Mc 16,15…
Gesù disse (agli 11 apostoli): “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato…”
Gesù non ha detto: “se vi sentite, se per voi non è un disturbo, ecc”. Ha proprio detto “Andate”, cioè ha dato un ordine ben preciso sia ai predicatori ( predicate il vangelo) che a coloro che li ascoltano (ogni creatura deve credere e farsi battezzare).
Non può esserci alcun compromesso: ogni uomo, a qualsiasi popolo e società appartenga, deve credere e convertirsi al Vangelo. Non c’è nessun’altra forma di salvezza al di fuori del Vangelo.Sappiamo che il Vangelo è Gesù Cristo con le sue parole e le sue opere. (Chi vede me vede il Padre)
Chi cerca compromessi si mette contro Gesù Cristo stesso e chi è contro Gesù è contro Dio. Il Vangelo non può essere annacquato o strumentalizzato secondo interpretazioni arbitrarie.
Il vostro parlare sia “sì, sì/ no,no”, il resto viene dal maligno. Attenti, quindi, a coloro che predicano un vangelo diverso, che stravolgono il senso della famiglia e della stessa persona per venire incontro alle false esigenze del mondo.
“Gesù Cristo è lo stesso di ieri, oggi e domani.”
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Noi crediamo nello Spirito Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e col Figlio.
Egli ci ha parlato per mezzo dei profeti, ci è stato inviato da Cristo dopo la sua Resurrezione e la sua Ascensione al Padre; Egli illumina, vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si sottraggano alla sua grazia.
La sua azione, che penetra nell’intimo dell’anima, rende l’uomo capace di rispondere all’invito di Gesù: «Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Matth. 5, 48).
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Gesú é salito al Cielo non per andarsene via da noi, ma per farci comprendere che Egli é sempre con noi insieme al Padre ed allo Spirito Santo, in modo ancora più intimo.
Oggi siamo molto più privilegiati rispetto ai discepoli che lo seguivano prima dell’ultima cena, perché possiamo nutrirci di Lui nell’Eucaristia, dove lo riceviamo in corpo, sangue, anima e divinitá.
Se abbiamo la consapevolezza che Gesú vive in noi e permea la nostra anima e tutto il nostro essere, anticipiamo un po’ il Paradiso e trasmettiamo il suo amore anche agli altri.
Questo perché l’amore stesso che Egli ci dona é divino e fonte di ogni vera gioia interiore…
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Fb 16 maggio 21 Ascensione
Nostalgia del cielo (di p. Ermes Ronchi)
Mc 16,15-20
Con l’ascensione inizia la nostalgia del cielo. Di noi che restiamo nella storia, a fidarci di un corpo assente, a fidarci di una Voce.
Andate in tutto il mondo. Che ampio orizzonte in queste parole! È sentirsi protesi verso tutto, allargare le braccia su ogni cosa, respirare ogni vivente, sentire il vangelo, la parola felice, dilagare nei paesaggi del mondo come ossigeno e fresca acqua chiara.
Io sto con la Voce. Continuo a scegliere di starci. La sento cantare dentro, riaccendermi, farsi cuore. E l’assenza diventa una più ardente presenza.
Nel racconto dell’ascensione, a sorpresa, si parla più di me che di Cristo. Io ricevo la stessa consegna degli undici: annunciate. Niente altro. Non dice: organizzate, occupate i posti chiave, assoggettate. Non le vostre idee più belle, non la soluzione dei problemi, non una politica o una teologia, solo vangelo. E mi sembra persino facile.
Gesù spinge i suoi amici a pensare in grande, a guardare lontano: il mondo è vostro!
Lo fa perché crede in loro nonostante abbiano capito poco e siano scappati. E quale gioia sapere che si fida ancora del mio cuore, delle mie mani.
Ma durissima fu la fatica degli apostoli, secondo Marco. Un gruppetto di uomini confusi, con i tre anni di libertà, predicazione e conflitti che sembrano chiudersi in un fallimento. Uomini e donne che stanno a fissare il cielo. Gente che anche nell’ultimo incontro si confonde: lui che parlava del Regno di Dio, loro che capivano il regno di Israele. E invece di restare, Gesù se ne va! Ma con un atto di enorme fiducia: «Ce la farete!»
Nel mio nome scacceranno demoni. I demoni da snidare sono i nuovi padroni del cuore, i pensieri che ci possiedono: l’arrivismo, l’autorealizzazione a spese di tutto, il vuoto dentro.
Se berranno veleni… nella vita c’è chi sparge veleni, ma passeremo indenni tra falsità e cattiverie, perché il nostro antidoto è una Parola salda che fa vivere.
Parleranno lingue nuove: in un mondo cinico l’amore è poliglotta, e il vangelo insegnerà parole luminose con la lingua della tenerezza e della cura, che apre all’ascolto dell’altro.
E partirono a predicare ovunque.
L’ultimo versetto, che chiude il vangelo di Marco e apre il mio vangelo, dice: il Signore operava insieme con loro. Il verbo greco suona così: Il Signore agiva in sinergia con loro.
Come farei altrimenti a scacciare demoni, a prendere in mano serpenti, a bere veleni, a guarire? Lui è con te quando lotti contro il male, offri un bicchiere d’acqua, porgi una parola fresca; con te quando costruisci pace, quando la tua è fame di giustizia.
Ascensione. Cristo non è salito verso l’alto, lui è andato oltre, verso l’intimo delle cose. Non si è spostato di luogo, è andato in profondità, assente e meno assente che mai. E noi qui, “conchiglie ripiene dell’eco dell’infinito silenzio” (Turoldo); noi qui, come Elia sull’Oreb, a incontrare Dio nel brivido del silenzio.
Avvenire Ascensione del Signore Mc16,15-20
Gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne, fedeli e coraggiose. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto, e sono venuti tutti all’appuntamento sull’ultimo colle.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in uomini e donne che dubitano ancora, affidando proprio a loro il mondo e il vangelo. Non rimane con i suoi ancora un po’ di tempo, per spiegare meglio, per chiarire meglio, ma affida loro la lieta notizia nonostante i dubbi. I dubbi nella fede sono come i poveri: li avremo sempre con noi.
Gesù affida il vangelo e il mondo nuovo, sognato insieme, alla povertà di undici pescatori illetterati e non all’intelligenza dei primi della classe. Con fiducia totale, affida la verità ai dubitanti, chiama i claudicanti a camminare, gli zoppicanti a percorrere tutte le strade del mondo: è la legge del granello di senape, del pizzico di sale, della luce sul monte, del cuore acceso che può contagiare di vangelo e di nascite quanti incontra.
Andate, profumate di cielo le vite che incontrate, insegnate il mestiere di vivere, così come l’avete visto fare a me, mostrate loro il volto alto e luminoso dell’umano.
Battezzate, che significa immergete in Dio le persone, che possano essere intrise di cielo, impregnate di Dio, imbevute d’acqua viva, come uno che viene calato nel fiume, nel lago, nell’oceano e ne risale, madido d’aurora.
Ecco la missione dei discepoli: fare del mondo un battesimo, un laboratorio di immersione in Dio, in quel Dio che Gesù ha raccontato come amore e libertà, come tenerezza e giustizia.
Ognuno di noi riceve oggi la stessa missione degli apostoli: annunciate. Niente altro. Non dice: organizzate, occupate i posti chiave, fate grandi opere caritative, ma semplicemente: annunciate.
E che cosa? Il Vangelo, la lieta notizia, il racconto della tenerezza di Dio. Non le idee più belle, non le soluzioni di tutti i problemi, non una politica o una teologia migliori: il Vangelo, la vita e la persona di Cristo, pienezza d’umano e tenerezza del Padre.
L’ascensione è come una navigazione del cuore. Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo. È disceso (asceso) nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come forza ascensionale verso più luminosa vita. “La nostra fede è la certezza che ogni creatura è piena della sua luminosa presenza” (Laudato si’ 100), che “Cristo risorto dimora nell’intimo di ogni essere, circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce” (Laudato si’ 221).
