QUARTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
– Anno B
Sap 19, 6-9 – Rom 8, 28-32 – Lc 8, 22-25
E’ La
domenica di tutti coloro che sono nella tempesta e si accorgono, con spavento,
che Dio sembra dormire. A noi, uomini di poca fede e di troppe paure, il
Signore si fa vicino come forza e come pace. E noi a Lui ci avviciniamo, domandandogli
di stendere sulla nostra vita il desiderio di un’altra riva e la forza per le
traversate.
Dice il
Signore: Passiamo all’altra riva. Per
noi che ci sentiamo già arrivati, installati, senza un oltre che ci chiama, Kyrie eleison
Dice Gesù:
dov’è la vostra fede? Per quelle
volte in cui ci sembra che la fede sia stata ingoiata dalla paura, Kyrie eleison
Chi è costui
che comanda ai venti e alle acque?
Per la nostra umanità che non è stata custode dei beni della creazione,
dell’acqua, del vento, del sole, ma ha sprecato, rovinato, sfruttato la loro
bellezza e bontà, Kyrie eleison
Omelia di p. Ermes Ronchi
Le grandi barche sono al sicuro,
ormeggiate nel porto, ma non è per questo che sono state costruite. Sono fatte
per navigare, e anche per affrontare tempeste… Passiamo all’altra riva. Una fragile barca di legno è la nostra
vita, un guscio di noce, inadeguato. Eppure ci incalza la prima parola di Gesù
oggi: passiamo all’altra riva. Andiamo
oltre. C’è un oltre che abita le cose.
L’intera nostra esistenza, dice il racconto, va sotto l’immagine di una
traversata. Non è nel segno del vangelo rimanere immobili in rada, trattenuti
all’ancora. Una traversata è la vita che si apre davanti al bambino; una
traversata è educare e formare, costruire giustizia e pace, ricomporre lacerazioni,
ritrovare persone, vincere paure. C’è una pienezza da costruire, noi e Dio.
Mi ha colpito nel vangelo di oggi la domanda di Gesù: Dov’è la vostra fede? I discepoli sono
incantati davanti al silenzio improvviso del vento, alla bonaccia delle onde. Ma Gesù li scuote: dov’è la vostra
fede? Dove sta? Nei segni dell’onnipotenza? In un Dio che mostra di essere in
grado di piegare le regole della natura? Nel Dio onnipotente o nell’onniamante?
Troppo facile credere davanti al miracolo che ti salva. Ricorderete la forte poesia di Turoldo:
No, credere a Pasqua non è vera fede. Troppo
bello sei a Pasqua. Fede vera è la venerdì santo, quando Tu non c’eri lassù e
non un’eco rispondeva al suo alto grido (Turoldo).
La domanda arriva diretta a ciascuno di noi: Dov’è la nostra fede? Su
che cosa la misuriamo? Non davanti ai prodigi, ma nella tempesta. Nella
stanchezza dell’uomo e nel sonno di Dio. La fede nuda è fidarsi e perseverare, anche
nella burrasca, certi che Dio è sulla nostra stessa barca, che intreccia il suo
respiro con il mio, la sua rotta con la mia. Magari addormentato. Magari muto. Ma
ricordiamolo sempre: se Dio parla è per amore, e se tace è ancora per amore.
Nella breve navigazione Gesù si addormenta. È stanco, viene da
situazioni che gli hanno tolto forze preziose: erano venuti sua madre e si suoi fratelli, forse per riportarselo a
casa, al sicuro nel porto del focolare domestico, E Gesù aveva riaffermato la
sua distanza: chi sono, dove sono mia
madre e i miei fratelli? Sono quelli che con me partono per l’altra riva.
Distacco e fatica di legami e di affetti, stanchezza del cuore. E Gesù si
addormenta sfinito.
E ci pare di essere abbandonati, soli, appena si alza il vento, nelle
crisi familiari, nelle relazioni che dolgono. E il mondo intero che si trova
nella tempesta, dove il diritto è del più forte, del più armato, del più
crudele. E Dio dorme!
Mentre noi vorremmo che intervenisse subito, ai primi segni della
fatica, al primo morso della paura, appena il dolore ci artiglia come un predatore.
Ma Dio non salva dalla tempesta
ma nella tempesta. Non protegge dal dolore ma nel dolore. Non salva dalla morte
ma nella morte.
Perché Gesù dorme? Scrive il monaco Andrè Louf: “Chi può dormire in una situazione del genere? Forse solo un bambino
molto piccolo, abbandonato sul seno della madre. Il piccolo non avrà paura se
non nella misura in cui la madre avesse paura. Gli basta potersi abbandonare
nell’amore.”
