Santa Giacinta Marto, una veggente di Fatima, diceva di pensare spesso alla guerra che doveva venire, nella quale morirà tanta gente e quasi tutta andrà all’inferno. (Memoria di suor Lucia pag. 125) Siamo consapevoli di cosa significa essere all’Inferno per sempre e crediamo davvero che esiste? Quanto soffrono i cuori di Gesù e di Maria nel non essere da noi ascoltati?
Non poter vedere più la luce, le bellezze naturali della Creazione… non godere della pace interiore, odiare tutto e tutti, essere in compagnia dei cattivi e dei diavoli, non poter godere Dio insieme ai santi e agli angeli buoni ed esistere senza alcuna speranza di uscirne perché l’inferno è eterno! Cerchiamo di amare il Signore sempre di più evitando il peccato.
Ma se dovessimo cadere nel peccato rialziamoci pentiti, confessiamoci subito e facciamo penitenza per noi stessi e per tutti gli altri. La cosa fondamentale è amare Dio ed il prossimo in Lui. Fidarsi di Lui e mettersi nelle sue mani. Poi ci penserà il Cuore Immacolato di Maria, se lo invochiamo.
La Misericordia di Dio non ha limiti!
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Gesù aveva portato Santa Teresa d’Avila a visitare personalmente l’Inferno ed ella, molto impressionata, lo aveva descritto.
Così anche per Santa Faustina Kowalska
La Madonna, durante le apparizioni di Fatima, aveva mostrato l’inferno ai tre veggenti ed aveva chiesto loro di sacrificarsi per la salvezza delle anime.Due di loro ora sono santi: San Francesco e santa Giacinta Marto.
La Regina della Pace a Medjugorje aveva portato alcuni veggenti anche all’inferno chiedendo preghiere per la salvezza dei peccatori affinché non piombino in quel terribile posto per tutta l’eternità.
Come cristiani abbiamo il dovere di convertirci e pregare spesso gli uni per gli altri, privilegiando i più grandi peccatori perché rischiano di più la terribile condanna eterna.
Prendiamo coscienza dei peccati mortali che si commettono spesso e non sottovalutiamo la Santa Messa domenicale e festiva: chi la tralascia per trascuratezza pecca gravemente e se non si pente e non si confessa si danna per tutta l’eternità.
Ricordiamoci che stanno aumentando le morti improvvise anche tra i giovani.
Preghiamo spesso gli uni per altri affinché il Signore ci preservi dal fuoco dell’inferno stimolando in noi il vero pentimento.
Gesù Misericordioso, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia!
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Gesù alla veggente Luz Amparo durante le apparizioni di El Escorial
“Guarda il mio cuore figlia mia! Se gli uomini fossero capaci di darmi una piccola parte del loro amore e di consolarmi! Ma invece ricevo ingratitudine, disprezzo, persecuzioni. F
igli miei, quale immenso amore io nutro per gli uomini e da parte loro quanto poco amore il ricevo! La maggioranza degli uomini sono come blocchi di ghiaccio e non lasciano fondere il ghiaccio che portano nel loro cuore da questo vulcano di fuoco che io ho in me…
Io sono venuto a versare il sangue per tutta l’umanità, per la salvezza degli uomini, ma molti uomini la calpestano, mi rigettano, mi disprezzano, ma per coloro che aprono le loro labbra e nel cuore dei quali io sento una particella di amore, il mio cuore fonde e infiamma per salvarli.
E così io sono Misericordioso e sono giudice.. voglio che si parli della mia Misericordia e della mia Giustizia.”
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I nostri occhi sono un immenso dono del Creatore.
Dobbiamo esserne profondamente consapevoli, perché ciò può avere ripercussioni importanti sul nostro equilibrio interiore e sulla nostra stessa felicità.
Pensiamo spesso a cosa realmente servono i nostri occhi: con essi osserviamo la natura, le persone, il cielo…
Con essi possiamo godere dei colori e delle forme di tutto ciò che si presenta alla luce del sole e possiamo ammirare anche le stelle.
Ci consentono di camminare evitando i pericoli, di lavorare o progettare, di vedere ciò che mangiamo o ciò che tocchiamo, di scrivere e creare qualcosa con le nostre mani.
Gli occhi ci sono stati donati per tantissime funzioni.
Diceva però Gesù: ” se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, càvalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco”.
(Mt 18,6-10)
Ciò significa che gli occhi possono essere usati anche per fare il male a se stessi ed agli altri.
Ecco perché è importante essere consapevoli che gli occhi sono un grandissimo dono da custodire per il Regno dei Cieli.
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Fb 23 maggio 21
Pentecoste
Gv 15,26-27; 16,12-15
L’UNIVERSO OBBEDISCE ALL’AMORE di p. Ermes Ronchi
La Bibbia è un libro di strade e di vento. E così i racconti della Pentecoste, pieni di strade e vento su Gerusalemme, respiro leggero e uragano impetuoso. Vento che scuote la casa, la riempie e passa oltre, e mentre tu sei impegnato a tracciarne i confini, lui spalanca finestre e dilata lo sguardo. E tu stesso confini con Dio.
