4 Maggio 2016

MOLTE COSE HO ANCORA DA DIRVI

VI DI PASQUA

Atti
22,1-22; Giovanni
16, 12-22

 

Benvenuti, a cercare insieme il Dio che
fa vivere, che fa nascere. Piccola immensa carovana, insieme allo Spirito
Santo, incamminata in un pellegrinaggio verso vita più grande, verso un mondo
più buono.

 

      Signore, portaci
fuori dai nostri limiti e dalle nostre paure, Kyrie

      Signore, allarga
lo sguardo, che sappia vedere; rendi vasto il cuore, che sappia accogliere,
Kyrie

      Signore,
rimettici in piedi e in cammino rialzaci da là dove ci eravamo fermati, Kyrie

 

Omelia

Molte cose ho ancora da dirvi. Mi commuove l’umiltà di Gesù: non ho la pretesa di
aver detto tutto. Adesso il mio lavoro con voi è finito, ma resta così:
incompiuto. Adesso tocca ad un altro, sarà lo Spirito a condurvi.

Il
Maestro non pretende di avere l’ultima parola, non chiede altro tempo per
terminare il suo lavoro, ma se ne va; e ci dà così l’ultima lezione: un atto di
fiducia enorme negli uomini, di pazienza per la nostra povera misura: Ce la farete, fra lacrime e brividi, ma ce
la farete.

Questo
vangelo è straordinario: disegna il nostro percorso nella terra, e nella fede,
come un cammino aperto e mai concluso.

Discutono
tanto in questi giorni i teologi e i dotti sui siti cattolici: se la dottrina, se la verità cristiana possono
cambiare o no lungo i secoli. E su questo si scambiano sospetti e accuse di
eresia.

Ma
perché non si torna al vangelo? Lo
Spirito vi guiderà alla verità tutta intera. Vuol dire che adesso non è
intera, adesso è parziale, e domani sarà ancora parziale, e sempre incamminata.

Che
bello il primo nome dato ai cristiani, come lo rivela Paolo nella sua
autodifesa (prima lettura): io ho perseguitato
quelli della Via.

Via,
strada, cammino, percorso, sentieri nel cuore e nella ragione. Regioni nuove da
esplorare, esodi e incontri.

Cose
da lasciare e persone da incontrare. L’uomo vive di incontri.

E
non è mai la mia via contro la tua via; è sempre la nostra: la verità è sinfonica, è fatta di molte note, di accordi,
di melodia e di contrappunti.

Io
sono felice di appartenere a questo sistema aperto, dove non tutto è già
definito. Dove c’è spazio per nuove acquisizioni. E per la mia nota unica nella
sinfonia del mondo.

Ricorderete
la famosa alternativa di Schelling: se mi
si offrisse in una mano la verità e nell’altra la ricerca della verità io
sceglierei la mano dove è la ricerca della verità. Dove ci sono le mie
annunciazioni, i miei angeli, dove io nasco come un cercatore d’oro, un
rabdomante del meglio possibile.

P.
Vannucci stupiva noi studenti ripetendo: non
pensate pensieri già pensati da altri! A cosa servirebbe la tua
intelligenza, la tua esistenza, la tua porzione di Spirito se devi solo
ripetere ciò che ha detto San Tommaso o sant’Agostino? O papa Francesco? Solo a
fare fotocopie sbiadite del passato?

No,
ci sono nascite che incombono. La nostra vita è un albeggiare continuo, il
mondo è un immenso parto.

Le
ultime righe del vangelo oggi evocano una partoriente, immagine della nostra
vita, ma anche rivelazione di Dio Padre e Madre. Noi stiamo sempre nascendo.
Siamo sempre nella preistoria di noi stessi. Maria Zambrano scrive: noi nasciamo a metà. Tutta la vita ci serve
per nascere del tutto.

L’uomo
non è un essere mortale, o almeno non è questa la sua caratteristica
principale: l’uomo è un essere natale, un essere per la nascita.

Creatura. Ebbene la stessa
parola “creatura” è composta come il participio futuro del verbo creare (creatura come il celebre “morituri” te salutant, come il bimbo
nel grembo è il nascituro, come
l’anno che verrà è venturo.

Creature noi siamo, creazione
incamminata, coloro che domani saranno più uomini e donne di oggi;

 nascituri che non hanno mai finito di nascere.

Noi veniamo dal nostro
avvenire.

Non siamo al mondo per essere
immacolati, ma incamminati; non siamo messi qui per essere perfetti ma
nascituri e con-creatori con il Creatore.