Ascensione A Matteo 28,16-20
I discepoli sono tornati in Galilea, su quel monte che conoscevano bene. Quando lo videro, si prostrarono. Gesù lascia la terra con un bilancio deficitario: gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto. E ci sono tutti all’appuntamento sull’ultima montagna.
Questa è la sola garanzia di cui Gesù ha bisogno. Ora può tornare al Padre, rassicurato di essere amato, anche se non del tutto capito. Adesso sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà.
Essi però dubitarono…Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in persone che dubitano ancora. Non rimane ancora un po’, per spiegare meglio, per chiarire i punti oscuri. Ma affida il suo messaggio a gente che dubita ancora.
Non esiste fede vera senza dubbi. I dubbi sono come i poveri, li avremo sempre con noi. Ma se li interroghi con coraggio, da apparenti nemici diverranno dei difensori della fede, la proteggeranno dall’assalto delle risposte superficiali e delle frasi fatte.
Gesù affida il mondo sognato alla fragilità degli Undici, e non all’intelligenza di primi della classe; affida la verità ai dubitanti, chiama i claudicanti ad andare fino agli estremi della terra, ha fede in noi che non abbiamo fede salda in lui.
A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra… Andate dunque.
Quel dunque è bellissimo: dunque il mio potere è vostro; dunque ogni cosa mia e anche vostra: dunque sono io quello che vive in voi e vi incalza.
Dunque, andate. Fate discepoli tutti i popoli… Con quale scopo? Arruolare devoti, rinforzare le fila? No, ma per un contagio, un’epidemia di vita e di nascite.
E poi le ultime parole, il testamento: Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo: con voi, sempre, mai soli.
Cosa sia l’Ascensione lo capiamo da queste parole. Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima. Se prima era insieme con i discepoli, ora sarà dentro di loro.
Non è andato al di là delle nubi, ma al di là delle forme. È asceso nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme verso l’alto come forza ascensionale verso più luminosa vita: “il Risorto avvolge misteriosamente le creature e le orienta a un destino di pienezza. Gli stessi fiori del campo e gli uccelli che egli contemplò ammirato con i suoi occhi umani, ora sono pieni della sua presenza luminosa” (Laudato Si’ 100).
Chi sa sentire e godere questo mistero, cammina sulla terra come dentro un tabernacolo, dentro un battesimo infinito.
Fb 24 maggio 2020
Acqua come culla
Ascensione festa difficile: come si può far festa per uno che se ne va?
È finito il tempo del pane e del pesce condivisi attorno al fuoco sulla riva del lago, finito il tempo degli incontri e dei nomi uno per uno, che sulle sue labbra parevano bruciare.
L’ascensione è la festa della sua presenza altrimenti: in tutte le cose e in tutti i giorni. Gesù non è andato lontano. E’ avanti e nel profondo, non oltre le nubi ma oltre le forme. Se prima era con i discepoli, ora sarà dentro di loro.
L’ultimo suo appuntamento è su un monte in Galilea, dove tutto ha avuto inizio. I monti sono come indici puntati verso l’infinito, la terra che si addentra nel cielo, sgabello per i piedi di Dio. Sui monti si posa timido il primo sole, e vi indugia, saggio, l’ultimo.
Andate! Dio si è appena fatto trovare e già t’invita ad andare oltre, per “battezzare”, immergere il mondo nel mare suo.
Gesù lascia quasi niente, qui: un gruppetto di uomini confusi che dubitano ancora. E proprio a noi perplessi affida il mondo: crede che noi, che io, riuscirò ad essere lievito e addirittura fuoco, per contagiare di Vangelo chi mi è affidato. Mi spinge a pensare in grande, guardando lontano: il mondo è mio.
Andate! Per arruolare devoti, far crescere nuovi adepti? No, per un contagio, un’epidemia divina da spargere sulla terra. Andate, profumate di cielo le vite che incontrate, insegnate il mestiere del vivere buono, così come l’avete visto da me.
E poi il suo testamento: io sono con voi tutti i giorni, sempre, fino alla fine di ogni tempo.
