23 Dicembre 2005

La mente e il cuore

Tra di noi ci sono molte persone che dimostrano una grande abilità nel
parlare, nel convincere, nel comunicare concetti ben elaborati e
costruiti con una sofisticata logica che stupisce l’ascoltatore. La
società attuale, soprattutto nell’ambito della sfera mediatica, abbonda
di scaltri manipolatori della parola, di abili oratori e critici di
raffinatissimo livello.

Ma la “cultura” d’oggi, come comunemente viene intesa, è una grande
tentazione: essa viene spesso usata per la competizione e per il
tornaconto, più che per la ricerca personale finalizzata al
raggiungimento della verità. Certi opinionisti, politici o
intellettuali messi a confronto, ad esempio, sono talmente abili che
l’ascoltatore non sa oggettivamente a chi dare ragione.
Ma in loro è
solo la mente che parla, non il cuore.

Nella realtà queste persone sono
spesso incapaci di sostenere una vita autentica. Ciò, naturalmente, può
succedere anche ad ognuno di noi, pur affaccendati in altri versanti.
All’interno del proprio nucleo familiare o nella cerchia dei nostri
amici non sempre sappiamo realmente ascoltare, non osserviamo il
prossimo con amore e spesso il nostro sguardo è accecato dai
pregiudizi, dall’orgoglio o da un malcelato senso di superiorità.

Poniamo attenzione a certe dinamiche sociali perché costituiscono una
fonte di potere, come lo sono spesso la conoscenza scientifica e
tecnologica, la ricerca dell’accapparramento di tutti i tipi di risorse
materiali e mentali. Ma chi di noi sa osservare attentamente la realtà
che ci circonda semplicemente perché “esiste”, non per sfruttarla?

Tutto viene finalizzato a qualche utilità immediata, ma raramente è
oggetto di pura e attenta osservazione o di contemplazione.
La nostra mente non è impegnata ad osservare nemmeno se stessa. Non
sappiamo il motivo della nostra esistenza. Abbiamo semplicemente paura
di quello che potremmo trovare: brutalità, violenza, avidità, invidia,
superficialità.
Se qualcuno che vive in modo saggio e serio dovesse chiederci di
soffermarci su noi stessi e di pensare profondamente a quello che
stiamo facendo, cominceremmo a smarrirci o a mascherarci dietro altre
false finalità.

Quando pensiamo alla Trascendenza ci chiediamo che cosa
succederà dopo la morte, ma non prendiamo coscienza di ciò che sta
succedendo ora, in questa vita terrena. Ognuno di noi morrà come è
vissuto: non è il momento del trapasso che determinerà grandi
cambiamenti interiori, se non lo desideriamo in profondità.

Porteremo
appresso la mentalità egoista, orgogliosa, passionale o superficiale a
cui ci stiamo abituando distrattamente, almeno che non intervengano
grosse trasformazioni interiori. Ma queste possono accadere quando
osserviamo attentamente l’intero processo del nostro pensiero e con
coraggio smascheriamo tanti sotterfugi che la nostra mente utilizza per
nasconderci anche a noi stessi.

Pier Angelo Piai