29 Settembre 2015

IL BUON SAMARITANO

V  DOPO IL MARTIRIO DI S.GIOVANNI B

Dt 6, 1-9 ; Rm
13, 8-14a – Lc 10, 25,37

 

Domenica del buon Samaritano. Una delle pagine più
coinvolgenti e più belle del Vangelo, che spalanca la fede: Dio ha due altari:
quello dell’eucaristia e quello del fratello, l’altare delle chiese e quello
delle strade.

Signore, ogni giorno abbiamo incontrato delle persone.Per la gioia che ci hanno portato
grazie, per la sofferenza che forse abbiamo loro procurato, Kyrie eleison

Signore, Tu ci hai donato compagni di cammino. Per ogni soccorso dato e ricevuto grazie, per quando invece
ha prevalso l’indifferenza, Kyrie eleison

Signore, per le strade che abbiamo percorso. Per le amicizie che si sono annodate, grazie, per
quelle volte che ho guardato dall’altra parte e sono passato oltre, Kyrie
eleison

 

Omelia

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Uno dei
racconti più belli al mondo.
Solo diciannove righe in cui è condensato il dramma e il senso della storia.

Un uomo scendeva, e guai se ci fosse un aggettivo: giudeo o pagano,
giusto o ingiusto, ricco o povero, può essere perfino un disonesto, un brigante
anche lui: è l’uomo, ogni uomo!

Non
sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo volto: ferito, colpito, terrore e
sangue, faccia a terra, non ce la fa. L’uomo, un oceano di uomini che scendono
dai barconi, che salgono sui treni, chiusi alle frontiere, derubati, umiliati,
bombardati, naufraghi in mare, sacche di umanità insanguinata per ogni
continente.

Il
mondo intero scende da Gerusalemme a Gerico. E anch’io non posso non passare
per quella strada. Nessuno può dire: io faccio un’altra strada, io non c’entro.
Siamo tutti sulla medesima strada. E ci salveremo tutti insieme, o non ci sarà
salvezza.

Un
sacerdote scendeva per quella medesima strada.
Il primo che passa è un prete, un uomo di Dio, vede e
passa oltre.

Forse
succede anche a noi, quando vediamo a distanza un mendicante, un povero che
tende la mano, di cambiare marciapiede, per evitare contatti, per non perdere
tempo.

Il sacerdote sta andando al
tempio, passa oltre, ma oltre non c’è nessun tempio, c’è solo il pericolo di una
religiosità vuota, l’illusione di essere a posto perché andiamo in chiesa.
L’appuntamento con Dio è sulla strada di Gerico. Percorri l’uomo e arriverai a Dio (S. Agostino) .Non passare oltre l’uomo che geme, oltre non
c’è nulla. Tantomeno Dio.

Il secondo che passa è un
levita…forse pensa Ma perché Dio non
interviene lui con la sua onnipotenza?
Perché la risposta di Dio al dolore del mondo sono io. Dio interviene, ma attraverso la mia debolezza.

Invece un Samaritano, che era in viaggio, lo vide, ne
ebbe compassione, gli si fece vicino
.
Un Samaritano, un nemico, un disprezzato, si commuove, gli si fa vicino. Sono termini di una carica infinita, bellissima,
che grondano umanità. Non c’è umanità possibile senza la compassione, il meno sentimentale dei sentimenti, il meno
zuccheroso, il più concreto.

Il Samaritano si ferma e si
avvicina, i briganti possono essere nei dintorni. Non è spontaneo fermarsi. La
compassione non è un istinto, ma una conquista. Così il perdono: non è un
sentimento, ma una decisione.

Non è spontaneo fermarsi; non attendiamo di essere
attratti dai poveri. Non si è samaritani per motivi che riguardano le nostre
emozioni, ma per motivi che riguardano il dolore dell’altro, il bisogno.

Compassione verso chi? Non resta che una sola risposta: verso ogni creatura
sotto il sole, anche nemica, che sia derubata di diritti, salute, affetti,
derubata di tutto, compresa la vita stessa.

E non ci sono regole più
forti della compassione incondizionata, senza condizioni:

non le regole cultuali o
liturgiche (come per il sacerdote e il levita);

non quelle dottrinali: il
samaritano è un eretico;

non leggi etniche: giudei e
samaritani si disprezzano;

non leggi morali o etiche: se
uno è giusto lo soccorro, se peccatore no.

Senza condizioni.

Il racconto di Luca adesso si
muove rapido, mette in fila dieci verbi per descrivere l’amore: lo vide, ebbe
compassione, si avvicinò, scese, versò, fasciò, caricò, lo portò, si prese
cura, pagò… fino al decimo verbo: al mio ritorno salderò…

Questo è il nuovo decalogo, i
nuovi dieci comandamenti, perché l’uomo sia promosso a uomo, perché la terra
sia abitata da “prossimi”, non da briganti o nemici.