“Riempì la casa dove erano insieme”. Spirito che non si lascia sequestrare, nei luoghi che noi diciamo sacri. Ora sacra diventa la casa. La mia, la tua, e tutte le case saranno cielo di Dio.
Venne d’improvviso, e furono colti di sorpresa. Non erano preparati, non era programmato; lo Spirito non sopporta schemi, è vento di libertà e di libere vite.
Apparvero lingue di fuoco, a posarsi su ciascuno. Il fuoco è la cosa più semplice, è voglia di amare la vita, è lo stupore di vivere accesi. Noi nasciamo già accesi, i bambini sono accesi, poi i colpi della vita possono spegnerci.
Lingue di fuoco a posarsi su tutti, nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Lo Spirito tocca ogni vita, la diversifica, fa nascere creatori e sposa una libertà, afferma una vocazione, rinnova un’esistenza unica.
Abbiamo bisogno dei doni dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro piccolo mondo, per dare a ognuno una genialità che gli è propria. E la Chiesa ha bisogno di discepoli geniali, ha il bisogno estremo che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità a servizio della vita. Al proprio coraggio.
Lo Spirito ti rende unico nel modo di amare. Come Dio, che dopo aver creato l’uomo, ne spezza la forma e la butta via. Unico, nel tuo modo di consolare e di incontrare; unico, nel tuo modo di gustare la bellezza di cose e persone. Nessuno sa voler bene come lo sai fare tu; nessuno ha la gioia di vivere che hai tu; e nessuno ha il dono di capire i fatti come li comprendi tu.
Questa è l’opera dello Spirito: è la meraviglia del primo giorno!
“Com’è che li sentiamo parlare la nostra lingua nativa?” Lo Spirito parla ad ogni uomo da sempre, si rivolge a quella parte profonda e nativa che è in ciascuno, che scavalca razze, nazioni, culture, età. E la Parola diventa mia lingua, mia passione, mio fuoco. Diventa la parte migliore di me.
“Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra”. Guardati attorno, cerca, ascolta il vento sugli abissi e il respiro del tuo cuore: la terra trabocca del fuoco divino. Cerca la bellezza, l’amore in ogni amore. Piena ne è la terra, instancabile il respiro di Dio sui suoi cieli, sui suoi deserti e le sue foreste, sui suoi bambini e i suoi anziani; e le donne, che sono la cosa più vicina a Dio (C. Bobin).
Ricevetelo! Come all’origine lo ha ricevuto Adamo, reso uomo per il respiro di Dio in lui; alito di vita nelle sue narici, per essere nascituro sempre e incamminato.
Lo Spirito presiede alle nascite. Il suo lavoro è dare la vita.
Avvenire Pentecoste Gv 15,26-27; 16,12-15
Quando verrà lo Spirito, vi guiderà a tutta la verità. È l’umiltà di Gesù, che non pretende di aver detto tutto, di avere l’ultima parola su tutto, ma parla della nostra storia con Dio con solo verbi al futuro: lo Spirito verrà, annuncerà, guiderà, parlerà. Un senso di vitalità, di energia, di spazi aperti! Lo Spirito come una corrente che trascina la storia verso il futuro, apre sentieri, fa avanzare. Pregarlo è come affacciarsi al balcone del futuro. Che è la terra fertile e incolta della speranza.
Lo Spirito provoca come un cortocircuito nella storia e nel tempo: ci riporta al cuore, accende in noi, come una pietra focaia che alleva scintille, la bellezza di allora, di gesti e parole di quei tre anni di Galilea. E innamorati della bellezza spirituale diventiamo “cercatori veraci di Dio, che inciampano in una stella e, tentando strade nuove, si smarriscono nel pulviscolo magico del deserto” (D.M. Montagna).
Siamo come pellegrini senza strada, ma tenacemente in cammino (Giovanni della Croce), o anche in mezzo a un mare piatto, su un guscio di noce, dove tutto è più grande di noi. In quel momento: bisogna sapere a ogni costo/ far sorgere una vela / sul vuoto del mare (Julian Gracq). Una vela, e il mare cambia, non è più un vuoto in cui perdersi o affondare; basta che sorga una vela e che si lasci investire dal soffio vigoroso dello Spirito (io la vela, Dio il vento) per iniziare una avventura appassionante, dimenticando il vuoto, seguendo una rotta.
Che cos’è lo Spirito santo? È Dio in libertà. Che inventa, apre, scuote, fa cose che non t’aspetti. Che dà a Maria un figlio fuorilegge, a Elisabetta un figlio profeta, e che in noi compie instancabilmente la medesima opera di allora: ci rende grembi del Verbo, che danno carne e sangue e storia alla Parola.
Dio in libertà, un vento nomade, che porta pollini là dove vuole, porta primavere e disperde le nebbie, e ci fa tutti vento nel suo Vento.
Dio in libertà, che non sopporta statistiche. Gli studiosi cercano ricorrenze e schemi costanti; dicono: nella Bibbia Dio agisce così. Non credeteci. Nella vita e nella Bibbia, Dio non segue mai degli schemi.
Abbiamo bisogno dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro mondo stagnante, senza slanci. Per questa chiesa che fatica a sognare.
