3 Febbraio 2003

LiberEtà: ricerca della sede a Udine

dal Messaggero Veneto del 03/02/03
di Mario Blasoni

Le vicende dell’Università delle LiberEtà in perenne ricerca di sede

In lotta per educare
Pina Raso: non ci considerano una scuola


di MARIO BLASONI

Da 101 anni esiste a Udine l’Università popolare, nata per diffondere la cultura tra i ceti meno favoriti; da 20 c’è l’Università della terza età, mirata (lo dice il nome) all’istruzione degli anziani; da appena 10 anni a queste istituzioni si è aggiunta l’Università delle LiberEtà. E’ una scuola per adulti, ma in pratica per tutte le età, un centro culturale che intende integrare la scuola pubblica e realizzare la cosiddetta educazione permanente. E’ qualcosa, quindi, di diverso, che non ha eguali nella regione e neppure in Italia. L’ha creata, assieme a un gruppo di colleghe e colleghi, la professoressa Pina Raso, di origine calabrese, approdata a Udine nel 1972 per insegnare matematica e fisica.

«In quegli anni ci fu una bella infornata di giovani docenti. Eravamo in gran parte ex sessantottini, fortemente motivati, molto affiatati, con tanta voglia di cambiare la scuola!». Nata nel 1947, Pina Raso si è laureata in matematica e fisica a Messina (in Calabria non c’era ancora l’università) e ha concorso per una cattedra al nord. «Potevo scegliere tra Udine e Brescia, ma ho preferito, per vari motivi, il Friuli: non me ne sono pentita, anzi, sia io sia la mia famiglia ci siano subito bene inseriti».

La giovane prof è arrivata col marito, Ugo Rizzo, allora laureando e oggi medico di base, e il figlioletto Domenico, di pochi mesi. Ha insegnato per trent’anni, prima a San Giorgio di Nogaro e a Cividale, poi all’Istituto d’arte, quindi allo Stellini per 15 anni e al Percoto in questi ultimi cinque. Nel 2004 lascerà la scuola per dedicarsi a tempo pieno all’Università delle LiberEtà.

La situazione del sodalizio da lei presieduto richiede, infatti, un impegno enorme, sia per le dimensioni raggiunte in dieci anni (da 500 a oltre 4 mila iscritti, da una cinquantina di corsi a oltre trecento), sia per la precarietà della sede che negli ultimi due anni ha rischiato di vanificare tutto il lavoro svolto. Il braccio di ferro che Pina Raso ha impegnato col Comune ha alimentato, e continua ad alimentare, pagine e pagine di cronaca. «Non mi so spiegare – si chiede ancora oggi la presidente – perchè ci hanno sfrattati dalla nostra sede storica di via Pradamano!». Ma andiamo con ordine.

L’Università delle LiberEtà è nata il 21 luglio 1993 e ha subito trovato ospitalità in un’ala dismessa della Fermi in via Pradamano (prima tre aule, poi sette e l’ex cucina della scuola adibita a uffici). Quale è stata la spinta che l’ha portata a istituirla? «Con la mia esperienza di insegnante mi rendevo conto delle carenze dell’istruzione pubblica. Nel ’92 avevo collaborato con l’Ute (insegnavo informatica), ma volevo creare qualcosa di diverso, non dare la prevalenza al pur importante aspetto sociale-aggregativo, puntare sulla tradizione dell’Europa del nord (le scuole popolari austriache, quelle danesi che fanno parte integrale dell’università…).

Così, assieme a una decina di insegnanti udinesi, ho dato vita a un’associazione di volontariato. La cittadinanza è stata informata con volantini infilati nelle cassette delle lettere. E’ stato un successo strepitoso! E, da allora, uno sviluppo costante: 1.200 iscritti il secondo anno, 2.000 il terzo, fino ai 4.400 del 1999-2000 l’anno della prima “doccia fredda”, lo sfratto da via Pradamano».

Era l’aprile 2000, i corsi sono stati forzatamente interrotti ed è cominciata l’odissea dei trasferimenti. «Abbiamo sistemato gli uffici in un vecchio palazzo, di proprietà privata, in via Rialto 5 (il Comune ci aveva offerto un appartamento, ma a condizioni piuttosto esose). Per le lezioni pratiche – informatica, laboratori e ginnastica – abbiamo trovato cinque aule nelle ex scuole elementari di Zugliano; per i corsi teorici abbiamo rimediato con l’ospitalità del Deganutti (solo pomeriggio e sera).