Cosa sia l’ascensione lo capiamo da queste parole. E’ dentro, nell’intimo del creato e delle creature, e da lì preme come forza verso più luminosa vita.
“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?” È inutile inseguire quel volto, impossibile toccare quel corpo, che ancora non si stanca di avvicinarsi. Gesù si impegna, come danzando, in questo reciproco cercarsi di Dio e dell’uomo: battezzate! Immergete ogni vita nell’oceano di Dio, che sia sommersa e sollevata dalla sua onda mite e possente.
Padre, Figlio, Respiro santo: Dio non è solitudine, l’oceano della sua essenza vibra di un eterno amore in movimento, dove alla sorgente di tutto è la relazione, in principio a tutto, il legame. Io sono più uomo quanto più sono simile all’amore unito, perché la vera missione è trasmettere vita, valori, energia, strade di pienezza.
Tutto ciò che vi comando è: amatevi. Tutto ciò che ho detto del Padre è l’amore, nel dono di vita agli uccelli, ai gigli del campo, ai figli dell’uomo; e voi lo insegnerete.
Insegnate ad essere felici, direbbe Mosè. Insegnate a donare, cioè ad essere vivi, direbbe Paolo.
Che cosa ha detto Cristo, se non insegnate ad amare?
E prima ancora: lasciatevi amare, rimanete nel mio amore, non andatevene via. Solo dopo lo doneremo, affinché possa correre.
Qui è tutto il Vangelo, qui tutto l’uomo.
p.Ermes Ronchi
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Ascensione del Signore – Anno C – 2019
Una «forza di gravità» che spinge verso l’alto
Vangelo – (Luca 24,46-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo (…)
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Ascensione è la navigazione del cuore, che ti conduce dalla chiusura in te all’amore che abbraccia l’universo (Benedetto XVI). A questa navigazione del cuore Gesù chiama gli undici, un gruppetto di uomini impauriti e confusi, un nucleo di donne coraggiose e fedeli. Li spinge a pensare in grande, a guardare lontano, ad essere il racconto di Dio “a tutti i popoli”.
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Nel momento dell’addio Gesù allarga le braccia sui discepoli, li raccoglie e li stringe a sé, prima di inviarli.
Ascensione è un atto di enorme fiducia di Gesù in quegli uomini e in quelle donne che lo hanno seguito per tre anni, che non hanno capito molto, ma che lo hanno molto amato: affida alla loro fragilità il mondo e il vangelo e li benedice.
È il suo gesto definitivo, l’ultima immagine che ci resta di Gesù, una benedizione senza parole che da Betania raggiunge ogni discepolo, a vegliare sul mondo, sospesa per sempre tra cielo e terra.
Mentre li benediceva si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.
Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo. È asceso nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come benedizione, forza ascensionale verso più luminosa vita. Non esiste nel mondo solo la forza di gravità verso il basso, ma anche una forza di gravità verso l’alto, che ci fa eretti, che fa verticali gli alberi, i fiori, la fiamma, che solleva l’acqua delle maree e la lava dei vulcani. Come una nostalgia di cielo.
Con l’ascensione Gesù è asceso nel profondo delle creature, inizia una navigazione nel cuore dell’universo, il mondo ne è battezzato, cioè immerso in Dio. Se solo fossi capace di avvertire questo e di goderlo, scoprirei la sua presenza dovunque, camminerei sulla terra come dentro un unico tabernacolo, in un battesimo infinito.
Luca conclude, a sorpresa, il suo vangelo dicendo: i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia. Dovevano essere tristi piuttosto, finiva una presenza, se ne andava il loro amore, il loro amico, il loro maestro. Ma da quel momento si sentono dentro un amore che abbraccia l’universo, capaci di dare e ricevere amore, e ne sono felici (ho amato ogni cosa con l’addio (Marina Cvetaeva).
Essi vedono in Gesù che l’uomo non finisce con il suo corpo, che la nostra vita è più forte delle sue ferite. Vedono che un altro mondo è possibile, che la realtà non è solo questo che si vede, ma si apre su di un “oltre”; che in ogni patire Dio ha immesso scintille di risurrezione, squarci di luce nel buio, crepe nei muri delle prigioni. Che resta con me “il mio Dio, esperto di evasioni.” (M. Marcolini).
(Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Ebrei 9,24-28;10.19-23; Luca 24,46-53)
Commenti domenica 2 giugno (VII di Pasqua) – p.Ermes – Ascensione nostalgia del cielo
Il Signore è energia che opera con i credenti. Il Risorto è sinergia con te, agisce in ogni gesto di bontà, ogni volta che porgi una parola fresca e viva, costruisce con te quando costruisci pace, quando poni segni di vita.
Il vangelo ne elenca alcuni:
– scacceranno demoni, è la capacità di divincolarsi e sgusciare via dall’abbraccio del Separatore, dalla presa della menzogna;
– parleranno lingue nuove: non si tratta di inventare un altro idioma tra i diecimila parlati, ma è la capacità di parlare in modo nuovo e fresco, da uomo nuovo, come un bambino che sa dirti: ti voglio bene, e ti spacca il cuore; perché chi parla con amore è sempre ascoltabile (F. Rosini);
– prenderanno in mano serpenti e se berranno veleni: i serpenti interiori, quegli sbagli, quel male… le parole velenose che qualche volta ti hanno colpito…
– Imporranno le mani ai malati e questi guariranno! Il Vangelo letteralmente dice non già che “guariranno”, ma che ne avranno del bene, che questo sarà bello per loro. Se ti avvicini a chi soffre e tocchi la sua malattia e trasmetti Spirito, forse guarirà e forse no, ma certamente ne avrà bene, certamente questo sarà bello per lui. Entreranno nel cuore pace, solidarietà, Spirito…
Ascensione è la navigazione del cuore che ti conduce dalla chiusura in te all’amore che abbraccia l’universo (Benedetto XVI). A questa navigazione del cuore Gesù chiama gli undici, un gruppetto di uomini impauriti e confusi, un nucleo di donne coraggiose e fedeli, e affida loro il mondo.
(p. Ermes Ronchi)
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Ascensione del Signore Mc16,15-20
(di p. Ermes Ronchi)
Gesù lascia la terra con un bilancio deficitario: gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne tenaci e coraggiose. Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto, e sono venuti tutti all’appuntamento sull’ultimo colle.
E questa è la sola garanzia di cui Gesù ha bisogno. Ora può tornare al Padre, rassicurato di essere amato, anche se non del tutto capito, e sa che nessuno di quegli uomini e di quelle donne lo dimenticherà.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Di che cosa dubitano? Non che sia risorto. Lo vedono. Hanno mangiato insieme. Non che sia il volto di Dio tra noi. Si prostrano in adorazione.
Di che cosa allora? Dubitano di se stessi, di non farcela, di non essere all’altezza, di non avere forza e cuore e intelligenza.
Lo sanno bene come sono scappati tutti, nella notte del tradimento e lo hanno rinnegato; poi non hanno creduto alle donne a pasqua; poi sono rimasti tappati in casa per giorni e giorni, porte e finestre sbarrate, in quell’aria morta. Conoscono i propri limiti.
Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in uomini e donne che dubitano ancora. Non rimane con loro ancora un tempo, per spiegare meglio, per chiarire meglio. Ma affida la lieta notizia ai loro dubbi.
I dubbi sono come i poveri, li avremo sempre con noi. Ma come i poveri ci sono dati per la nostra salvezza. Per non arrendersi all’ovvio e al risaputo. Il dubbio fa parte della natura della fede, non esiste fede vera senza dubbi.
Gesù affida il suo vangelo e il mondo nuovo che hanno sognato insieme alla fragilità degli 11 e di alcune donne, e non all’intelligenza dei primi della classe.
È grande, proprio perché non si pone come colui che ti risolve i problemi ma come uno che offre orizzonti e incalza ad avanzare;
con fiducia totale affida ai dubitanti la verità, chiama i claudicanti ad andare, gli zoppicanti a correre fino agli estremi della terra: è la legge del granello di senape, del pizzico di sale, dei piccoli che possono essere contagio di vangelo e di nascite.
