aPRIMA DOMENICA DI AVVENTO – 2015
Isaia
13,4-11 – Ef 5,1-11 – Lc 21, 5-28
Buongiorno e benvenuti alla Messa comunitaria. Non ci
uscirà dalla memoria ciò che è accaduto nella notte tra venerdì e sabato a
Parigi. A quella notte dobbiamo rispondere da credenti, affermando che niente è
eterno sulla terra, che neanche il terrorismo e la morte sono eterni, che
neanche l’odio e la violenza ci potranno separare da Dio. Che non vinceranno,
perché più forte della morte è l’amore.
Preghiamo in comunione con le famiglie delle vittime,
preghiamo con le parole dei monaci martiri di Thibirine: Signore, disarmali e
disarmaci! Disarmali, nel cuore e nelle mani, e disarmaci dall’odio che si
gonfia e che porta violenza, dalla violenza che porta morte.
Accendiamo
una lampada all’albero spoglio della attesa, qui a fianco dell’altare. Una lampada
perché siamo figli della luce, una lampada per opporci a quella notte di
venerdì, una candela come si usa accendere sui luoghi delle stragi, in memoria
di chi è morto, che è entrato nel regno della tua luce, Signore, nel luogo
della tua pace. Lampada ai miei passi è la tua parola.
Un piccolo calendario di luce. Ad ogni domenica ne
accenderemo una, come un passo in più verso il sorgere del suo giorno, del suo
Natale.
Risollevatevi, dice il vangelo.
una sconfitta ci siamo buttati a terra, dicendo il mondo è sbagliato, non c’è
speranza. Kyrie eleison Quante volte, Signore, dopo
Alzate il capo. Quante volte, Signore, di fronte al
mistero del male, abbiamo abbassato la testa, senza il coraggio di opporci. Kyrie
Nella perseveranza salverete la vostra vita. Nella fatica
non ci abbandonare, Signore, trasforma la voglia di arrenderci in voglia di
resistere, Kyrie eleison
Omelia
Un Dio terribile quello immaginato da Isaia. Ma io so,
io sono sicuro, io gioco la mia vita su questo: quello di un Dio che incute
paura non è mai un volto secondo il vangelo, bensì un volto deviato, deforme. Gesù
è venuto a mostrare il volto d’amore del Padre.
Dio cerca figli liberi e non servi sotto il ricatto di
minacce e paure.
La paura non libera dal male, anzi ci avvita dentro il
male.
Quando mai nel vangelo vediamo Gesù impaurito davanti
a Dio, a quel Dio che chiama con il nome affettuoso dei bambini di casa: abbà, papà? Dio non fa ricatti ai suoi
figli.
Io so che queste pagine non vogliono fare paura. Ci
sono passi della Sacra Scrittura in cui è rimasta come impigliata la nostra
umana violenza, vi si è incrostata; non tutta la Bibbia è vangelo, non tutta è
“buona notizia”. Gesù stesso l’ha detto, parlando del divorzio, scandalizzando:
queste norme sul ripudio sono state
scritte da Mosè per la durezza del vostro cuore. Non tutta la legge che noi
diciamo di Dio, è davvero ispirata da Dio, alle volte è figlia di un cuore duro
e piccolo. Un cuore meschino che si ammanta dell’ipocrisia religiosa.
Che cosa mi rivela allora questo vangelo di catastrofi,
questo balenare di spade e di fulmini? Dov’è la buona notizia su Dio e
sull’uomo?
Rileggiamolo: quando
sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, voi non vi terrorizzate, non è la
fine.
Poi: sarete
imprigionati, traditi, uccideranno alcuni, sarete odiati, ma nemmeno un capello
del vostro capo andrà perduto.
E ancora: vi
saranno segni nel sole, nella luna, nelle stelle, e sulla terra ansia, angoscia
e paura: ma voi risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è
vicina.
Ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di
rottura, dove tutto cambia, un tornante che apre l’orizzonte, la breccia della
speranza: non vi terrorizzate non è la
fine, neanche un capello…, risollevatevi….
Al di là di profeti ingannatori, al di là di guerre e
tradimenti, anche quando l’odio dovesse dilagare dovunque, ecco quella
espressione struggente: “Ma nemmeno un
capello del vostro capo andrà perduto; raddoppiata da Matteo 10,30 – i capelli del vostro capo sono tutti contati,
non abbiate paura.
Ringrazio il Signore perché
nel caos della storia, il suo sguardo è fisso su di me, non giudice che cerca
il mio punto debole, ma custode amoroso di ogni mio frammento.
Verranno giorni nei quali, di quello che
vedete, non sarà lasciata pietra su pietra.
