L’ardente desiderio di Dio è la maggior pena delle anime del purgatorio, come disse l’angelo a Santa Faustina in una visione.
Quindi, il desiderio di Dio dobbiamo coltivarlo già qui, sulla terra.
Ciò significa mettere Dio al primo posto, perché è Lui la Verità, la Via e la Vita. Fuori di Lui nulla. Anche se dovessimo possedere il mondo intero, se non coltiviamo l’amore di Dio, tutto è vano. Siamo fatti per il Creatore ed a Lui ritorneremo. Nulla deve essere prioritario, se non il rapporto con Dio.
Come si coltiva?
Il desiderio di Dio è già prefigurato nella nostra latente insoddisfazione che proviamo per le cose terrene, per il piaceri della vita…
Chi può definirsi realmente soddisfatto di tutto?
Quella sensazione di disgusto che ci segue dopo aver soddisfatto egoisticamente i nostri sensi è un indicatore della nostra finitezza e della nostra natura di origine divina.
La vera soddisfazione c’è quando si ama disinteressatamente, ma è uno stravolgimento del nostro modo di vedere le vita e il mondo che non avviene immediatamente, ma richiede un esercizio costante ed una serie di fallimenti, perché lo spirito ha desideri contrari alla fragile carne.
Per ora, in questa dimensione spazio-temporale, ci stiamo formando alla futura completa visione di Dio, perché a quella siamo destinati (siamo in uno stato di “viatori”) Riceviamo molte luci, ma spesso non ce ne accorgiamo perché la superficialità, l’abitudine, la svogliatezza ci riporta agli elementi prettamente materiali senza riferirli a Dio.
L’uomo più soddisfatto è quello più consapevolmente insoddisfatto .
Si è reso conto che nulla potrà riempire il vuoto infinito che sostiene il suo fragile essere terreno. Né possedimenti, ricchezze, potere, amicizie o relazioni sociali potranno garantirgli la felicità se esse non hanno un diretto riferimento a Dio, il quale ha creato tutto ed è Signore del nostro tempo.
Chi comincia ad acquisire una certa consapevolezza di questa realtà spirituale, inizia anche ad amare Dio nella convinzione di essere da Lui amato infinitamente sin dall’eternità. Usa le cose senza prolungarsi in esse.
Intesse relazioni sociali con lo scopo di aiutare gli altri a conoscere la vera dimensione che li aspetta in Cristo risirto. Spende il suo tempo nella preghiera interiore, confidando in tutto nel suo Creatore e Salvatore, dispone la sua vita terrena come se dovesse terminare tutto da un momento all’altro, vive intensamente la provvisorietà degli eventi con un equilibrato distacco, vede il mondo con occhi diversi, tutto ancora da decifrare e gli pare strano che gran parte degli uomini vivano da addormentati e non cerchino la Verità.
L’esempio perfetto di Uomo che vive nella pienezza è Gesù Cristo.
Distaccato dalle cose terrene, era in continuo contatto con il Padre nel quale riponeva la massima fiducia anche nei momenti più dolorosi.
Non viveva nell’ansia di perdere qualcosa, perché non possedeva nemmeno la casa (dormiva spesso anche all’aperto: il Figlio dell’uomo non ha nemmeno dove riporre il capo”)
Le sue relazioni sociali erano finalizzate alla promozione umana nel vero senso della parola: far scoprire al prossimo l’Amore di Dio per tutti, anche per i poveri peccatori che frequentava o che andava a cercare con zelo.
Sosteneva che Dio non è un Dio dei morti , ma dei viventi (il Dio di Abramo. Isacco, Giacobbe..) Questo significa che ognuno di noi, con la sua storia, è particolarmente amato da Dio e questo amore che noi tutti dobbiamo riconoscere costituirà il vero Regno…
Pier Angelo Piai