Gesù dorme per insegnarci la
fede. Che si appoggia sulla certezza che il Padre è sulla mia barca, tace ma ha
già parlato. Guardo Gesù dormire e sento una voce: Appoggiati su di me e lascia dormire il cuore! Guardo gli Apostoli,
gente di lago, che fa le cose giuste nella tempesta, e sento: Fai tutto quello che dipende da te, con il
massimo impegno, e poi impara a dormire perché tutto dipende da me.
Paolo nella lettura (Rom 8,28)
offre un’altra ragione forte di speranza. Dice: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”. Tutto
lavora per il bene, anche il lago. Tutto, anche le tempeste, anche i dubbi,
perfino il peccato concorre al bene. Felice
colpa dice Agostino, felice il peccato che ha meritato un così grande
Redentore. E’ la speranza ultima, finale, totale: Dio trae il bene anche dal
male. Anche dal peccato, dalla morte, dalla croce, dalla tomba. Una speranza,
una certezza di capovolgimento attraversa tutta la Bibbia, la storia,
l’universo.
Maestro siamo perduti. Non hanno colpa i discepoli per l’improvvisa burrasca,
né per la paura. Non c’è da colpevolizzarsi per le nostre paure; se aver paura,
se la debolezza fossero una colpa sarebbe una colpa anche pregare. Io non so
perché si alzano tempeste nella vita. Non lo sa Luca, non lo sa Marco, non lo
sa Matteo: raccontano tempeste sempre uguali e tutte senza perché.
Io, come voi, vorrei che non
sorgessero mai, che il viaggio verso le altre rive della vita fosse rapido e
facile, mi sento un guscio di noce. Vorrei che il Signore gridasse subito
all’uragano: “Taci!”, che
rimproverasse subito le onde: “Calmatevi”e
alla mia angoscia ripetesse: “Calmati!” Vorrei
un cielo sempre sereno e luci chiare a indicare la navigazione, e un porto
sicuro, ma io ho tanta luce quanta ne serve per il primo passo, tanta forza
quanta ne basta per il primo colpo di remo.
E poi ho una virtù umile e possente, la più umana: la perseveranza, il tener duro, il non lasciarsi
cadere le braccia, il riprendere in mano i remi, e il secchio per svuotare
l’acqua. E questo a motivo della fede: non sono solo.
Abbiamo provato un principio di
affondamento, tutti, una discesa nelle acque della disperazione, abbiamo
vissuto fallimenti dei rapporti umani, una malattia grave, e ci è venuta la
voglia di morire, di non esserci, di addormentarci.
Poi abbiamo trovato il coraggio di gridare a Lui, di affidarci
completamente, senza nessun merito, ci siamo aggrappati, ce l’abbiamo fatta!
Quante volte siamo stati tirati fuori! E l’abbiamo in fretta dimenticato : dove è andata mai la nostra fede?
Ma Gesù viene ancora in aiuto a chiunque è sorpreso al largo, a
chiunque è catturato dalla tempesta, a chiunque stia affondando. Lo invochiamo e verrà, ma dopo la
nostra lotta con le onde, Lui sì sgridando il vento e calmando il mare.
Verrà dentro la nostra poca fede a salvarci da tutti i nostri naufragi.
E la piccola barca di canne, il cuore, avanzerà verso l’altra riva, dove il
grido di paura diventa abbraccio tra l’uomo e il suo Dio.
Preghiera alla Comunione
Vorrei un
cielo sempre sereno
e luci chiare
a indicare la navigazione,
un porto sicuro e vicino,
Ma allora
dove sarebbe la mia fede?
Liberami,
Signore, dalla paura
che non ti importi niente di me.
Io credo
nella tua parola anche quando taci,
perché se Tu
parli, è per amore
e se Tu taci,
taci per amore.
Io credo nel
tuo amore, anche quando non lo sento,
credo nel tuo
sole, anche quando è velato e non lo vedo.
Signore Gesù,
nelle traversate della vita
sali ancora
sulla mia barca.
Anche se
addormentato, Tu sei con me,
Tu sei l’altra
riva verso cui navigo,
Tu sei la
grande vela della mia speranza,
Tu sei il
vento buono che sospinge la mia esistenza,
Tu sei
l’abbraccio in cui il mio cuore bambino
può
addormentarsi in pace:
ora nelle
traversate di ogni giorno.
E poi nell’ultima traversata della vita.
Verso la riva dove mi attende il tuo abbraccio caldo e
amico. Amen
p. Ermes Ronchi