Non c’è nessuna cosa che sia eterna. Ma l’uomo sì, è eterno. Si spegneranno le
stelle prima che tu ti spenga. Saranno distrutte le pietre, ma tu ancora sarai
al sicuro nel palmo della mano di Dio.
Non resterà pietra su pietra
delle nostre magnifiche costruzioni, ma l’uomo resterà, frammento su frammento,
nemmeno un capello andrà perduto;
l’uomo resterà, nella sua interezza, dettaglio si dettaglio. Dio è innamorato
dei nostri dettagli.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. C’è salvezza, alla fine, in fondo al tunnel c’è luce.
In questa lotta contro il
male, contro le opere delle tenebre,
come dice Paolo, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia,
la vita si salva con la perseveranza. Non
nel disimpegno, nel chiamarsi fuori, nel fuggire, ma nel tenace, umile,
quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli
uomini e delle loro lacrime.
Perseveranza
vuol dire: non mi arrendo; nel mondo sembrano vincere i più forti, i più
armati, i più crudeli, ma io non mi arrendo. Anche quando tutto questo lottare
contro il male sembra inutile e senza esito, io non mi arrendo.
Perseveranza
vuol dire: nella storia dettano legge i più ricchi e potenti, ma io resisto, perché
so che il capo del filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio; dalla
cronaca emergono le opere delle tenebre, ma io so quelle opere non danno
frutto; loro abbattono corpi, ma Dio risolleva, rialza il capo abbattuto.
Che bella la conclusione del
vangelo di oggi, quell’ultima riga: risollevatevi,
alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
In piedi, a testa alta, occhi
alti, liberi, profondi: così vede i discepoli il vangelo. Sollevate il capo, e
guardate lontano e oltre, perché la realtà non è solo questo che si vede: c’è
un Liberatore, un esperto di vita, che viene.
Un verso di Clemente Rebora mi aiuta a leggere Dio negli
avvenimenti della storia, nel gemito e nel giubilo del creato, nella voce
intima:
Mentre il
creato ascende in Cristo al Padre
nell’arcana
sorte / tutto è doglia del parto:
quanto morir
perché la vita nasca!
Quanto morir. Ma perché la vita nasca! Quanto morire a
Beirut, a Parigi, a Mossul, a Raqqa, a Tobruk, perché nasca qualcosa. Siamo nelle doglie del parto. E
sappiamo che più le doglie sono forti più il parto è vicino.
Siamo in Avvento planetario, cosmica attesa di una
nascita, non tanto del Natale di Gesù, che è già stato, ma attesa di ciò che
lui è venuto a portare, della nascita di un mondo nuovo, di un altro modo di
abitare la terra. Possibile che non si
possa vivere senza uccidere?
Continua Rebora:
Pur da una
Madre sola, che è divina, / alla luce si vien felicemente:
vita che
l’amor produce in pianto…
Da una Madre sola veniamo
alla luce, Dio come Madre. Vita che l’amor
produce in pianto. È l’amore che produce vita, ma nel pianto: produrre vita
con gesti di generosità, opere di luce nel buio della notte, costa lacrime,
domanda perseveranza.
Ogni giorno c’è un mondo che
muore, ma ogni giorno c’è anche un mondo che nasce. Cadono molti punti di
riferimento, ma ci sono anche sentori di nuove primavere.
Avvento è il tempo della
speranza, di vita che l’amor produce.
Il Signore che è delle cose
l’attesa e il gemito, che viene e vive nel cuore dell’uomo, adesso è qui, con
le sue mani impigliate nel folto della vita, portatore di libertà, di sguardi
alti, di umanità che si rialza. E allora non
terrorizzatevi, non è la fine; e allora risollevatevi, alzate il capo, perché la
vostra liberazione è vicina.
Preghiera alla comunione
Abita in mezzo a noi,
Signore,
con la tua presenza leggera.
Facci tremare non davanti
all’orrore
Ma davanti al tuo sguardo
chiaro.
Tu hai portato luce nel cuore
dell’universo,
hai riaperto le porte,
risvegliato la primavera.
Tu il germoglio di un altro
mondo
Dove l’amore produce vita, anche se in pianto.
Ma quanto morire perché la
vita nasca,
quanto pianto e paura.
Ma voi risollevatevi, alzate
il capo,
imparate a guardare più
lontano e più a fondo.
Neppure un capello del vostro
capo andrà perduto.
Tu nato per ricordarci che Dio
ha un cuore di luce
E che tutti siamo fatti per
la luce
allena il nostro sguardo a
non ritrarsi da te
un’ansia di luce morda gli
uomini
che non sperano più.
Amen.
p. Ermes Ronchi