19 Ottobre 2015

IL BUIO E L’OBBEDIENZA

LE CATECHESI DI DON VINCENZO CARONE

Vi dirò due pensieri questa mattina. Il primo pensiero è il buio, il
secondo pensiero è l’obbedienza. Cristo è il buio ed è l’obbedienza. Il
buio perché è Crocifisso e non si vede nulla, anzi si vede un condannato
a morte. Ed è l’obbedienza personificata, per cui non soltanto è
collegato alla luce, “luce da luce, Dio vero da Dio vero”, ma
addirittura è la centrale elettrica universale: gli estremi si toccano.
Cosa tu hai in questo momento? Il buio. Cosa devi fare in questo
momento? Devi ubbidire alla parola di Dio. Quali sono gli effetti del
buio? Anzitutto non vedi niente. Secondo, non sai dove mettere i passi e
terzo, sei costretto a fermarti, perché non vedendo nulla, non potendo
muovere i passi, sei costretto a fermarti. Però ci può essere un buio
causato dalla fragilità, e un buio invece nel quale il Signore, ti pone
come Gesù è stato posto dal Padre nel buio della sua crocifissione,
della sua morte.

Il buio della tua fragilità provoca un tormento nel cuore in maniera
particolare, perché la mente, per entrare nella fragilità, si è oscurata
con la confusione; e la volontà non ha più forza. Quindi il buio della
fragilità: davvero sembra che siano spente tutte le luci dello spirito;
per cui viene compromessa la fede, la speranza e la carità. L’anima si
sente davvero come in un tormento, in una angoscia di morte. Far
spuntare in mezzo a questa atmosfera un grido di fede nel Signore: «io
credo in Te, io spero in Te, io ti Amo Signore nonostante le mie
fragilità e confido in Te» è davvero un atto eroico, e il Signore lo
gradisce tanto!

Ovviamente il buio, dopo che uno ne viene avvolto nella
prova del Signore, ha un’altra tonalità: anche se tu non vedi nulla, non
avendo la fragilità, ed essendo nella prova, è un buio apparente;
perché tu stai in braccio a Dio, perché fai la volontà di Dio. Soltanto
che tu devi essere come un bambino in braccio a papà che è di spalle,
rivolto alla strada, e la testina poggiata sulle spalle del papà, per
cui non vede nulla; le spalle sono rivolte alla strada, non si accorge
di camminare, perché chi cammina per lui è Dio, nella cui volontà
l’anima si trova. È un buio apparente, però realmente non vede nulla,
non sente nulla, solo che si trova abbracciato alla volontà di Dio.
L’ubbidienza alla parola di Dio invece, è la vera luce, perché Gesù ha
detto: “Io sono la Luce, la Verità e la Vita; io sono la Luce del mondo,
Luce per illuminare le genti”. Se tu “fai” la Parola di Dio con
l’ubbidienza, sei nella Luce e quindi gli estremi si toccano: il buio
delle tue fragilità, o della prova del Signore, proviene dall’ubbidienza
a quello che Lui vuole da te; per cui il buio dell’ubbidienza, e la
luce della vita divina, di Cristo che abita in te, si incontrano.

Attento però, deve essere un’ubbidienza fatta con grande impegno della
tua volontà, devi ubbidire anche se è molto difficile, addirittura può
richiedere uno sforzo grande; soltanto quell’ubbidienza è veramente luce
di Cristo che illumina la tua vita. L’ubbidienza a che cosa? A tre
cose: Anzitutto alla Parola di Dio, all’ubbidienza al proprio dovere, e
quindi questo verso Iddio; e l’ubbidienza nel fare la volontà di Gesù ad
amare i fratelli, la carità fraterna: «amatevi gli uni gli altri come
io vi ho amato». L’amore a Dio mediante l’adempimento della Parola di
Dio e del proprio dovere; e l’amore al prossimo mediante la carità
fraterna; l’ubbidienza alla fede, l’ubbidienza all’amore; e certamente
le luci si accenderanno perché Gesù ha pregato per quelli che
obbediscono, e la sua preghiera è certamente efficace, esaudita dal
Padre suo.

