Si parla molto di “autostima” oggi. Molti psicologi scrivono fiumi di parole per dirci che è necessario stimarci cogliendo in noi gli aspetti positivi della nostra personalità e valutando positivamente le nostre reali capacità.
Ma nonostante tanti suggerimenti molte persone non riescono a superare la frustrazione di non essere adeguate a quello che vorrebbero essere.
Provano una subdola forma di invidia per gli altri che considera più dotati dal punto di vista fisico, materiale, psicologico e spirituale.
Ma questa invidia li fa vivere in modo mediocre ed in continua agitazione.
La loro energia è tutta investita nel confrontarsi con gli altri.
Non sanno vivere autenticamente perché non trovano interessante la loro stessa vita, la quale non sarà mai come la desiderano.
Osserviamo realisticamente anche i nostri pensieri. Come ci rapportiamo con il prossimo? Molte volte la nostra ipocrisia rasenta l’assurdo perché non nutriamo sincera stima verso molte persone.
Ci sentiamo superiori o inferiori per diversi motivi e spesso le nostre azioni non sono altro che il frutto della strategia della competizione che vuol dimostrare a noi stessi quanto valiamo nei confronti degli altri.
Procedendo gradualmente con l’introspezione rileviamo meschinità, tornaconti, calcoli egoistici, avarizia, lussuria, pigrizia, impurità, infedeltà, incostanza, imprudenza…non si finirebbe più.
Dobbiamo scoraggiarci? Se ci si fermasse alla nostra miseria non ce la faremmo più a procedere verso l’autoconoscenza.
E’ fondamentale porre molta attenzione alle parole: quello che diciamo ha un enorme influenza sulla psiche. Se ad esempio uno dice di essere molto egoista finisce per convincersene, si auto-condanna ed il rischio è quello di terminare ogni forma di indagine su se stesso bloccando la sua evoluzione.
Egli sarà sempre teso a confrontarsi con gli altri per cercare di essere meno egoista e tutta la sua energia è investita sul confronto. In questo caso perde lo stupore per la vita e la sua mente si stanca in inutili sforzi che non conducono a niente. Egli è troppo incentrato sul sé.
Osserviamoci quando ci rapportiamo con gli altri.
Diciamo: è “un professore”, oppure “una celebrità” , “un grande”, “un poveraccio”,
una “casalinga”, “un operaio”, “un sapiente”, “un ignorante” “un contadino”…
Cataloghiamo ognuno associandolo a qualche titolo onorifico, allo status sociale, alla rendita personale, alla fisicità.
Proviamo ammirazione o repulsione dimenticando la realtà della persona con cui abbiamo a che fare.
In questo caso non saremo mai degli osservatori completi perché ci soffermiamo sugli aspetti esteriori della persona lasciandoci condizionare e pensando così di conoscere gli altri e se stessi. Le dinamiche sociali che attiviamo si basano spesso sui vantaggi e gli svantaggi che pensiamo che gli altri ci apportino.
Non è facile liberare la nostra mente da tutti questi pregiudizi.
Se però ci mettiamo in atteggiamento di semplice ascolto verso noi stessi, innanzittutto, scopriremo un mondo diverso da quello che ci siamo costruiti molto superficialmente ed in modo ipocrita.
Osserviamoci senza giudicarci. Indaghiamo su noi stessi senza rattristarci delle nostre fragilità. Indaghiamo e basta. Con umiltà.
Allora molti complessi si stemperano, i condizionamenti si allentano per dare spazio a nuove dimensioni interiori che donano uno sguardo più puro a se stessi, al mondo ed alla società.
Pier Angelo Piai