Con quale scopo? Arruolare devoti, rinforzare il movimento? No, ma per un contagio, un’epidemia divina da spargere sulla terra. Andate, profumate di cielo le vite che incontrate, insegnate il mestiere di vivere, così come l’avete visto in me, mostrate loro quanto sono belli e grandi e amati.
Immergeteli in Dio, ‘battezzare’ vuol dire questo: rendere intrisi di Dio, come è intriso, inzuppato, imbevuto d’acqua chi è calato nel fiume, o sotto una cascata, nel lago, nell’oceano.
Cosa devono fare i discepoli? Fare del mondo un laboratorio di immersione in Dio. Nel Dio che è libertà e amore
Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo ad ogni creatura.
Sono le parole che mi rivelano il cuore di Gesù, il suo desiderio impellente che nessuno sia escluso: Gesù mai stanco di dare vita ad ogni creatura, in ogni angolo della terra.
E guardate chi sceglie per prolungare la sua stessa opera: creature imperfette, dalla fede fragile. Come noi. Come me.
Ognuno di noi riceve oggi la stessa missione degli apostoli: “Annunciate”. Niente altro. Non dice: organizzate, occupate i posti chiave, fate grandi opere caritative, ma semplicemente: “Annunciate”.
E che cosa devo annunciare? Il Vangelo, una lieta notizia, il racconto della tenerezza di Dio. Non le mie idee più belle, non le soluzioni di tutti i problemi, non una politica o una teologia migliore: solo il Vangelo, la vita e la persona di Cristo, racconto della tenerezza del Padre.
L’ultimo versetto del brano di oggi è quello che chiude il Vangelo di Marco e apre il mio Vangelo: “Il Signore operava insieme con loro”. Il verbo greco suona così: “Il Signore era in sinergia con loro”, era la loro energia.
Perché io non sono mai con le mie sole forze, c’è sempre in me forza della mia forza, pace della mia pace, radice delle mie radici, sempre intrecciata alla mia forza, sale in me la forza di Cristo.
A sigillo del vangelo di Marco, questa bella definizione di Gesù:
Il Signore è energia che opera con i credenti.
Il Risorto è sinergia con te, agisce in ogni gesto di bontà, ogni volta che porgi una parola fresca e viva, costruisce con te quando costruisci pace, quando poni segni di vita. Il vangelo ne elenca alcuni:
– scacceranno demoni, è la capacità di divincolarsi e sgusciare via dall’abbraccio del Separatore, dalla presa della menzogna;
– parleranno lingue nuove: non si tratta di inventare un altro idioma tra i diecimila parlati, ma è la capacità di parlare in modo nuovo e fresco, da uomo nuovo, come un bambino che sa dirti: ti voglio bene, e ti spacca il cuore; perché chi parla con amore è sempre ascoltabile (F. Rosini);
– prenderanno in mano serpenti e se berranno veleni: i serpenti interiori, quegli sbagli, quel male… le parole velenose che qualche volta ti hanno colpito…
– Imporranno le mani ai malati e questi guariranno! Il Vangelo letteralmente dice non già che “guariranno”, ma che ne avranno del bene, che questo sarà bello per loro. Se ti avvicini a chi soffre e tocchi la sua malattia e trasmetti Spirito, forse guarirà e forse no, ma certamente ne avrà bene, certamente questo sarà bello per lui. Entreranno nel cuore pace, solidarietà, Spirito…
Ascensione è la navigazione del cuore che ti conduce dalla chiusura in te all’amore che abbraccia l’universo (Benedetto XVI). A questa navigazione del cuore Gesù chiama gli undici, un gruppetto di uomini impauriti e confusi, un nucleo di donne coraggiose e fedeli, e affida loro il mondo.
E partirono e predicarono dappertutto… Li spinge a pensare in grande a guardare lontano: il mondo è tuo. Perché crede in loro, crede nell’uomo. Ha fiducia in me, più di quanta ne abbia io stesso; sa che riuscirò a contagiare di Spirito e di nascite chi mi è affidato.