Lo Spirito con i suoi doni dà a ogni cristiano una genialità che gli è propria. E l’umanità ha bisogno estremo di discepoli geniali. Abbiamo bisogno cioè che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità, e così possa tenere alta la vita con l’inventiva, il coraggio, la creatività, che sono doni della Spirito.
Allora non mancherà mai il vento al mio veliero, o a quella piccola vela che freme alta sul vuoto del mare.
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(di p. Ermes Ronchi)
Termina qui il vagabondaggio libero e felice sulle strade e lungo le sponde del lago: all’orizzonte si staglia Gerusalemme.
Si profila la follia sconosciuta della croce. Dio non vuole assomigliare ai potenti, lui è venuto per le vittime e i torturati del mondo, e da allora la nostra storia con Lui ruota attorno allo scandalo della croce.
Accettare Gesù come Messia è ammissibile, ma che lui debba morire in modo orrendo, è inaccettabile, e Pietro si rifiuta. Gesù allora lo invita ad aprirsi al nuovo che irrompe: “Pietro, torna a metterti dietro a me. Seguimi nel modo giusto, il tuo cuore ne è capace”.
Non è solo Pietro ad opporsi, ma anche gli altri. E allora Gesù allarga a tutti lo stesso invito e ne detta le condizioni.
Se uno “vuol” venire… Ma perché dovrei volere questo? Qual è la molla? Lo rivelerà poco dopo: se vuoi salvare la tua vita.
Grande energia della sequela, istinto vitale e bello!
…rinneghi se stesso. Parole pericolose. Non significa annullarsi, diventare sbiadito o incolore. Gesù non vuole dei frustrati al suo seguito, ma gente dai pieni talenti. Non vuole uno sterminato corteo di gente con la croce addosso, ma l’immenso andare insieme verso più vita.
Significa che non sei tu la misura di tutto, e che il segreto è ben oltre te.
Sostituiamo la parola croce con la parola amore, e la frase diventa: chi vuole venire con me, prenda tutto il “suo” amore, tutto quello di cui è capace, e mi segua. Dice Gesù: vivi le mie stesse passioni e lì troverai vita.
Gesù guarda all’orizzonte dei giorni supremi, sapendo che il male si scioglierà solo portandolo, sulla croce. Croce da “prendere”, da scegliere: ricordati che non avere nessuno per cui valga la pena perdere la vita è già morire. Perdere per trovare. È la fisica dell’amore.
Tutti, io per primo, abbiamo paura del dolore; ci sia concesso però di non aver paura del dolore che viene dall’amore. Dimentica che esisti quando dici che ami ( J. Twarkowski), e troverai vita.
E quando all’orizzonte intravedo una croce io non ci sto, e con Pietro mi sento un po’ tradito. Allora mi soccorre Geremia, il profeta sedotto, che tuttavia si sente solo e incompreso, e protesta la sua amarezza. Pietro è deluso nel suo entusiasmo. Dio che seduce e poi delude? Sì, perché ti chiama a pensare come lui, a seguire le sue vie lontane dalle nostre vie, lontane dal tuo vecchio cuore.
Dove trovare l’energia per seguirlo? Ancora Geremia: “nel mio cuore c’era un fuoco ardente, mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo… Anche il profeta vuole “trovare vita”. Quella cosa che tutti cerchiamo, ovunque, in tutti i giorni sotto il sole. E la vita è ciò che arde.
Senza il fuoco di Dio per me, io sarei niente. Guadagnerei il mondo ma perderei me stesso.
Avvenire XXII anno A Matteo 16,21-27
Se qualcuno vuole venire dietro a me… Vivere una storia con lui, ha un avvio così leggero e liberante: se qualcuno vuole. Se vuoi. Tu andrai o non andrai con Lui, scegli, nessuna imposizione; con lui “maestro degli uomini liberi”, “fonte di libere vite” (Turoldo), se vuoi. Ma le condizioni sono da vertigine. La prima: rinnegare se stessi. Un verbo pericoloso se capito male. Rinnegarsi non significa annullarsi, appiattirsi, mortificare quelle cose che ti fanno unico. Vuol dire: smettila di pensare sempre solo a te stesso, di girarti attorno. Il nostro segreto non è in noi, è oltre noi. Martin Buber riassume così il cammino dell’uomo: “a partire da te, ma non per te”. Perché chi guarda solo a se stesso non si illumina mai.
La seconda condizione: prendere la propria croce, e accompagnarlo fino alla fine. Una delle frasi più celebri, più citate e più fraintese del vangelo. La croce, questo segno semplicissimo, due sole linee, lo vedi in un uccello in volo, in un uomo a braccia aperte, nell’aratro che incide il grembo di madre terra. Immagine che abita gli occhi di tutti, che pende al collo di molti, che segna vette di monti, incroci, campanili, ambulanze, che abita i discorsi come sinonimo di disgrazie e di morte. Ma il suo senso profondo è altrove. La croce è una follia. Un “suicidio per amore”, sosteneva Alain Resnais. Gesù parla di una croce che ormai si profila all’orizzonte e lui sa che a quell’esito lo conduce la sua passione per Dio e per l’uomo, passioni che non può tradire: sarebbe per lui più mortale della morte stessa.
Prendi la tua croce, scegli per te qualcosa della mia vita. Di lui, il coraggioso che osa toccare i lebbrosi e sfidare i boia pronti a uccidere l’adultera; il forte che caccia dal tempio buoi e mercanti; il molto tenero che si commuove per due passeri; il rabbi che ama i banchetti e le albe nel deserto; il povero che mai è entrato nei palazzi dei potenti se non da prigioniero; il libero che non si è fatto comprare da nessuno; senza nessun servo, eppure chiamato Signore; il mite che non ha vinto nessuna battaglia ed ha conquistato il mondo. Con la croce, con la passione, che è appassionarsi e patire insieme. Perché “dove metti il tuo cuore là troverai anche le tue ferite” (Francesco Fiorillo).
Se vuoi venire dietro a me… Ma perché seguirlo? Perché andargli dietro? È il dramma di Geremia: basta con Dio, ho chiuso con lui, è troppo. Chi non l’ha patito? Beato però chi continua, come il profeta: nel mio cuore c’era come un fuoco, mi sforzavo di contenerlo ma non potevo. Senza questo fuoco (roveto ardente, lampada, o semplice cerino nella notte), posso anche guadagnare il mondo ma perderei me stesso.
Lo Spirito Santo, Terza Persona della SS. Trinità, è autore di ogni bene ed è sorgente di acqua viva…
Viene a rinnovare la faccia della terra
Ci ispira il disprezzo per i peccati
Irradia con la sua luce le nostre anime
Imprime la sua legge nei nostri cuori
Ci infiamma col fuoco del suo amore
Riversa in noi i tesori delle sue grazie
Ci insegna a pregare col cuore
Ci illumina con le sue ispirazioni divine
Ci guida lungo la via della salvezza
Ci fa riconoscere l’Amore di Dio per noi
Ci ispira la pratica del bene
Ci dona la sua pace
Ci rende perseveranti nella giustizia
È la nostra perenne ricompensa
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Chi ha ostinatamente rifiutato di credere nell’esistenza di Dio, nel momento in cui muore si troverà davanti alla Verità così luminosa che non riuscirà a fissarla per un solo momento.
Vedrà la sua anima così come essa è, anche se non ha mai voluto credere nella sua esistenza e nella sua immortalità.
In un istante saranno presenti nella sua lucida coscienza tutti i momenti della sua vita terrena e vedrà chiaramente tutte le occasioni che ha avuto per credere in Dio: segni naturali, eventi, esempi, comunicazioni, insegnamenti ecc.
Proverà un senso di amarezza così forte per aver combattuto contro la Verità, che non riuscirà a sopportare se stesso. Vedrà anche quante anime ha rovinato col suo ateismo, e questo gli procurerà uno dei dolori più forti.
Ma se non si era pentito nell’ultimo momento della sua vita, non potrà essere assimilato all’Amore divino nel quale ostinatamente non ha creduto.
Infatti nell’aldilà non c’è il tempo cronologico come pensiamo, ma tutto avviene nell’istante divino. Non potrà più pentirsi perché, vivendo nelle tenebre, è lui stesso tenebra e non sopporta la luce della Verità, per cui sprofonda in un abisso di disperazione odiando se stesso, gli altri e Dio. È proprio questo tremendo odio il fuoco interiore che brucia in eterno senza mai estinguersi.
Messaggio della Regina della Pace (Medjugorje, 25 luglio 1982)
Oggi molti vanno all’inferno. Dio permette che i suoi figli soffrano nell’inferno perché hanno commesso colpe gravissime e imperdonabili. Coloro che vanno all’inferno non hanno più possibilità di conoscere una sorte migliore.
Le anime dei dannati non si pentono e continuano a rifiutare Dio. E lo maledicono ancor più di quanto non facessero prima, quando erano sulla terra. Diventano parte dell’inferno e non vogliono essere liberate da quel luogo.
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Molte sono le pene che patiscono le anime benedette del Purgatorio, ma la maggiore è il pensiero che esse con i loro peccati commessi in vita sono state la causa dei dolori che soffrono. L’altra pena che molto le affligge è il tempo perduto in vita, in cui potevano acquistare più meriti per il paradiso, e che a questa perdita non vi possono più rimediare; poiché finito il tempo della vita, è finito ancora il tempo di meritare.
Un’altra gran pena tormenta quelle anime benedette ed è la vista spaventosa dei loro peccati, che stanno pagando. Al presente in questa vita non si conosce la bruttezza de’ peccati; ma ben si conosce nell’altra vita, e questa è una delle maggiori pene, che patiscono le anime del purgatorio. La pena poi che più affligge quelle anime spose di Gesù Cristo è il pensare che in vita con le loro colpe hanno dato disgusto a quel Dio, che tanto amano…
Le anime del purgatorio conoscono assai più di noi quanto è amabile Dio, e l’amano con tutte le loro forze: pensando di averlo disgustato in vita, provano un dolore che supera ogni altro dolore. Un’altra gran pena è lo stare in quel fuoco a patire, senza sapere quando finiranno i loro tormenti. Sanno bensì per certo che ne saranno liberate un giorno, ma l’incertezza del quando giungerà il fine del loro penare, è per esse un tormento ben grande.
