III di
QUARESIMA –Domenica di Abramo- Anno B
Es 32, 7-13b –
1Ts 2,20-3,8 – Gv 8, 31-59
Celebriamo la
domenica di Abramo e dei suoi figli, di coloro che seguono la sua fede in un
Dio che dona libertà e speranza. Anche noi, pur con tutti i nostri dubbi, con
la nostra fatica ad essere liberi e ad essere veri, invochiamo ora: fa che
vediamo, sentiamo, gustiamo il tuo amore che porta perdono e fiducia.
Nel cuore di Dio noi cerchiamo un perché. Tutte le
creature del mondo, tutti gli uomini e perfino gli animali e i fiori, nel cuore
degli altri e di Dio cercano un perché.
Oggi ci aiuta Abramo, che in Dio ha trovato il suo perché, e per questo è padre nella fede.
Ci aiuta Gesù che impugna
ogni falsa fede di sempre: voi avete
costruito un modello perfetto, ma non avete l’essenziale. C’è la dottrina, ci
sono le regole e le parole, ci sono i riti, ma non c’è più Abramo! Non c’è più
la fede!
E giunge fino a noi:
voi avete tutta la cornice religiosa, ma avete anche la sostanza, la fede?
Che Gesù traduce
così oggi: chi è tuo padre?
Di chi sei figlio?
Di Dio o del diavolo? Come una frustata una delle parole più dure di Gesù: voi avete per padre il diavolo. Siete
suoi figli, vivete una vita come la sua, che è omicida da sempre, che è il
padre della menzogna.
Ritrovare il padre. Ritrovare Abramo. Gesù suggerisce
la strada: fate le opere di Abramo. E allora sono andato a vedere quali sono le
sue opere. Ne ho trovate tre: l’opera
della fede, l’opera della libertà e l’opera della speranza.
L’opera
della fede: Abramo è pronto
all’impossibile, a contare le stelle e a misurare la sabbia; a camminare per
tutta la vita dietro a quelle tre promesse:
figli, terra di miele, la benedizione. E Abramo va’. Vecchio d’anni ma non
vecchio di cuore, e ama le promesse di Dio più ancora della loro realizzazione.
Perché si fida di Dio.
Ciò che Dio promette è perfino illogico, ma Dio è
affidabile.
E quando gli è chiesto di portare il figlio Isacco sul
monte, e lo lega e alza il coltello, ciò che sta accadendo è incredibile, in
quel momento Dio nega le promesse di Dio, Dio nega Dio, c’è da impazzire: ma
Dio è affidabile. Lui troverà il modo, e infatti è un angelo che ferma il
balenare del coltello.
In tutte le vite, in ciascuno di noi, Dio è
affidabile.
Talvolta incredibile, ma il Dio di Gesù è sempre affidabile.
L’opera
della fede si compone di tre passi: ho bisogno, mi fido, mi affido.
– ‘Ho bisogno’,
aiutami; da solo non ce la faccio a vincere la mia notte, ho bisogno di cure,
di pane, di amore, per me e per coloro che amo.
– ‘Mi fido’:
so che vuoi il mio bene, so che ti sto a cuore, che la mia vita è importante
per te che vesti i fiori del campo, che sostieni il volo dei passeri, e
sosterrai anche il mio volo.
– ‘Mi affido’, metto la mia vita nelle mani di chi non
abbandona; mi stringo a te come quando mi stringo al mio amato, all’amato della
mia vita, e gli affido tutto, gli metto nelle mani la mia felicità, la libertà
e il futuro, il mio corpo e la mia anima. Affido me stesso al tuo abbraccio
perché mi manca la vita se tu mi manchi.
Sono i tre passi della fede
che ci insegnano le donne: la samaritana e poi la donna del profumo, la
peccatrice anonima e innamorata, con il suo vaso di nardo
profumato al banchetto in casa di Simone.
Primo passo.
Ho bisogno! Ho questo vuoto dentro. Non ho più respiro, non ho più neppure un
nome. Per tutti sono solo la peccatrice. Mi guardano soltanto con disprezzo o
desiderio.
Secondo passo.
Mi fido! Mi fido di te Gesù, credo che tu, almeno tu, non mi manderai via; so
che tu, almeno tu, mi guarderai ma non per possedermi o giudicarmi. Ho fiducia
in te, tu guardi il cuore.
Terzo passo.
Mi affido! Metto mani e cuore in te; metto lacrime e carezze; capelli e
profumo. Mi affido senza riserve, mi espongo agli sguardi di tutti, ma sto ai
tuoi piedi.
