SANTA FAMIGLIA – Lc 2, 22-40
di p. Ermes Ronchi
Benvenuti all’incontro con il Signore, portando la gioia e il peso delle nostre famiglie, i sorrisi e le lacrime, tutti i ‘perché’ senza risposta, ciascuno pastore di un piccolo gregge affidato alle sue cure. Per questo chiediamo il dono di un cuore affidabile, coraggioso e tenace.
OMELIA
Maria e Giuseppe portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Una giovanissima coppia col suo primo bambino arriva portando la povera offerta dei poveri, due tortore, e la più preziosa offerta del mondo: un bambino.
Non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna si contendono il bambino. Sulle braccia di due anziani, riempito di carezze e di sorrisi, passa dall’uno all’altro il futuro del mondo: la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l’eterna giovinezza di Dio.
Il piccolo bambino è accolto non dagli uomini delle istituzioni, ma da un anziano e un’anziana senza nessun ruolo ufficiale, però due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. Perché Gesù non appartiene all’istituzione, ma all’umanità, nella vita che finisce e in quella che fiorisce.
‘E’ nostro, di tutti gli uomini e di tutte le donne. Appartiene agli assetati, a quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; a quelli che sanno vedere oltre, come la profetessa Anna; a quelli capaci di incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro’ (M. Marcolini).
Mosso dallo Spirito Simeone si reca al tempio e lo accoglie fra le sue braccia.
Un vecchio e un neonato, una vita che si chiude e una vita appena fiorita e su questo sfondo il futuro che riprende a scorrere. Infatti Simeone, l’anziano, comincia a parlare non più del passato, come sono soliti fare gli anziani, ma del futuro come fanno i giovani. Ecco un passato stanco inizia a celebrare un possibile domani giovane.
Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Sono parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io, noi, le conservassimo nel cuore: anche tu, come Simeone, non morirai senza aver visto il Signore. È speranza. È Parola di Dio. La tua vita non finirà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per te il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire.
Io non morirò senza aver visto l’offensiva di Dio, l’offensiva del bene, l’offensiva della luce che è già in atto dovunque, l’offensiva del lievito, del granello di senape.
Poi Simeone canta: ho visto la luce da te preparata per tutti. Ma quale luce emana da Gesù, da questo piccolo figlio della terra che sa solo piangere e succhiare il latte e sorridere agli abbracci?
Simeone ha colto l’essenziale: la luce di Dio è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata, amore in ogni amore. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall’uomo, è qui adesso, mescola la sua vita alle nostre vite e nulla mai ci potrà più separare.
Simeone dice poi tre parole immense a Maria, che sono per tutti noi, perché Maria è l’icona di tutti i discepoli: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri dei cuori.
Caduta. Risurrezione. Contraddizione.
Cristo come caduta. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, che rovina la vita insufficiente e malata, la vita che è solo illusione di vita. Gli spiriti impuri nel vangelo di Marco se ne accorgono: che c’è fra noi e te Gesù di Nazaret? Sei venuto a rovinarci? Sì, Gesù è venuto a rovinare tutto ciò che rovina l’uomo, a demolire prigioni; a portare spada e fuoco per tagliare e bruciare tutto ciò che non è amore.
A rovinare il regno dei desideri sbagliati che si impossessano dell’uomo: denaro, successo, potere, egoismi.
Ad essi, padroni del cuore, Gesù dice due sole parole: taci, esci da lui.
Tace e se ne va questo mondo sbagliato. Vanno in rovina, come aveva sognato Isaia, le spade e diventano falci, si spezza la conchiglia e appare la perla. Perla della creazione è l’uomo libero e amante.
Posso diventarlo anch’io, se il vangelo diventa in me passione e incanto. Patimento e parto. Allora scopro “Cristo, mia dolce rovina” (Turoldo), che rovina in me tutto ciò che non è amore, getta via dalle mie braccia le cose morte e dilata gli orizzonti che respiro. Cristo mia dolce rovina, impossibile amarti impunemente, impossibile amarti e non pagarne il prezzo in moneta di vita nuova.
**Egli è qui per la risurrezione: egli è qui come forza che mi ha fatto ripartire quando credevo che per me fosse finita, quando avevo il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. E se sono caduto sette volte mi ha rialzato otto volte. Risurrezione della nobiltà che c’è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato.
