GESÙ A SUOR MARIA DELLA TRINITÀ
(Colloquio Interiore n. 468)
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Natale è celebrare l’inedito di Dio, o meglio, un Dio inedito, che ribalta le nostre logiche e le nostre attese. Fare Natale, allora, è accogliere in terra le sorprese del Cielo. Non si può vivere “terra terra”, quando il Cielo ha portato le sue novità nel mondo. Natale inaugura un’epoca nuova, dove la vita non si programma, ma si dona; dove non si vive più per sé, in base ai propri gusti, ma per Dio; e con Dio, perché da Natale Dio è il Dio-con-noi.
Vivere il Natale è lasciarsi scuotere dalla sua sorprendente novità. Il Natale di Gesù non offre rassicuranti tepori da caminetto, ma il brivido divino che scuote la storia. Natale è la rivincita dell’umiltà sull’arroganza, della semplicità sull’abbondanza, del silenzio sul baccano, della preghiera sul “mio tempo”, di Dio sul mio io. Fare Natale è fare come Gesù, venuto per noi bisognosi, e scendere verso chi ha bisogno di noi.
È fare come Maria: fidarsi, docili a Dio, anche senza capire cosa Egli farà. È fare come Giuseppe: alzarsi per realizzare ciò che Dio vuole, anche se non è secondo i nostri piani. San Giuseppe è sorprendente: nel Vangelo non parla mai e il Signore gli parla proprio nel silenzio, nel sonno. Natale è preferire la voce silenziosa di Dio ai frastuoni del consumismo.
Se sapremo stare in silenzio davanti al presepe, Natale sarà anche per noi una sorpresa, non una cosa già vista. Purtroppo, però, si può sbagliare festa, e preferire alle novità del Cielo le solite cose della terra. Se Natale rimane solo una bella festa tradizionale, dove al centro ci siamo noi e non Lui, sarà un’occasione persa. Per favore, non mondanizziamo il Natale! Non mettiamo da parte il Festeggiato, come allora, quando «venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). Udienza Generale (19/12/2018)
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Accogliere Dio in un bambino, il segreto della Vergine Maria
XXV Domenica – Tempo ordinario – Anno B
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Gesù mette i dodici, e noi con loro, sotto il giudizio di quel limpidissimo e stravolgente pensiero: chi vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti.
Offre di se stesso tre definizioni, una più contromano dell’altra: ultimo, servitore, bambino.
Chi è il più grande? Di questo avevano discusso lungo la via. Ed ecco il modo magistrale di Gesù di gestire le relazioni: non rimprovera i suoi, non li giudica, non li accusa, pensa invece ad una strategia per educarli ancora. E lo fa con un gesto inedito: un abbraccio a un bambino. Il Vangelo in un abbraccio, che apre una intera rivelazione: Dio è così, più che onni-potente, onni-abbracciante (K. Jaspers).
Gesù mette al centro non se stesso, ma il più inerme e disarmato, il più indifeso e senza diritti, il più debole, il più amato, un bambino. Se non diventerete come bambini… Gesù ci disarma e sguinzaglia il nostro lato giocoso, fanciullesco. Arrendersi all’infanzia è arrendersi al cuore e al sorriso, accettare di lasciare la propria mano in quella dell’altro, abbandonarsi senza riserve (C. Cayol). Proporre il bambino come modello del credente è far entrare nella religione l’inedito. Cosa sa un bambino? La tenerezza degli abbracci, l’emozione delle corse, il vento sul viso… Non sa di filosofia né di leggi. Ma conosce come nessuno la fiducia, e si affida. Gesù ci propone un bambino come padre, nel nostro cammino di fede. «Il bambino è il padre dell’uomo» (Wordsworth). I bambini danno ordini al futuro.
E aggiunge: Chi lo accoglie, accoglie me! fa un passo avanti, enorme e stupefacente: indica il bambino come sua immagine. Dio come un bambino! Vertigine del pensiero. Il Re dei re, il Creatore, l’Eterno in un bambino? Se Dio è come un bambino significa che va protetto, accudito, nutrito, aiutato, accolto (E. Hillesum).
Accogliere, verbo che genera il mondo nuovo come Dio lo sogna. Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l’accoglienza, tema bruciante oggi su tutti i confini d’Europa, sarà il nome nuovo della civiltà; quando accogliere o respingere i disperati, i piccoli, che sia alle frontiere o alla porta di casa mia, sarà considerato accogliere o respingere Dio stesso.
A chi è come loro appartiene il regno di Dio. I bambini non sono più buoni degli adulti, sono anche egocentrici, impulsivi e istintivi, a volte persino spietati, ma sono maestri nell’arte della fiducia e dello stupore. Loro sì sanno vivere come i gigli del campo e gli uccelli del cielo, incuriositi da ciò che porta ogni nuovo giorno, pronti al sorriso quando ancora non hanno smesso di asciugarsi le lacrime, perché si fidano totalmente. Del Padre e della Madre.
Il bambino porta la festa nel quotidiano, è pronto ad aprire la bocca in un sorriso quando ancora non ha smesso di asciugarsi le lacrime. Nessuno ama la vita più appassionatamente di un bambino.
Accogliere Dio come un bambino: è un invito a farsi madri, madri di Dio. Il modello di fede allora sarà Maria, la Madre, che nella sua vita non ha fatto probabilmente nient’altro di speciale che questo: accogliere Dio in un bambino. E con questo ha fatto tutto.
(Letture: Sapienza 2,12.17-20; Salmo 53; Giacomo 3,16-4,3; Marco 9,30-37)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/accogliere-dio-in-un-bambino-il-segreto-della-vergine-maria
Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro:
«Se uno vuole essere il primo,
sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro:
«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me;
e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Marco 9,30-37
Chi è il più grande?
Di questo avevano discusso lungo la via.
Ed ecco il modo magistrale di Gesù
di gestire le relazioni:
non rimprovera i suoi, non li giudica, non li accusa,
pensa invece ad una strategia
per educarli ancora.
E lo fa con un gesto inedito:
un abbraccio a un bambino.
(Ermes Ronchi)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/accogliere-dio-in-un-bambino-il-segreto-della-vergine-maria
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I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
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VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
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LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron