VI dopo Pentecoste
Es 3,1-15; 1Cor 2,1-7; Mt 11,27-30
Benvenuti fratelli e sorelle. A incontrare il volto di Dio, narrato
nella sua purezza nei racconti di fuoco dell’Esodo e nella storia mite e umile
di Gesù.
Gesù mite e umile di cuore, per il
nostro cuore duro, per tutta l’arroganza che abita pensieri e parole, Kyrie
eleison
Gesù, ristoro delle vite, per noi che
non siamo capaci di confortare, per quando non ne abbiamo neppure il desiderio,
Kyrie
Gesù, che sai vedere coloro che sono affaticati
e oppressi, tiraci fuori dai nostri sguardi spenti e senza visione, Kyrie
Omelia.
Libro dell’Esodo: Mosè davanti al roveto di fuoco. Il fuoco è il
simbolo ultimo che riassume tutti gli altri simboli di Dio. Un fuoco che arde e
non consuma. Così è Dio, che accende la vita ma non si nutre della nostra vita,
non divora mai ciò che è al cuore dell’uomo, non consuma e non distrugge, non
sottrae umanità all’uomo. Aggiunge invece luce e calore.
E si presenta così: io sono il
Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di
Isacco, di Giacobbe. Dio “di”. Questo “di” ripetuto quattro volte, una sillaba
breve come un respiro, ma che contiene un legame indissolubile: loro appartengono a Dio e Dio appartiene a
loro! Così totale è il legame che Dio si presenta non con un nome
proprio, ma con il nome dei suoi amici, di quanti ha amato: il suo nome è
intrecciato con il nostro, con il mio.Un Dio così umile e vicino da ritenere i suoi amici parte integrante
di sé.
Dio di Abramo, di Isacco, di Gesù, di mio padre, di mia madre: e se quelle persone sono
morte per sempre, se non esistono più, è Dio stesso che non esiste! Se quei nomi vanno perduti, se si spezza quel legame,
è il nome stesso di Dio che si spezza, è Dio che va perduto.
“Non è Dio di
morti ma di vivi”, dirà Gesù commentando questo brano.
Dire Dio e dire vita per sempre è la
stessa cosa.
E la rivelazione di chi è Dio
continua: ho osservato la miseria, ho
udito il grido, conosco le sofferenze, sono sceso per liberare il mio popolo. Chi
dice Dio dice liberazione, e chi dice liberazione dice Dio.
Il Dio biblico è
inarrivabile: il suo primo sguardo non si posa sulla fede, sulla fedeltà, sui
meriti del popolo, il suo primo sguardo si posa sempre sulla sofferenza, sulla
povertà delle sue creature.
E così farà anche per ognuno
di noi: egli osserva e conosce la sofferenza, ascolta il grido e viene. Che
cosa ascolta? È straordinario: ascolta il grido, e non una preghiera, non una
supplica diretta a lui, ma un grido senza parole e senza destinatario.
Il popolo grida senza più memoria
di Dio, l’ha dimenticato, non lo conosce più. E qui è la grandezza della
rivelazione: Dio si ricorda lui di coloro
che di lui non si ricordano più.
Ascolta il grido, indirizzato a nessuno, come il grido di un bambino abbandonato,
buttato via alla nascita, che piange la sua angoscia e non si rivolge a nessuno
perché non ha avuto neppure una carezza, neppure un abbraccio; non chiama la
madre che non conosce, piange solo la sua disperazione. E Dio ascolta. E prova
dolore per il dolore del popolo.
E brucia con loro. Dio non è
mai così Dio come quando intreccia la sua vita con la nostra. O quando mescola
il suo fuoco con il nostro roveto di spine, quando accende di libertà le vite
che gridano.
E quando viene Gesù, nel Vangelo,
è questo il volto di Dio che vedi in trasparenza. Gesù porta avanti la stessa
azione del Dio dell’Oreb, porta a compimento il nome pronunciato al roveto. Il
Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, del popolo dolente, diventa ora il Dio
degli affaticati e degli oppressi, dei piccoli che non ce la fanno da soli. E
non è mai così Dio come quando intreccia la sua vita con la nostra vita.