E per i lavori femminili utilizziamo locali della parrocchia di Colugna. Lei può immaginare i costi non indifferenti. E il risultato? Il peggiore servizio con la maggiore spesa!». Nonostante le traversie logistiche, l’anno didattico 2002-2003 è cominciato regolarmente con gli iscritti assestati sui 4 mila. Ma il futuro rimane incerto: «A fine anno dovremo lasciare Zugliano (il Comune di Pozzuolo ha deciso di vendere l’ex scuola) e anche Colugna. Ci resterà solo il Deganutti, oltre al palazzo degli uffici di via Rialto, il cui contratto scade fra tre anni. Non possiamo programmare le preiscrizioni se non abbiamo la certezza delle aule: ho bussato a tutte le porte, dalle caserme ai privati. L’unico che abbia spazi, per via del calo della natalità, è il Comune. Ma il sindaco non ne vuol sapere: a Palazzo non ci considerano una scuola, ma un’associazione come tante.

Dovrebbero riconoscere, invece, il nostro ruolo di scuola per adulti e fornirci le strutture necessarie. Se ogni anno si iscrivono migliaia di persone, vuol dire che siamo una realtà concreta. Udine ha il più alto rapporto tra popolazione e iscritti alla LiberErà…».
Ma chi sono gli utenti di questa popolare università? Circa il 50 per cento è di Udine, l’altra metà viene dalla provincia e anche da Gorizia e Pordenone. Scorrendo in video i lunghissimi elenchi, troviamo casalinghe, insegnanti, studenti, disoccupati, un panettiere, una ricamatrice, agenti di polizia, giornalisti. Gente comune e personaggi noti.

«Abbiamo avuto anche un prefetto, il dottor Vito Melchiorre, purtroppo mancato nel 1997, che ha frequentato un corso di dizione. Una signora di mezza età, che frequenta una ventina di corsi, quando le chiedono la professione, risponde (o scrive sui moduli): Studentessa dell’Università delle LiberEtà… La nostra istituzione attua una specie di integrazione scolastica, proponendo discipline non trattate o un recupero di conoscenze per coloro che hanno lasciato la scuola normale. Forniamo, insomma, un servizio scolastico a cittadini di tutte le età, da 10 anni (corsi di nuoto) a 80. L’elenco delle materie è sconfinato: si va dalla storia di Udine all’etologia umana, dalla bioedilizia alla cultura cubana, dalla sessualità dopo i 40 anni all’acquariofilia… E spesso assistiamo a scelte che definirei complementari: gli intellettuali scelgono attività tecniche e manuali, i tecnici apprezzano i corsi di grammatica o filosofia. Tutti, invece, si orientano verso quelli di lingue, persino gli stessi insegnanti del settore!».

Da un anno la LiberEtà si muove anche a livello europeo. «Lo scorso novembre abbiamo fatto un convegno a Udine sull’educazione degli adulti, con relatori italiani e stranieri. Ho partecipato a Malta a un meeting sull’educazione permanente, con un centinaio di operatori di tutta Europa (da molti mi è stato chiesto di avviare iniziative comuni). E in autunno faremo un altro convegno, tipo Malta, a Udine. Adesso, intanto, contiamo molto su quello in programma domani pomeriggio (inizio alle 18) in sala Aiace. Avrò accanto i responsabili di enti come l’agenzia Socrates di Firenze, settore Educazione degli adulti che fa capo a Bruxelles, l’Invalsi (del ministero della Pubblica Istruzione), la Fipec nazionale e il Centro territoriale permanente di Casale Monferrato. Il tema è “Educazione degli adulti e diritto di cittadinanza. Quale futuro per l’Università delle LiberEtà?” Un futuro tutt’altro che roseo…. Purtroppo.

Il tema è interessante per le esperienze che vi saranno illustrate, ma per noi è soprattutto importante per gli sviluppi che potranno derivarne. Entro un mese dovremo risolvere, in un modo o nell’altro, la questione. Pertanto abbiamo invitato al dibattito i rappresentanti delle istituzioni cittadine, dei partiti e del mondo culturale. Non chiediamo aiuti finanziari, ma solo aule per poter proseguire la nostra attività. Se Udine vuole una scuola per adulti deve trovarle una sede adeguata. Basta con lo scaricabarile!». Nel prossimo luglio l’Università delle LiberEtà compirà i primi dieci anni. Vien da chiedersi se la presidente Pina Raso e i suoi collaboratori riusciranno a festeggiare finalmente senza patemi.

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