Credo che qualsiasi sia la
nostra età, tutti possiamo dire che il meglio della nostra vita non sta alle
nostre spalle, ma davanti a noi: domani puoi amare di più e meglio, puoi
gustare cose bellissime, e provare la gioia di pensare in libertà, e lavorare
bene, anzi meglio di ieri. E incontrare e abbracciare e sognare e innamorarti.

Nostro
compito, piccola immensa carovana, insieme allo Spirito Santo è non fermarci,
non delegare ad altri.

Lo Spirito non ha parlato
solo ai grandi profeti di un tempo, non solo alle gerarchie ecclesiastiche, ma
convoca tutti i credenti, noi tutti che ci sentiamo toccati al cuore da Cristo
e non finiamo di inseguirne le tracce.

Gregorio Magno diceva: l’ultimo dei credenti può interpretare la
scrittura come me. Come me. Come
il papa.

E ancora: la Sacra Scrittura cresce con chi la legge.
Scriptura crescit cum legente. Una affermazione rivoluzionaria, luminosa
come il sole di Damasco per Paolo: il vangelo non ha la parola ‘fine’!

Cresce con chi lo legge. Io
faccio crescere la Parola di Dio!

La
Bibbia è un libro pieno di vento, di strade e di sole, come nel racconto della
conversione di Paolo, il più bello dei tre racconti sull’evento di Damasco, ma
che è metafora delle mia e della tua conversione, perenne, gioiosa, liberante
conversione.

Conversione di sguardo. Passare da una chiesa che si mette al
centro, accende i riflettori su du sé, chiesa centripeta, in cui i pastori
vogliono portare le persone dentro la chiesa, 

passare
ad uno sguardo in cui la chiesa si mette al servizio dell’avvenire del mondo,
della vita, della cultura, del domani delle nuove generazioni. Rabdomante del
buono del mondo.

Vogliamo
l’una o l’altra prospettiva? Io desidero trasmettere vangelo, ma sento che
questo non deve avvenire come una sorta di impiantazione dall’esterno. La fede
non si trasmette, alla fede si genera. Gli altri non sono vasi vuoti da
riempire, ma fuochi da accendere.

Permettetemi
una immagine presa dal quotidiano: se il caffè bolle, il profumo si diffonde
per tutta la cucina; ma se il caffè non bolle, non si sente niente. Che cosa
arde in noi? Che cosa bolle nell’anima?

Io
so inoltre che il mio annuncio è già preceduto dalla presenza discreta di Dio, dall’azione
mite e possente del suo Spirito, nel cuore della gente e del mondo e di
ciascuno. Posso solo risvegliarla.

 Gesù percorreva la Galilea e andava in
cerca della faglie, delle fenditure nelle persone, là dove scorrevano acque
sepolte, come con la samaritana al pozzo. Captava le attese della gente e le
portava alla luce.

Così
la chiesa dovrebbe essere oggi rabdomante dei semi dello Spirito, che sono già
seminati in ciascuno, come dono splendido e immancabile,

che
però ha bisogno di cure, di chi lo sappia custodire e coltivare, far nascere, diventare
robusto e vitale. C’è un Eden diffuso. E io l’Adamo che coltiva e custodisce.

Come
è successo per la Laudato sì: la
chiesa ha trovato il grande valore dell’ecologia altrove,  in un profetismo laico che non è nato
dentro la chiesa. La chiesa l’ha trovato, coltivato e custodito, ed ha riletto
la sua grande tradizione e la Scrittura, ed ha elaborato per la casa comune un
progetto straordinario.

Fossimo
tutti rabdomanti dei germi di Dio; captatori lieti dei valori spirituali che
ogni uomo ha;

fossimo
come cercatori d’oro, di tesori d’oro fino

che
il Signore continua a deporre, instancabile e fiducioso,

per
campi e spine e rovi, dentro ognuna delle sue creature.

 

 

PREGHIERA ALLA COMUNIONE

 

Ti apro,

vieni a cenare con me.

Quando tu bussi

quando tu entri

un mondo preme sul cuore

un mondo entra con te.

Vieni a cenare con me:

ceneremo insieme congiunti

nel cuore del mondo

sorretto dalle tue mani forate

mani che hanno dipinto le ali del fiore.

Vieni,

ceneremo nella capanna

di travi connesse di cuori

agli incroci di vie

che solo tu puoi violare,

vie che non sanno che tu

non sai che amare.

Vieni a cenare con me

a stendere la tovaglia rossa

dai fiori intessuti

dai candidi trapunti

dei tuoi miti pensieri.

 

(padre Albino
M. Candido)