6 Febbraio 2002

Beato chi sa resistere

dal Messaggero Veneto del 06/02/2002

Padre David ricordato a Udine, nel decennale della scomparsa, da politici, poeti e religiosi
L’eredità di Turoldo: Beato chi sa resistere


di MARIO BRANDOLIN
Il sei febbraio di dieci anni fa si spegneva a Milano, divorato dal tumore al pancreas, da quel «drago che, come il serpente dell’albero della vita, gli aveva addentato il corpo», Padre David Maria Turoldo. A lui, al suo progetto per l’uomo, il Forum di Aquileia ha dedicato ieri pomeriggio, in Sala Aiace a Udine, un convegno al quale hanno partecipato l’onorevole Aldo Aniasi, il cardinale di Firenze Silvano Piovanelli, il poeta Andrea Zanzotto e il rettore della comunità di Sant’Egidio di Roma Matteo Zuppi.

Quattro relatori illustri, dai quali – come ha sottolineato nell’introduzione monsignor Nicola Borgo – è venuto un ritratto molto preciso, appassionato e commosso del frate servita friulano: soprattutto la sua dimensione pubblica, fondata su quell’afflato religioso che per tutta la vita lo ha fatto tendere verso un ideale di umanità riconciliata con Dio, divenuta finalmente immagine e somiglianza del suo creatore nella disponibilità verso gli altri, nell’amore verso il prossimo e il mondo.
Da qui, la sua scelta di diventare ribelle per amore, combattente per la libertà nella Resistenza, quindi impegnato nel promuovere e sostenere il rinnovamento della Chiesa negli anni del suo soggiorno fiorentino, quelli immediatamente precedenti il Concilio Vaticano II e, infine, il suo schierarsi a favore dei poveri e di quel terzo mondo affamato e schiacciato dall’ingordigia di un occidente sempre più egoisticamente capitalistico e consumistico.

Sacerdote fresco di ordinazione, Turoldo approda a Milano per laurearsi alla Cattolica in piena guerra e già nel 1942, come ha ricordato Aniasi, con alcuni laici aveva dato vita a una cellula resistenziale in una casa diroccata della centralissima via Torino. Turoldo, infatti, scelse la via della Resistenza ben prima dell’8 settembre. Testimoni – ha detto Aniasi, rammaricandosi che il nome di Turoldo non compaia in nessuna pubblicazione sulla Resistenza – affermano che sotto la cupola di San Carlo, la chiesa dove c’era il convento dei Serviti a Milano, teneva nascoste le armi, tanto che un suo confratello, Padre Camillo De Piaz, ricorda che Turoldo stesso citava la sua chiesa come la trincea della Resistenza, il punto di artenza di tante nostre imprese.

Fondò a Milano in quei mesi tremendi anche un giornale clandestino, che non a caso si chiamava Uomo, cui sono debitori i giovani democratici cattolici», che – ha detto ancora Aniasi – impararono ad amare la libertà e che per questo ebbero poi un ruolo importante nel consolidamento delle libere istituzioni democratiche. Era naturale per Turoldo essere resistente – ha concluso il presidente dell’Associazione nazionale partigiani ed ex sindaco di Milano – proprio perchè cristiano e come tale impossibilitato a non scegliere l’umano contro il disumano.

Un atteggiamento resistenziale che lo accompagnerà tutta la vita, sempre ribelle, ma anche obbediente, profondamente fedele a quell’idea evangelica di Chiesa che lo porterà a schierarsi, anni dopo, con tutti quei preti e laici che, soprattutto nella Firenze degli anni ’50, da La Pira a Balducci, da don Milani a monsignor Bartoletti – come ha ricordato il cardinale Piovanelli – hanno costituito una sorta di straordinario lievito, di fermento vitale che incoraggiò la speranza verso un futuro migliore, delineò l’opzione preferenziale per i poveri e gli emarginati e diede vita al sogno non di un’altra Chiesa, ma di una Chiesa altra. Un’esigenza di rinnovamento e di nuovi modi, più strettamente evangelici di essere Chiesa, cui rispose Papa Giovanni XXIII con il Concilio Vaticano II, che ebbe proprio in Turoldo uno dei più entusiastici sostenitori. L’amore di Turoldo per la Chiesa, amore contrastato, spesso segnato da un’obbedienza anche dolorosa – ha concluso Piovanelli – si è consolidato in Turoldo proprio nella ricchezza di aspettative, di fermenti e di ricerca degli anni fiorentini.

