra Dio e
l’uomo.
Amerai il tuo prossimo come ami te stesso. È quasi un terzo comandamento sempre dimenticato: Ama
te stesso come un luogo di miracoli, come impronta della mano di Dio, perché se
non ami te stesso, non sarai capace di amare nessuno, saprai solo prendere e
possedere, fuggire o violare, senza gioia né gratitudine
Ama te
stesso, come fa santa Maria nel Magnificat quando canta: il Signore ha fatto in me cose meravigliose.
Come te stesso: come ami per te libertà e giustizia così la amerai per il prossimo.
Come cerchi per te
comprensione e cura, calore e luce, così li cercherai per il tuo prossimo.
Per capire cos’è l’amore, conviene riflettere un
momento su qual è il suo contrario. Il contrario dell’amore non è l’odio, ma
l’indifferenza. L’odio è solo una variante impazzita dell’amore. L’indifferenza
invece fa sì che l’ altro per te neppure esista, non lo vedi, non lo senti, non
esiste.
L’indifferenza avvelena la terra. La globalizzazione
dell’indifferenza (secondo l’espressione di papa Francesco) ruba la vita agli
altri. Nessuno di noi è così cattivo da uccidere qualcuno, tutti però siamo
abbastanza cattivi da lasciar morire i nostri fratelli: un anno fa, ricordate,
366 morti annegati nel naufragio vicino a Lampedusa. Non sappiamo più piangere.
Ma
perché amare? Perché amare con tutto me stesso? Perché portare il cuore a
queste vertigini? Per due motivi: perché questa è una delle cose che Dio fa, e
poi perché nel dare e nel ricevere amore si pesa la felicità della vita.
Questo vangelo è il punto indimenticabile
da dove da ripartire. Quando non so a che punto è il mio cristianesimo, quando
voglio rimettermi in cammino, ecco: ascolta
e ricorda, tu amerai. Ascolta e ricorda, per ritornare umilmente al punto
alfa della tua vita, per camminare verso il punto omega del mondo.
Tu amerai.
Amare, voce del verbo vivere.
Amami tu, Signore.
Quando non so amare,
quando ti amo poco,
quando amo distrattamente,
amami tu Signore.
Quando mi alzo al mattino
ancora pieno di sogni,
amami tu;
quando mi corico alla sera
avvolto da delusioni,
amami tu;
e soprattutto quando non
sono amabile
amami tu Signore.
Quando mi illudo di amare te
senza amare gli altri,
quando mi illudo di amare gli altri
senza amare te,
amami tu;
quando nessuno mi ama
amami tu Signore!
(Adriana Zarri)
p.Ermes Ronchi