Ecco i due pensieri: il buio e la luce; la tua fragilità ricorrente
che angoscia il tuo spirito e l’obbedienza che viene fatta sempre sotto
sforzo, vincendo specialmente la discussione, le debolezze della carne,
in un modo particolare quei settori dove si annida facilmente la
fragilità. Se nel cuore hai una sofferenza costante, è segno che Dio ti
ama. La croce “spezzettata” giorno per giorno è quella sofferenza
costante che hai dentro. L’angoscia è un dolore profondo, intimo. E’
satana che aggiunge l’inquietudine all’angoscia. Padre Pio diceva che
l’inquietudine è peggiore della prova delle fede, e della tentazione.
L’inquietudine in parole povere è nervosismo.

Un’anima che è sempre
sotto “l’angoscia” del nervosismo non riesce a vedere i passi da fare
nella vita spirituale, e si blocca. Il nervosismo è duplice: 1)
nervosismo “fisiologico” causato dal temperamento nervoso; 2) il
nervosismo dello spirito che non riesce ad accogliere le avversità, le
contrarietà, la propria debolezza spirituale, che poi si ripercuote
sulla psiche, sul fisico. Uno può anche avere un temperamento nervoso ma
dominarlo, come nel caso di San Francesco di Sales. Il nervosismo
scatta per via della ragione, che si domanda continuamente: proprio a me
doveva capitare questo?

Ma perché?, ecc.. Scatta anche laddove c’è una
zona d’ombra, dove scatta l’Io o per “legittima difesa”, o per
nascondere qualcosa, o per ribellione. Il buio è una zona d’ombra dove
si aumentano i coefficienti: si tratta del buio in cui satana, in una
girandola infernale, mette fuori tutti i ragionamenti a suo favore, e
copre quelli a suo sfavore. L’anima così non riesce a contenere il peso
di questi ragionamenti, e sfoga con il nervosismo. In questi casi,
talvolta si “scatta” anche a causa di piccole cose. I tipi nervosi,
solitamente dal punto di vista mimico, gestuale e del frasario, usano
sempre degli stereotipi. Rispondono male, in modo tagliente, sbattono la
porta. Quando c’è quel buio, non gliene importa niente se c’è qualche
persona importante: quello sfogo a cui danno seguito, è liberatorio del
peso che non riescono a reggere. E’ come la dinamite che scoppia, e si
diventa come un carro armato.

Alcuni poi rinsaviscono e dicono: “Ho
sbagliato!”, altri invece non rinsaviscono subito, e hanno uno sfogo a
catena con più persone, facendo quasi una processione. Il peso diventa
grande, e la psiche si fa più “sottile” a causa dell’abitudine della
vita passata, per cui si ha come un bisogno di scoppiare. In quei casi,
se non scoppi per amore di Dio, sei santo; se invece non scoppi, e tieni
tutto dentro credendo di aver ragione, facendo uno sforzo senza l’aiuto
del Signore ma con tanto nervosismo, diventi orgoglioso dentro e ti
avveleni, facendoti del male. La risposta giusta, invece, è prendere
tutto per amore di Dio. Non pensarci più, passa avanti, e fa’ come dice
la volontà di Dio! Non badare né a te, né agli altri: fissa questo
principio, sennò ti fai del male. Mentre avevo in mano l’ostia
consacrata e il calice pensavo: Gesù è il chicco di grano che viene
posto isolato sotto terra, è Gesù.

Lui isolato dai capi del popolo,
dalla gente, dai suoi, Giuda, Pietro. Anche i discepoli – diceva Padre
Pio – i tre discepoli prediletti dormivano. Gli Apostoli impauriti si
nascondevano. Rimase solo Gesù, questo seme meraviglioso che il Padre
Celeste aveva profetizzato: “Porrò inimicizia tra te e una donna, tra il
tuo seme e il seme di lei” (Gen 3, 15). Questo seme che è morto nella
terra della crocifissione e della morte, la sua terra. E noi siamo stati
generati da Lui! Piccolo seme, ma albero grande grande, gigantesco.

Non
dobbiamo aver paura di essere piccoli come il granello di senape, o
soli, o isolati, o emarginati, non dobbiamo aver paura, perché la
fecondità delle opere buone è certa, è sicura, se questo seme resta
sotto terra, muore, e poi germoglia. Non dobbiamo aver paura oggi,
specialmente perché siamo isolati, anche le famiglie, lo sposo dalla
sposa, i figlioli, i fratelli, il posto di lavoro. Non abbiamo paura se
rimaniamo pochi o soli.

Don Pierino