Pare proprio che al giorno d’oggi il silenzio non venga preso molto in considerazione.
Ma cosa significa realmente fare silenzio?
La mentalità comune pensa che silenzio sia semplicemente la mancanza di parola. Ma ogni parola espressa è il nostro pensiero mediato dalla voce.
Essa è estremamente importante per la nostra società ma ha anche dei limiti: non arriverà mai ad esprimere perfettamente ciò che vorremmo perché ogni fonema, per quanto sia molto utile, è sempre una cristallizzazione del nostro retaggio culturale.
Ecco perché il vero silenzio interiore può contribuire a farci percepire meglio la ricchezza e la povertà di ogni parola.
Una semplice passeggiata in bicicletta attorno alla campagna è un’ottima occasione per ascoltare la natura e noi stessi fino ad immergerci nel silenzio interiore.
Si evitano i luoghi comuni facendo tacere il linguaggio stereotipato della massa per predisporre la nostra mente ad una presa di coscienza più autentica.
Nella solitudine evitiamo di recitare i soliti ruoli e possiamo togliere le maschere del finto io con cui ci presentiamo agli altri.
Ci si accorge finalmente che tutto per noi è una forma di rappresentazione del mondo che non corrisponde alla realtà, ma è condizionata da molteplici fattori egoistici o di difesa.
E’ nel silenzio che noi riusciamo a trascendere ogni forma di linguaggio stereotipato. In esso entriamo nella dimensione del meta-linguaggio, il quale ci aiuta a padroneggiare meglio la situazione per non scadere nei luoghi comuni e lasciarci condizionare dalla mentalità corrente.
Ciò naturalmente richiede grande attenzione e spirito di osservazione.
Se ci si pone in vero atteggiamento di ascolto, anche la natura ha in sè un linguaggio che in qualche modo ha a che fare con la nostra vita interiore.
Tutto ci parla, se vogliamo decifrare con serenità ed intelligenza lo spettacolo che la vita ci offre continuamente. Ma noi non siamo semplici spettatori, siamo direttamente coinvolti.
Il cielo in continuo movimento, ad esempio, ha un dinamismo silenzioso e le sue nubi assumono una forma condizionata dalla loro struttura intrinseca, dal vento e da tanti fattori esterni. Anche le nostre menti sono come quelle nubi: si stagliano dal cielo azzurro, ingrossano, si rincorrono e poi svaniscono.
I concetti e le idee sono un po’ come le loro forme: sembrano stabili ed imponenti, ma un colpo di vento o una variazione di umidità e pressione le fondono, le attenuano e poi le disperdono. Nessuno è stabile trattenendo il sé.
Quell’albero solitario richiama la solitudine del saggio che non ha bisogno di tuffarsi nel turbinio della massa chiassosa, ma gli stessi uccelli trovano rifugio sotto i suoi rami per poter riprendere il volo rinfrancati… Chi ama la solitudine rinforza il suo animo.
I campi di frumento e di orzo ondeggiano accarezzati dal vento, come i nostri pensieri quando vengono sollecitati dalle illusioni foriere di speranza: ogni spiga non è ancora pronta ma ha il compito di moltiplicare i semi che contiene…
L’acqua del ruscello rammenta lo scorrere del tempo, il fluire delle ore: ciò che è passato non torna più.
Ci aspetta un eterno presente. Ogni momento possiamo essere nuovi se ci lasciamo alle spalle gli errori, i giudizi su noi stessi e gli altri.
Gli uccelli che si librano verso il cielo turchino richiamano la nostra anima che desidera volare verso la libertà eterna. Non siamo fatti per rimanere inchiodati sul suolo di questa terra.
Ogni uomo ha sete di infinito e chi si libra più in alto vede le cose in modo diverso, relativizzando tutto.
L’albero che tanti ammiravano da tanti anni e che produceva molti frutti ora si è seccato e lo stanno tagliando. Una malattia lo ha ridotto così…Anche noi diventiamo secchi se ci lasciamo inaridire dai pregiudizi e non ci apriamo alla vita nell’amore più puro liberandoci dai vari condizionamenti che ci imprigionano nella materialità.
Questa terra riarsa ha bisogno di acqua per poter far crescere il granoturco. Anche il nostro spirito ha bisogno della parola di Dio… la quale irriga i nostri animi assetati di Verità e di infinito.
Le viti hanno una conformazione tale che Gesù stesso si paragona ad esse: Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me porta molto frutto.
Il vero silenzio interiore, quindi, consiste nel porre tra parentesi concetti, immagini, e persino fonemi acquisiti sin dall’infanzia. Ci vuole sagacia, avvedutezza e coraggio perché la nostra mente è avida di contenuti e teme il vuoto.
Anticamente andare nel deserto significava rientrare in se stessi per fronteggiare meglio le situazioni sociali. I monasteri di clausura usano ancora l’espressione “fare deserto”.
Diceva Basilio di Cesarea: Per aiutare l’anima a concentrarsi bisogna abitare nella solitudine.
Pier Angelo Piai