Quelle benedette anime quanto sono consolate dalla memoria della passione di Gesù Cristo e del SS. Sacramento dell’altare, giacché per mezzo della passione si trovano salve, e per mezzo delle Comunioni e delle Messe hanno ricevute e ricevono tante grazie; altrettanto sono tormentate dal pensiero di essere state ingrate in vita a questi due grandi benefici dell’amore di Gesù Cristo.
Accrescono poi la pena di quelle anime benedette tutti i benefici particolari ricevuti da Dio, come l’essere state fatte cristiane, l’esser nate in paesi cattolici, l’essere state aspettate a penitenza e perdonate dei loro peccati; sì, perché tutti fanno loro conoscere maggiormente l’ingratitudine che hanno usata con Dio. Di più è una pena troppo amara per quelle anime benedette il pensare che Dio in vita ha loro usate tante misericordie speciali non usate con gli altri; ed esse con i loro peccati l’hanno costretto a odiarle, e condannarle all’inferno, benché poi per sua mera misericordia le ha perdonate e salvate.
Grandi sono insomma tutte le pene di queste benedette anime: il fuoco, il tedio, l’oscurità, l’incertezza del quando saranno liberate da quel carcere, ma fra tutte la pena maggiore di quelle sante spose è lo stare lontane dal loro sposo e private di vederlo.
da: http://lameditazionedicristo.blogspot…
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O Spirito Santo, che procedi dal Padre e dal Figlio…
Tu sai infinitamente meglio di noi quanto grandi siano le nostre fragilità ed il nostro egoismo. Rendici sempre più consapevoli che senza il tuo aiuto non riusciamo a migliorare la nostra vita interiore, perché sei Tu che ci ravvivi col fuoco del tuo perenne Amore.
Fa’ che non ci scoraggiamo mai se cadiamo in tentazione, ma aiutaci a risollevarci con la speranza della nostra salvezza finale.
Aiutaci a mettere in pratica le parole di Gesù Cristo, nostro Signore, affinché la nostra vita sia una continua lode al Padre, anche se ci sentiamo deboli e fragili.
Sei Tu, o Santo Spirito, che ci doni la forza per rinunciare alle varie occasioni di peccato. Donaci il vero discernimento per combattere le insidie del maligno che vuole condurci con sé nella perdizione eterna.
Aumenta la nostra fede, la speranza e l’Amore e che Tu sia da tutti noi sempre glorificato insieme al Padre ed al Figlio.
Amen
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Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Dio non è neutrale e nemmeno la sua pace
XX Dom. T. O. – Anno C – agosto 2019
Vangelo (Luca 12,49-53)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione […]»
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. E come vorrei che divampasse. È stato detto che la religione era l’oppio dei popoli, ottundimento e illusione. Nell’intenzione di Gesù il Vangelo è invece «l’adrenalina dei popoli» (B. Borsato), porta «il morso del più» (L. Ciotti), più visione, più coraggio, più creatività, più fuoco.
Pensate che io sia venuto a portare la pace? No, vi dico, ma la divisione. Dio non è neutrale: vittime o carnefici non sono la stessa cosa davanti a lui, tra ricchi e poveri ha delle preferenze e si schiera. Il Dio biblico non porta la falsa pace della neutralità o dell’inerzia, ma «ascolta il gemito» e prende posizione contro i faraoni di sempre. La divisione che porta evoca il coraggio di esporsi e lottare contro il male. «Perché si uccide anche stando alla finestra» (L. Ciotti), muti davanti al grido dei poveri e di madre terra, mentre soffiano i veleni degli odi, si chiudono approdi, si alzano muri, avanza la corruzione. Non si può restarsene inerti a contemplare lo spettacolo della vita che ci scorre a fianco, senza alzarsi a lottare contro la morte, ogni forma di morte. Altrimenti il male si fa sempre più arrogante e legittimato.
Sono venuto a portare il fuoco, l’alta temperatura morale in cui soltanto avvengono le trasformazioni positive del cuore e della storia. E come vorrei che divampasse! Come quella fiammella che a Pentecoste si è posata sul capo di ogni discepolo e ha sposato una originalità propria, ha illuminato una genialità diversa per ciascuno. Abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali, con fuoco. La Evangelii gaudium invita i credenti a essere creativi, nella missione, nella pastorale, nel linguaggio. Propone instancabilmente non l’omologazione, ma la creatività; invoca non l’obbedienza ma l’originalità dei cristiani. Fino a suggerire di non temere eventuali conflitti che ne possono seguire (Eg 226), perché senza conflitto non c’è passione.
Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Un invito pieno di energia, rivolto alla folla cioè a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi alla maggioranza o ai sondaggi d’opinione. Giudicate da voi stessi, intelligenti e liberi, svegli e sognatori, andando oltre la buccia delle cose: «La differenza decisiva non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa» (C.M. Martini). Tra chi si domanda che cosa c’è di buono o di sbagliato in ciò che accade, e chi non si domanda più niente. Giudicate da voi… Siate profeti – invito forte e quante volte disatteso! – siate profeti anche scomodi, dice il Signore Gesù, facendo divampare quella goccia di fuoco che lo Spirito ha seminato in ogni vivente.