L’Ascensione al cielo non è una vittoria sulla forza di gravità. Gesù non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo. È asceso nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come forza ascensionale verso più luminosa vita.
La Laudato Si’ dice che lo puoi trovare, unito all’umano, unito ad ogni creatura vivente e perfino, ma davvero, dentro il più piccolo granello di polvere. Il mondo è santo.
Lui ha intriso il mondo, il mondo ne è battezzato, immerso in Dio. Se solo fossi capace di sentirlo e goderlo, camminerei sulla terra come dentro un unico tabernacolo, dentro un battesimo infinito.
Preghiera alla comunione
A te fratello-amico, viandante di una strada senza fine:
Possa la strada alzarsi per venirti incontro
possa il vento essere sempre alle tue spalle
possa il sole splendere caldo sul tuo volto
e la pioggia cadere lieve sui tuoi campi,
oggi e per tanti giorni futuri.
La benedizione della luce sia sempre su di te.
Il sole brilli su di te e riscaldi il tuo cuore.
brilli come un grande fuoco,
a cui possano riscaldarsi gli amici e anche gli sconosciuti.
Che brilli una luce dai tuoi occhi
come una candela sul davanzale di una casa.
Che inviti il viandante ad entrare
per ripararsi dal temporale e dalla notte.
E fino a quando non ci incontreremo di nuovo
possa Iddio tenerci sul palmo della sua mano.
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Un Dio che se ne va per restare ancora più vicino
Ascensione del Signore – Anno A
28 maggio 2017
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
L’ultimo appuntamento di Gesù ai suoi è su di un monte in Galilea, la terra dove tutto ha avuto inizio. I monti sono come indici puntati verso l’infinito, la terra che si addentra nel cielo, sgabello per i piedi di Dio, dimora della rivelazione della luce: sui monti si posa infatti il primo raggio di sole e vi indugia l’ultimo.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù lascia la terra con un bilancio deficitario: gli sono rimasti soltanto undici uomini impauriti e confusi, e un piccolo nucleo di donne tenaci e coraggiose.
Lo hanno seguito per tre anni sulle strade di Palestina, non hanno capito molto ma lo hanno amato molto, e sono venuti tutti all’appuntamento sull’ultima montagna.
E questa è la sola garanzia di cui Gesù ha bisogno. Ora può tornare al Padre, rassicurato di essere amato, anche se non del tutto capito, e sa che nessuno di loro lo dimenticherà.
Gesù compie un atto di enorme, illogica fiducia in uomini che dubitano ancora, non resta a spiegare e a rispiegare. Il Vangelo e il mondo nuovo, che hanno sognato insieme, li affida alla loro fragilità e non all’intelligenza dei primi della classe: è la legge del granello di senape, del pizzico di sale, dei piccoli che possono essere lievito e forse perfino fuoco, per contagiare di Vangelo e di nascite coloro che incontreranno.
Fate discepoli tutti i popoli… Con quale scopo? Arruolare devoti, far crescere il movimento con nuovi adepti? No, ma per un contagio, un’epidemia divina da spargere sulla terra. Andate, profumate di cielo le vite che incontrate, insegnate il mestiere di vivere, così come l’avete visto fare a me, mostrate loro quanto sono belli e grandi.
E poi le ultime parole, il suo testamento: Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo: con voi, sempre, fino alla fine. Cosa sia l’ascensione lo capiamo da queste parole. Non è andato lontano o in alto, in qualche angolo remoto del cosmo, ma si è fatto più vicino di prima. Se prima era insieme con i discepoli, ora sarà dentro di loro. Non è andato al di là delle nubi ma al di là delle forme. È asceso nel profondo delle cose, nell’intimo del creato e delle creature, e da dentro preme come forza ascensionale verso più luminosa vita.
Quel Gesù che ha preso per sé la croce per offrirmi in ogni mio patire scintille di risurrezione, per aprire brecce nei muri delle mie prigioni, lui è il mio Dio esperto di evasioni!
(Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Efesini 1,17-23; Matteo 28,16-20 )
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I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
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6 luglio 2005
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