 Il Samaritano si fa vicino, scende”.
Bisogna avvicinarsi al povero, perché da lontano puoi dire: è solo un
ubriacone; puoi dire: poteva essere più prudente, non si gira da soli per
queste strade! Oppure: io non ho colpa, è colpa dei romani invasori, è colpa
dei partigiani, della politica, della fame, della crisi economica…
Attribuiamo la colpa e ci sentiamo a posto. Il samaritano invece tocca quel
corpo, si immerge nell’unicità di quell’uomo, nella concretezza di quel volto,
non in un’idea o una norma.

Il
grande dono di Gesù è di imparare tramite l’intimità. La cosa di cui la Chiesa
ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e riscaldare i cuori, la
vicinanza, la prossimità. Ermanno Olmi:
per vedere un prato devi inginocchiarti e guardarlo da vicino…

Il dottore della Legge aveva
posto a Gesù una prima bellissima domanda: Cosa devo fare per avere la vita?Come faccio ad essere uomo? La risposta è in un verbo: tu amerai, e
in questo racconto in cui è racchiusa la sorte del mondo e il destino di
ciascuno.

Chi
è il mio prossimo?
Era la seconda
domanda. Gesù a questo ha già risposto. Ma ora aggiunge: domandati chi di questi tre ha fatto il prossimo. E  anche tu fa’ così”, anche tu diventa
Samaritano, abbi compassione, fatti vicino, prenditi cura, senza condizioni.
E
troverai la vita.

Quell’uomo che scendeva da
Gerusalemme a Gerico, è stato (mi si passi l’espressione) un uomo fortunato.
Perché l’esperienza di essere stato amato gratuitamente, anche una sola volta
nella vita, salva il senso della vita.

E’
come un trascinamento in avanti, un contagio luminoso, un vento di fiducia che
un mondo nuovo è possibile. La notte
comincia con la prima stella, l’amore con il primo sguardo, il mondo nuovo con
il primo samaritano buono.

Cosa devo fare per essere
vivo? Tutto il nostro futuro è racchiuso in un verbo: “Amerai il tuo Dio, i tuoi
samaritani e ogni viandante ferito.”

Tu amerai: un verbo al futuro perché amare è azione mai
conclusa, che durerà quanto durerà il tempo, perché è un progetto, l’unico, e
mai del tutto realizzato. Un verbo al futuro non all’imperativo, perché amare
non è un obbligo, ma una necessità per vivere.

Cosa devo fare domani,
Signore, per essere vivo?
Tu amerai.

Cosa farò l’anno che
verrà e poi dopo, il mio futuro? Tu amerai.

E l’umanità, il nostro
destino, la nostra storia?

Solo questo l’uomo amerà.

Al centro del messaggio di
Gesù una parabola, e al centro della parabola un uomo. E un verbo: Tu
amerai.

Va’ e anche tu fa lo
stesso. Fai così, e troverai la vita.

 

Preghiera alla Comunione

 

O Gesù, buon Samaritano della mia vita, 

ti sei fatto vicino, ti sei immerso e perduto in me,

Resta qui, Amico e Signore,

 quando
scende il dolore e le ombre si mettono in via.

Stammi vicino, Amico della vita,

 quando
girano con fatica le ruote del cuore.

Spalanca questi amori senza respiro,

 liberami
dall’indifferenza, utero gravido del male,

 manda
profeti a ripetere:

guarisci altri e guarirà la tua ferita

illumina altri e ti illuminerai

Che le mie ferite diventino feritoie di compassione

Che come Te io provi dolore per il dolore del mondo.

 

Ti ringrazio, Signore, per i cento, i mille samaritani

che hai messo sulla mia strada.

 Non li
dimentico, ho davanti i loro volti di luce.

Benedicili e mettili ancora sul mio cammino,

perché impari da Te e da loro

che vivere è amare, e più amo più sono vivo,

più mi abbasso verso chi è a terra

più mi sollevano mani di samaritani buoni.

E nelle loro mani, mio Signore, ci sono le tue mani.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sei noi, sei con noi di
Renzo Barsacchi

 

O Dio mio, ritrovarti

così improvvisamente

all’angolo di una strada

con un buffo cappello

e l’orecchino d’oro!

 

Vederti con affanno

salire le mie scale

sollevando la croce

a mia moglie che torna

con due sporte di spesa!

 

dietro i figli bruciati

da un’arida giovinezza,

e, pietoso, salvarli

coi loro stessi errori.

 

Veramente, Signore,

tu sei l’introvabile

e il sempre qui: la notte

terribile e l’aurora

che schiarisce le soglie.

 

 

 

Ermes Ronchi