(Letture: Geremia 38,4-6.8-10; Salmo 39; Ebrei 12,1-4; Luca 12,49-53)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/dio-non-eneutralee-nemmenola-sua-pace
Il Vangelo a cura di Ermes Ronchi
Lo Spirito Santo? È Dio in libertà
Domenica di Pentecoste -Anno C – giugno 2019
Giovanni 14, 15-16.23-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Lo Spirito, il misterioso cuore del mondo, radice di ogni femminilità che è nel cosmo (Davide M. Montagna), vento sugli abissi e respiro al primo Adamo, è descritto in questo vangelo attraverso tre azioni: rimarrà con voi per sempre, vi insegnerà ogni cosa, vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Tre verbi gravidi di bellissimi significati profetici: “rimanere, insegnare e ricordare”.
Rimanere, perché lo Spirito è già dato, è già qui, ha riempito la “camera alta”
di Gerusalemme e la dimora intima del cuore. Nessuno è solo, in nessuno dei giorni. Se anche me ne andassi lontano da lui, lui non se ne andrà mai. Se lo dimenticassi, lui non mi dimenticherà. È un vento che non ci spinge in chiesa, ma ci spinge a diventare chiesa, tempio dove sta tutto Gesù.
Insegnare ogni cosa: nuove sillabe divine e parole mai dette ancora, aprire uno spazio di conquiste e di scoperte. Sarà la memoria accesa di ciò che è accaduto “’in quei giorni irripetibili” quando la carne umana è stata la tenda di Dio, e insieme sarà la tua genialità, per risposte libere e inedite, per oggi e per domani. Letteralmente “in-segnare” significa incidere un segno dentro, nell’intimità di ciascuno, e infatti con ali di fuoco/ ha inciso lo Spirito /come zolla il cuore (Davide M. Montagna).
Ricordare: vuol dire riaccendere la memoria di quando passava e guariva la vita e diceva parole di cui non si vedeva il fondo; riportare al cuore gesti e parole di Gesù, perché siano caldi e fragranti, profumino come allora di passione e di libertà. Lo Spirito ci fa innamorare di un cristianesimo che sia visione, incantamento, fervore, poesia, perché “la fede senza stupore diventa grigia” (papa Francesco).
Un dettaglio prezioso rivela una caratteristica di tutte e tre le azioni dello Spirito: rimarrà sempre con voi; insegnerà ogni cosa, ricorderà tutto.
Sempre, ogni cosa, tutto, un sentore di pienezza, completezza, totalità, assoluto. Lo Spirito avvolge e penetra; nulla sfugge ai suoi raggi di fuoco, ne è riempita la terra (Sal 103), per sempre, per una azione che non cessa e non delude. E non esclude nessuno, non investe soltanto i profeti di un tempo, le gerarchie della Chiesa, o i grandi mistici pellegrini dell’assoluto. Incalza noi tutti, cercatori di tesori, cercatrici di perle, che ci sentiamo toccati al cuore dal fascino di Cristo e non finiamo mai di inseguirne le tracce.
Che cos’è lo Spirito santo? È Dio in libertà. Che inventa, apre, fa cose che non t’aspetti. Che dà a Maria un figlio fuorilegge, a Elisabetta un figlio profeta. E a noi dona, per sempre, tutto ciò di cui abbiamo bisogno per diventare, come madri, dentro la vita donatori di vita.
(Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Romani 8,8-17; Giovanni 14, 15-16.23-26)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/lo-spiritosanto-e-dioin-liberta
Commenti al Vangelo domenica di Pentecoste – 9 giugno – p.Ermes – Dio vento nomade
Battesimo del Signore – Anno C
Il cielo si apre. Siamo tutti figli di Dio nel Figlio
Vangelo – Luca 3, 15-16.21-22
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il Battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
«Viene dopo di me colui che è più forte di me”. In che cosa consiste la forza di Gesù? Lui è il più forte perché parla al cuore. Tutte le altre sono voci che vengono da fuori, la sua è l’unica che suona in mezzo all’anima. E parla parole di vita.
«Lui vi battezzerà…» La sua forza è battezzare, che significa immergere l’uomo nell’oceano dell’Assoluto, e che sia imbevuto di Dio, intriso del suo respiro, e diventi figlio: a quanti l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). La sua è una forza generatrice («sono venuto perché abbiano la vita in pienezza», Gv 10,10), forza liberante e creativa, come un vento che gonfia le vele, un fuoco che dona un calore impensato.
«Vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Il respiro vitale e il fuoco di Dio entrano dentro di me, a poco a poco mi modellano, trasformano pensieri, affetti, progetti, speranze, secondo la legge dolce, esigente e rasserenante del vero amore. E poi mi incalzano a passare nel mondo portando a mia volta vento e fuoco, portando libertà e calore, energia e luce. Gesù stava in preghiera ed ecco, il cielo si aprì. La bellezza di questo particolare: il cielo che si apre. La bellezza della speranza! E noi che pensiamo e agiamo come se i cieli si fossero rinchiusi di nuovo sulla nostra terra. Ma i cieli sono aperti, e possiamo comunicare con Dio: alzi gli occhi e puoi ascoltare, parli e sei ascoltato.