*** Cristo come contraddizione: i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie; lui contraddice la mia quieta mediocrità, tutto il disamore. Contraddice le idee sbagliate che ho su Dio.
Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro e movimento alla vita.
Gesù ha il luminoso potere di far vedere che le cose sono abitate da un oltre.
Nell’ultima preghiera del giorno, a ogni calar della notte, monaci e monache, anziani fedeli e giovani profeti, da secoli, da millenni, in ogni angolo della terra, ripetono queste parole di Simeone: Ora lascia che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua luce.
Io ho visto la luce. Atto di fede. Che voglio ripetere, ad occhi aperti: io ho visto la luce. Io guardo e vedo Dio all’opera, oggi, acceso come luce improvvisa, come fioritura inattesa. Vite rimesse in piedi.
Io ho visto e vedo ancora lo Spirito smuovere istituzioni che parevano immobili e accendere fuochi da stoppini smorti.
Io ho visto e vedo adesso Gesù, come caduta degli idoli, come speranza dentro ogni sconfitta, contraddizione di tutto ciò che contraddice l’amore.
Come Simeone, occhi velati e accesi, io ho visto la luce e come lui benedico.
Tornarono quindi alla loro casa. E il Bambino cresceva e la grazia di Dio era su di lui. Tornarono alla santità, alla profezia e al magistero della famiglia, che vengono prima di quelli del tempio. Tornarono alla famiglia, come faremo noi, a sapersi stupire ancora e sempre per la bellezza degli affetti, quegli antichi e quelli nuovi.
Alla famiglia che è santa perché la vita e l’amore vi celebrano la loro festa, e ne fanno la più viva fessura e feritoia dell’infinito.
LA BENEDIZIONE DELLA CASA
Benedici ogni casa, Signore.
Il sacrificio fedele dell’amore,
la poesia dei gesti quotidiani,
la risurrezione di ogni alba,
i risvegli accanto a chi amo,
l’amore racchiuso dentro una carezza.
Benedici ogni casa,
quando la sera accoglie in sé le vite,
quando al mattino si offre alla luce,
quando accoglie ospiti e pellegrini e amici
attorno alla tavola, tuo primo altare.
Benedici ogni casa,
che sia nido e vela,
profumata di pane e di fatica,
i suoi miracoli, i suoi misteri,
l’amore sotto ogni silenzio,
la speranza sotto ogni paura.
Benedici la mia casa, Signore,
anche nei giorni in cui
allo slancio subentra la stanchezza
e la fatica sembra scolorire la gioia.
Benedici gli occhi semplici sulle cose,
il cuore che respira l’infinito,
l’istante che brilla nell’eterno
e l’eterno che abita l’istante.
Benedici me, Signore,
con la presenza dei miei cari
E possa tu benedire loro
con la mia presenza.
Preghiera alla comunione
O Signore, tu sei qui, sei in me,
venuto in questo piccolo, povero tempio che sono io.
Ti accolgo fra le mie braccia, come Simeone e Anna.
Ti offro un po’ di calore. E ti prego:
sii per me rovina e risurrezione, Signore.
Non lasciarmi mai nell’indifferenza, nella falsa pace.
Cristo, mia dolce rovina, che rovini la vita insufficiente,
la vita morente, il mio mondo di maschere e di bugie,
che rovini la vita illusa,
contraddicimi, Signore.
Contraddici i miei pensieri con i tuoi pensieri,
le mie scelte di comodo,
il Narciso che è in me.
Contraddici l’immagine falsa che ho di te
e i miei piccoli amori.
Vieni come una breccia, come un varco verso orizzonti più grandi,
come una falla di luce che si insinua nelle mie ombre.
E sii la mia risurrezione, Signore,
quando credo che per me sia finita,
quando ho il vuoto dentro e il buio davanti agli occhi.
Sii mia risurrezione dopo il fallimento facile,
dopo una fedeltà mancata, dopo una umiliazione bruciante.
E poi risorgi, Signore,
con le cose che amavo e credevo finite,
risorgi dando respiro alla vita
dando futuro a chi crede di avere solo un passato.
Amen.
Dice il Salmo: “Se Dio non edifica la casa, i costruttori faticano invano.” I costruttori faranno appartamenti, condomini, ma la casa è solo Dio che la fa