19 Febbraio 2003

La gioia interiore

31° Capitolo

Ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. (Lc.15,30)

Prima di crearci il Padre sapeva che saremmo divenuti fragili a causa del peccato originale. Ma è proprio attraverso questa fragilità che si manifesta la sua potenza ricreatrice. Il mondo è stato creato una sola volta, ogni uomo perdonato e rigenerato dal peccato è come fosse stato “ricreato” una seconda volta.
Dio ha la possibilità di creare infiniti mondi con creature molto più perfette di noi. La sua onnipotenza non ha i limiti della nostra ragione. Gli angeli sono creature superiori a noi. Eppure in quella dimensione tutti fanno festa per ogni conversione che avviene su questa fragile terra.

E’ uno degli infiniti modi per glorificare Dio: esultare quando vince il buon senso nella libera scelta di ogni uomo. E’ stata scelta la verità e questo costituisce la gloria di Dio. L’uomo è spesso avvolto di fitte tenebre, le tenebre del peccato. La grazia di Dio permette ad ognuno di intravedere una luce (Gesù Cristo). Chi decide di seguire questa luce ha permesso la graduale sconfitta delle tenebre, compiendo un atto di libertà che lo rende più simile a Dio. Un angelo vede più chiaramente la verità, perché appartiene ad una dimensione più perfetta. Un uomo, avvolto dalle tenebre del peccato, deve compiere uno sforzo personale per seguire la luce della verità…

“Se Lui non è la mia felicità presente è colpa mia, è perché non credo veramente”(P.Albino, pag.298)
Quando sono triste perché il cielo è coperto da nubi grigie devo fare il sereno interiormente: se credo realmente, so che Dio è presente in me e che vede tutto. Devo solo lasciarlo risplendere. Sono le nubi della mia incredulità che lo coprono. La mia mancanza di fiducia rapisce la sottile gioia della consapevolezza di un Dio-Padre, infinitamente misericordioso, che mia ama di un amore particolare, come ama tutte le creature della terra. Non devo dubitare del suo perdono.

Questo tipo di dubbio lo ferisce al cuore. Egli vive in me ed attende da me una vibrazione, un palpito d’amore. “Egli soltanto merita di essere ricordato e tenuto continuamente davanti agli occhi della mente e del cuore. Egli è la bontà infinita, quella bontà che, essendo infinita, tiene conto e apprezza anche un filo solo di bontà che riusciamo a mantenere in noi. Egli è povero. Uno che ama si rende povero. Egli è mendicante, viene a chiedere, a implorare la nostra bontà; l’amore suo lo rende povero e si accontenta anche delle briciole.(p.Albino,Diario, p.108)

Un Dio che si accontenta anche delle briciole è veramente grande, infinitamente magnanimo. Devo credere alla sua bontà senza limiti, perché ciò mi sproni ad amarlo e ad amare tutti coloro che Egli ama. Anche i nemici, coloro che mi disprezzano, i maldicenti. In Lui devo amare tutti, profondamente. Devo vedere negli altri le potenzialità che hanno di diventare a loro volta amanti di Dio e del prossimo. Lui solo basta. Solo in Lui scompare ogni forma di timore e subentra la gioia nella certezza che Egli è il mio pastore e mi conduce ad acque tranquille.
“Sta nei tuoi limiti come Cristo si adatta ai limiti di ciascheduno”(P.Albino,Diario, pag.101)

“Quello che rattrista di più nel convenzionale, è il grigio, il grigio dei vestiti, il grigio degli atteggiamenti. Questo non so che nel tono, nei gesti e nel silenzio, che dà un senso di devitalizzazione. Abbiamo perduto spesso la nostra gioia di essere, la nostra fiducia nella vita, nella sua evoluzione, nelle trasformazioni che non cessano di operarsi. La vita, per molti, è svuotata di senso. Niente si trasfigura, niente si trascende. Così non otteniamo più la vittoria sulle fatalità naturali e sulla morte.
Dovremmo evitare di essere i servi della necessità per diventare i testimoni della libertà creatrice, uccisa dalla convenzione. Ogni malinconia, ogni impazienza, ogni insufficienza simboleggiano la nostra mancanza di fiducia.

La gioia sia lucida. Non si può mascherare il tragico, ma si può conservare questa certezza che nelle situazioni, anche le più penose, la creazione continua e che noi, gli uomini, ne siamo gli artefici. Coloro che la gioia abita sono i soli che hanno veramente l’aria di essere salvi; essi annunciano la congiunzione della povertà radicale dell’uomo con la ricchezza fondamentale della creazione.

Prendiamo la vita com’è. Le disgrazie sono il destino dell’uomo: perché farne una tragedia? Desolarsi tanto perché piove o perché bisogna morire. I pianti e la disperazione sono inutili. « Accettare ciò che esiste», diceva Antonio de Curtis.”(Guy Delpierre, La paura e l’essere”,p.102)
“Se vi attardate a spigolare qua e là delle gioie naturali, non sentite più il bisogno delle gioie soprannaturali, siete voi che ne causate la loro rarità. Bisogna scegliere” (Colloquio interiore p.317 n.628)

Quali sono le gioie soprannaturali? Sono quelle che derivano dall’amore verso Dio. L’Amore in sé dovrebbe essere Gioia. E’ un concetto strano, apparentemente contraddittorio. La rinuncia alle gioie terrene è spesso gravosa, lacerante. Ci sono rinunce e rinunce. Bisogna avere il coraggio di guardarsi dentro. Ci sono quelle “accomodanti” , quelle “coatte”, quelle “vili” e quelle “narcisistiche”.

Le rinunce più genuine sono quelle spontanee, non calcolate. Esse sono unite semplicemente al desiderio di accontentare il Signore ed il prossimo. Le gioie soprannaturali sono veramente il frutto dell’Amore. Bisogna amare il Signore con tutte le proprie forze, desiderare ardentemente di starsene soli in sua compagnia, lavorare esclusivamente per compiere la sua volontà, desiderare che venga il suo Regno in ogni anima. “Meglio un giorno nella tua casa che mille altrove”. Il segreto della vera gioia, però, non è quello di ricercarla per se stessa. Essa deve accompagnare in modo naturale chi ama e soffre.


Per leggere il 32° capitolo:

il mistero della reciprocità