Fai di me quello che vuoi, perché
so che tu fai solo il bene: tu mi farai
nuova e donna finalmente, mi ridarai il mio nome.
E
allora potrò raccontare la mia fede come si racconta una storia d’amore.
L’opera
della speranza: Abramo, vostro Padre
esultò nella speranza di vedere il mio giorno. Nella speranza non nella realizzazione.
Abramo muore e della terra di latte e miele ha comprato a caro prezzo solo una
grotta grande quanto due tombe, una per Sara e una per sé; dei figli come
stelle, ne ha uno solo, che ha rischiato di uccidere.
Quasi niente, eppure
conserva la fede.
La speranza è,
secondo san Tommaso, il presente del
futuro. Abramo guarda il piccolo seme presente e vede la spiga futura. La
speranza è una corda tesa verso il futuro, come il filo dei muratori, come la
corda dei costruttori.
La speranza ha due sorelle,
fede e carità. Ma essa è la virtù bambina, scrive Péguy, la più piccola, fede e
carità la tengono per mano, ma non sono loro a condurla, in realtà è la
piccola che tira avanti le altre due, è la speranza che trascina avanti la vita
verso il futuro.
L’opera della libertà: forse la parola più cara all’uomo (libertà vo’ cercando ch’è sì cara, come sa
chi per lei vita rifiuta) ma anche, insieme ad amore e verità, la parola
più falsificata, più imbrattata della storia.
Abramo
è il nomade senza mura e senza catene, che per letto ha tutta la sabbia del
deserto, come soffitto lo spazio il cielo, come recinto l’orizzonte.
Libero
di fare qualcosa che fino a un attimo prima era lontanissimo dai suoi progetti,
pronto a mettersi in viaggio verso una terra di cui non conosce il nome, che
non sa dove sia; che per decidere dei pascoli, dice al nipote Lot: scegli, se tu vai a destra io andrò a
sinistra.
Più
libero di Abramo è solo Gesù. Il fascino di Gesù uomo libero, che non si è mai
fatto comprare da nessuno, accende trasalimenti in ognuno di noi, forse perché
tutti soffriamo di imprigionamenti. Noi non siamo liberi perché abbiamo paura.
Se
ti fai lettore attento del Vangelo non puoi sfuggire all’incantamento per la
libertà di Gesù. Non la fissità delle regole, ma il vento che scompiglia le
pagine e soffia via la polvere.
La
libertà ha un segreto, il segreto è quel pezzo di Dio che è in te e che i veri
maestri dello spirito ti invitano a scoprire e a liberare. Se sei fedele a quel
pezzo di Dio in te, sei libero dalle paure, dalle convenzioni abusate, dai
codici senza anima, dal giudizio degli altri.
Per
te contano solo gli occhi del tuo Signore.
Lo sottolinea una
parola che ci sorprende della lettera agli Ebrei:
casa di Dio
siete voi, se conservate libertà e speranza (Eb3,6).
Dio pianta la sua
tenda in te,
se conservi due
componenti divine: libertà e speranza.
Tu salvi Dio nel
mondo, quando salvi libertà e speranza, per te e gli altri.
Sei casa di Dio,
quando vivi una vita irreprensibile? Quando conservi l’integrità della dottrina
e della morale? Ebbene no. Non è così.
Ed è bellissimo: Casa
di Dio, tabernacolo, tempio, abbraccio di Dio sei tu
se mantieni acceso
nel mondo il fuoco della libertà e della speranza. Come ha fatto Abramo.
Preghiera alla
Comunione
Signore, voglio essere tuo figlio, tua casa.
E custodire nel mondo libertà e speranza, come Abramo;
e rimettere mano alla dura pietra del cuore
per renderlo spazioso.
Non per la mia piccola fede, ti prego,
ma per la fede di Abramo,
di Mosé, di Gesù:
benedici questi tuoi figli.
E in Abramo, in cui hai benedetto tutte le genti,
benedici anche me:
anch’io
benedetto,
in tutte le
mie ambiguità benedetto,
nelle mie
povertà benedetto,
in tutti i miei dubbi benedetto,
perfino nei
giorni in cui mi lascio ingannare benedetto da Te,
che solo ci
cambi il cuore.
Nel mio amore
incipiente benedetto,
nella
speranza bambina benedetto,
nella libertà
mai venduta benedetto.
Benedetto da
Te, fonte di libere vite
che ami senza
condizioni,
che perdoni
senza nessun rimpianto, mai. Amen
p. Ermes Ronchi