E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». La voce annuncia tre cose, dette per Gesù e per ciascuno di noi: “Figlio” è la prima parola: Dio è forza di generazione, che come ogni seme genera secondo la propria specie. Siamo tutti figli di Dio nel Figlio, frammenti di Dio nel mondo, specie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue e nel respiro.
“Amato” è la seconda parola. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ogni giorno ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è “amato”. Immeritato amore, incondizionato, unilaterale, asimmetrico. Amore che anticipa e che prescinde da tutto.
“Mio compiacimento” è la terza parola. Che nella sua radice contiene l’idea di una gioia, un piacere che Dio riceve dai suoi figli. Come se dicesse a ognuno: figlio mio, ti guardo e sono felice.
Se ogni mattina potessi immaginare di nuovo questa scena: il cielo che si apre sopra di me come un abbraccio, un soffio di vita e un calore che mi raggiungono, il Padre che mi dice con tenerezza e forza: figlio, amore mio, mia gioia, sarei molto più sereno, sarei sicuro che la mia vita è al sicuro nelle sue mani, mi sentirei davvero figlio prezioso, che vive della stessa vita indistruttibile e generante.
(Letture: Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 103; Tito 2,11-14;3,4-7; Luca 3, 15-16.21-22).
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Dal primo libro dei Re 1Re 19,9a.11-16
In quei giorni, Elia, giunto al monte di Dio, l’Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la parola del Signore: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”.
Ed ecco che il Signore passò.
Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.
Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco.
Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna.
Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: “Che cosa fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita”. Il Signore gli disse: “Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re su Israele e ungerai Eliseo figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto”.
di p. Ermes Ronchi
Pentecoste Gv 15,26-27.16,12-15
Vi saluto cari amici, in modo particolare in questa festa di Pentecoste. Vorrei salutare ciascuno con un inchino, perché a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito santo. Inchinarmi davanti a ciascuno e dire: Saluto il Dio che è in te.
Se non sono stato segno dello Spirito nella libertà, nella creatività, nella novità di vita, nel continuo spirare e creare e ricreare questa umanità nuova, ti prego:
Vieni e rinnovaci Signore
Se non sono stato creatura di fuoco, del fuoco che riscalda e illumina e consola e trasforma, se abbiamo preferito una chiesa spegnitrice…
Vieni e rinnovaci Signore
Per la mia chiesa che ha paura del fuoco e del vento, se abbiamo spento lo Spirito nelle anime, o nelle attese dell’umanità, per noi e per la chiesa ti preghiamo:
Vieni e rinnovaci Signore
Omelia
Che cos’è lo Spirito santo? È Dio in libertà.
Che inventa, apre, fa cose che non t’aspetti. Che dà a Maria un figlio fuorilegge, a Elisabetta un figlio profeta.
Dio è libero sempre, ma oggi mi piace immaginarlo libero, mentre gioca con la sua creazione, mentre lascia il cielo e scende nei nostri pascoli. Per entrare in noi e dimorare: è il travaso di Dio nell’anima di ciascuno di noi. Gli piace vivere di noi. Piace anche a lui nutrirsi di nutrimenti terreni.
Dio in libertà, un vento nomade, che porta pollini dove vuole, là dove vuole primavere, che disperde le nebbie.
Dio in libertà. Dio che non sopporta statistiche. Gli studiosi cercano ricorrenze e schemi costanti. Dicono: nella Bibbia Dio agisce così. Non credeteci. Nella vita e nella Bibbia, Dio non segue mai degli schemi.
Libero come lo è il vento, la cosa più libera che ci sia, che alle volte è una brezza leggera, alle volte un uragano che scuote la casa e la città; la sua Parola alle volte voce sottile del silenzio, alle volte un fuoco chiuso dentro le ossa del profeta.
Libero: agisce contro il gigante Golia con una fionda di pastore, oppure contro il Faraone con due levatrici.
Ma che bello il nostro Dio! L’ho scelto per questo. Mi commuovono certe storie impossibili. Il re Saul vede il suo regno a pezzi e va da una vecchia negromante, una strega in una caverna a Endor (1 Sam 28,7) per farsi evocare lo spirito di Samuele. Il profeta viene, ma gli annuncia con durezza la fine sua e dei suoi figli. Il re Saul sta male, cade a terra, ed ecco che la vecchia strega, che sa di rischiare la vita, è lei a prendersi cura del re, gli spezza il pane, prepara il vitello grasso, anticipa una parabola bellissima, è madre misericordiosa, invoca Dio. Una strega china sul grande re prega.
Quella donna qui vince il suo cattivo mestiere, e mostra che tutti siamo potenzialmente capaci di fare cose e dire parole migliori di quelle che la vita ci fa fare e dire tutti i giorni. E le sue parole “risorgono” Saul-
Una scena buia, che si svolge in una caverna, eppure un raggio di luce e di pietà emana da una donna scartata e scomunicata e illumina tutto l’ambiente (L. Bruni). E che cos’è che la rende capace di pietà e di luce se non lo Spirito di Dio? Che illumina una scomunicata…
Infinita umanità della bibbia. È l’ultima cena di Saul, forse le ultime parole buone che la vita, Samuele e Dio gli avevano negato. La Bibbia è infinita anche per questo, per gesti di donne e uomini ordinari, spesso scartati e peccatori, che consentono alla parola biblica di essere qualche volta più umana delle parole di Dio pronunciate dai suoi profeti.