Venite
a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Vi darò
liberazione. Gesù viene e porta non un
nuovo sistema di pensiero, non una morale migliore, ma il ristoro della vita,
il conforto del vivere. E così deve fare la chiesa, così ogni discepolo:
nominare Cristo, parlare di vangelo, celebrare questi misteri deve equivalere anche
per noi a confortare la vita affaticata. Altrimenti sono parole e gesti che non
vengono da lui. Le prediche, gli incontri, le istituzioni, devono diventare
racconti d’amore. Altrimenti sono la tomba della domanda dell’uomo e della
risposta di Dio. Invece là dove le domande dell’uomo e la bellezza del Dio di
Gesù si incontrano, lì esplode la vita.
Tutta la bibbia racconta il sogno di rendere più umana, più bella la
vita. L’umanizzazione è il grande segno della spiritualità autentica.
Imparate da me… Andare da Gesù è andare a scuola di vita. Gesù: un
uomo senza poteri eppure regale, libero come il vento, che nessuno ha mai potuto
comprare o indurire. Un re libero dell’infinita libertà dell’amore.
L’uomo
che rivela la tenerezza combattiva
(papa Francesco) di Dio che sceglie gli stanchi
e gli oppressi, li ama, sta dalla loro parte. Imparate da me, che sono mite e umile di cuore: imparate dal mio modo
di essere senza imposizione, senza arroganza. Chi è mite non si impone, non
schiaccia con la sua superiorità, non ti costringe minacciando castighi. Ma ti
fa risalire dai tuoi Egitti interiori.
Imparate dal mio modo di
amare, delicato e indomito. Il maestro è il cuore. Se ascolti per un minuto il cuore, scrive il mistico Rumi, farai lezione ai sapienti e agli
intelligenti!
Dio stesso non è un concetto:
è il cuore dolce e forte e caldo della vita.
«Prendete il mio
giogo sopra di voi. Il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero». Il giogo nel linguaggio della bibbia è la legge. Ora
la legge di Gesù è l’amore: il prendersi cura, con tenerezza e serietà, di sé,
degli altri e del creato, diffondere attorno a sé la combattiva tenerezza di
Dio.
Prendete
su di voi l’amore, che è un re leggero, un tiranno amabile, che non colpisce mai
ciò che è al cuore dell’uomo, non vieta ciò che all’uomo dà gioia e vita, ma è
instancabile nel generare, curare, vivificare, dare ristoro.
Il mio giogo è dolce e il mio peso
leggero, Gesù venuto a cambiarci
l’immagine di Dio. Non più un dito accusatore puntato contro di noi, ma due
braccia aperte. Venuto a rendere leggera e fresca la religione, a toglierci di
dosso pesi. Una fede liberante.
Venuto
a insegnarci la rinuncia solo di ciò che è zavorra che impedisce il nostro
volo. Un liberatore di energie creative e perciò amato dai piccoli e dagli
oppressi della terra.
I piccoli sono le colonne
segrete della storia, i poveri sono le colonne nascoste del mondo.
Imparate da
me… Il mestiere di vivere si impara,
imparando il cuore di Dio, come appare in Gesù.
Scrive san Gregorio Magno: Impara il cuore di Dio dalle parole di Dio. Allora se impari il
cuore
chi ti incontrerà troverà respiro,
troverà ristoro per la sua vita.
Preghiera
Signore Gesù, Tu solo hai un
cuore di luce.
E ci hai fatti come te, per
quella luce,
per quel respiro, che danno
salute all’anima.
Vorrei imparare da te,
Signore,
come si possa essere umili e
liberi,
miti e forti, dolci e fieri,
con combattiva tenerezza.
Il tuo giogo è dolce e forte,
Signore.
Forte della forza della vita,
un incanto è il sapore di vita che emana dalle tue opere:
guarisci, risani, liberi, fai
ripartire,
non mortifichi mai nessuno.
Sei Vento e luce.
Incontrarti è stato come attaccare
la bocca alla fontana della vita.
Tutte le mie domande hanno
incontrato
la bellezza del vangelo.
E quando questo accade di
nuovo
Lì esplode la vita.
Amen.
p.Ermes Ronchi