Una ricerca che in Turoldo è sempre coincisa con l’altra grande vocazione della sua vita, quella poetica,perché, come amava spesso ripetere, poesia è rifare il mondo, dopo la devastazione del mercadante. E su questo aspetto di una scrittura poetica che diventa, nella passionalità e nella radicalità di una fede tutta spesa in direzione dell’uomo e della sua destinazione alla libertà dell’essere e non del possedere, si è intrattenuto Andrea Zanzotto, il quale ha ribadito la portata profetica della poesia di Turoldo, accomunandolo a un altro grande poeta friulano, Pier Paolo Pasolini. E, a questo proposito, non senza commozione, Zanzotto ha ricordato l’omelia che Turoldo tenne nel cimitero di Casarsa al funerale di Pasolini.

È toccato quindi a monsignor Matteo Zuppi tracciare il profilo di Turoldo impegnato sul versante della difesa dei poveri, del Turoldo tuonante contro le ingiustizie di una società che discrimina e affama intere porzioni del mondo, la sua amicizia con il vescovo Camara, Rigoberta Menciù, un simbolo della lotta per il riscatto delle popolazioni indigene dell’America latina, il suo aperto sostegno alla teologia della liberazione.

Il giornalista Ettore Masina, assente perchè influenzato, ha mandato poche righe per rimarcare la grande attualità della figura e dell’opera di Turoldo, proprio in un momento, come quello grigio, confuso e poco attento all’uomo che stiamo vivendo e in cui sembrano prevalere quelle logiche del possedere e del consumare. Nnelle quali il frate di Coderno individuava i nuovi disumani idoli della contemporaneità e verso i quali, con parole che risuonano molto più che profetiche, invitava a lottare quando, ancora poche ore prima di morire, diceva: Beato colui che sa resistere.
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Messa alle Grazie per padre Turoldo a 10 anni dalla morte


Il 6 febbraio ’92, dopo una lunga malattia, si spegneva padre David Maria Turoldo, l’indimenticato poeta-sacerdote di Coderno di Sedegliano, approdato giovanissimo nel convento di Santa Maria dei Servi in San Carlo a Milano, dove, nel travaglio degli anni 43-’45, prese avvio la sua appassionata missione, e dove, contestualmente, Turoldo collaborava attivamente alla resistenza lombarda.

E oggi, mercoledì 6 febbraio, alle 19, nella basilica delle Grazie di Udine – luogo caro a Turoldo, che negli anni della giovinezza amava frequentare con la madre questa chiesa – la città di Udine, il Friuli e l’intera regione si stringeranno, nel ricordo di Turoldo, intorno all’arcivescovo emerito di Udine mons. Alfredo Battisti, chiamato a presiedere la messa che sarà celebrata a commemorazione del primo decennale della scomparsa. L’iniziativa rientra nel progetto David Maria Turoldo. Una voce dal Friuli, promosso dal Forum di Aquileia in sinergia con la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, con il sostegno del Comune e della Provincia di Udine e della Crup, in collaborazione inoltre con l’associazione Padre David Maria Turoldo, il Teatro Club Udine, il Centro espressioni cinematografiche, Cinemazero e la Cineteca del Friuli.

Nell’accompagnamento del rito di domani sera sarà coinvolta anche la Cappella Civica, prestigiosa realtà triestina, impegnata da oltre 500 anni nel servizio alla liturgia. Come sottolinea don Borgo, presidente dell’associazione Padre David Maria Turoldo, La liturgia eucaristica alle Grazie si propone di unire la città e il Friuli nella preghiera». Va segnalato che slitta invece al 22 marzo l’incontro inizialmente previsto sempre per mercoledì, alle 20.45, in Sala Ajace, con il giornalista Sergio Zavoli e il vescovo di Vicenza mons. Pietro Nonis, intorno al tema Il cristiano Turoldo.
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