Immagine dello Spirito Santo: che è dato a ciascuno, parole di Paolo, per una manifestazione particolare, per un pezzetto di storia buona.
Alle volte ci sentiamo come in mezzo a un mare piatto, su un guscio di noce, tutto è più grande di noi. Ricordo il verso di un poeta, Julian Gracq: bisogna sapere a ogni costo far sorgere una vela sul vuoto del mare.
Una vela e il mare cambia, non è più un vuoto in cui perdersi o affondare; basta che sorga una vela, che si lasci investire dal soffio vigoroso dello Spirito per iniziare una avventura appassionante, dimenticando il vuoto, seguendo una direzione.
Dove c’è lo Spirito del Signore lì c’è la libertà(2 Cor 3,17).
Posso essere incompreso, ma sono libero.
Posso essere mortificato, ma sono libero.
Posso vedere che a vincere sono sempre i più furbi o spregiudicati, ma io sono libero di dire da che parte sta il nostro Dio e di alzare il mio argine, e dire: non ti è lecito.
Se penso alla libertà di qualcuno, penso alla sua unicità, al suo essere originale, inconfondibile, insostituibile. Perciò essere liberi, meglio: diventare liberi – non è solo un diritto inalienabile e una possibilità, è il nostro esistere come persone uniche, creative, capaci di dare risposte nuove alla vita, soluzioni inedite. Perfino come la strega di Endor.
Libertà è uguale a creatività, a immaginazione. Sei libero per essere creatore, per mettere al mondo qualcosa che non esiste ancora.
Nel racconto di Luca: Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Lo Spirito tocca ogni vita, le diversifica tutte, fa nascere creatori. Le lingue di fuoco si dividono e ognuna illumina una persona diversa, una interiorità irriducibile. Ognuna sposa una libertà, afferma una vocazione, rinnova una esistenza unica. E ogni credente ha tanto Spirito Santo quanto ne ha il papa. Ognuno di noi ha tutto lo Spirito che gli serve per essere creatore, cioè a immagine di Dio.
Abbiamo bisogno dello Spirito, ne ha bisogno questo nostro piccolo mondo stagnante, senza slanci. Per questa chiesa che fatica a sognare. Lo Spirito con i suoi doni dà a ogni cristiano una genialità che gli è propria. E abbiamo bisogno estremo di discepoli geniali. Abbiamo bisogno cioè che ciascuno creda al proprio dono, alla propria unicità e che metta a servizio della vita la propria creatività e il proprio coraggio. La chiesa come pentecoste continua vuole il rischio, l’invenzione, la poesia creatrice, la battaglia della coscienza.
Ma ricordiamoci di invocarlo lo Spirito. Dio è talmente delicato che viene da te se tu lo chiami. Perché Dio è rispettoso.
Il vangelo che abbiamo ascoltato oggi ha tutti i verbi al futuro: lo Spirito verrà, annuncerà, parlerà. Che senso di vitalità, di energia. Lo Spirito è una corda tesa verso il futuro, apre sentieri, e soffia forte in quella vela che hai fatto sorgere sul vuoto del mare.
E ti porta avanti; e da là dove ti eri fermato ti fa ripartire. Non viene dal passato, viene dal futuro. Che è il territorio, la terra fertile e incolta della speranza.
Verrà lo Spirito vi guiderà a tutta la verità. Gesù che non ha la pretesa di dire tutto, come invece troppe volte l’abbiamo noi, ha l’umiltà di affermare: la verità è avanti, è un percorso, un futuro. Ecco allora la gioia di sentire che i discepoli del Vento appartengono ad un progetto aperto, non ad un sistema chiuso. Che in Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga.
Niente cattolici depressi, allora. Perché non mancherà mai il vento al mio veliero. Non mancherà a quella piccola vela, che ho fatto sorgere sul vuoto del mare.
PREGHIERA ALLA COMUNIONE
O Santo Spirito, amoroso respiro
e alito appassionato del Cristo.
O turbine di fuoco che si abbatte
su ogni vecchia Gerusalemme
con rombo potente.
Radice di ogni femminilità
che è nel cosmo.
O santo vento,
torna ancora libero e liberante
a turbare il nostro presente
con imprevedibili uragani,
perché guardiamo fidenti
con la tua fantasia
oltre gli orizzonti brevi
dei nostri piccoli sogni
verso nuove primavere.
O memoria salutare dell’Eterno,
o supremo, dolcissimo desiderio
che ci rendi frementi di nostalgia e grati
mentre rapido giungi all’improvviso
e subito scompari,
facci tutti alla fine
vento nel Vento,
ognuno ancora in missione,
ognuno vento nel tuo Vento,
o Spirito Creatore.
(D.M. Montagna)
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6 luglio 2005
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