di p.Ermes Ronchi Fb 30 luglio – XVIIMt 13,44-52
IL BUON AFFARE (di p.Ermes Ronchi)
Con due parabole brevi e lampeggianti, Gesù dipinge su un fondo d’oro il dittico gioioso della fede. Evoca tesori e perle, termini bellissimi e inusuali nel nostro rapporto con Dio. Lo diresti un linguaggio da romanzi, da pirati e da avventure; da favole e da innamorati e non da teologi o da liturgie, che però racconta la fede come una forza che trasforma la vita, che la fa incamminare, correre e perfino volare.
Il contadino va e vende tutto quello che ha per comprare il campo. Si tratta di una rinuncia? No, di una moltiplicazione! Il mercante investe tutto quello che ha, perché quella perla gli ha rubato il cuore. Lasciano tutto, ma per avere tutto. Vendono tutto, ma per guadagnare tutto. È l’affare della vita.Il cristianesimo non è sacrificio o rinuncia, non è la religione dei perdenti.
È la storia di cercatori d’oro, ai quali il presente non basta; la storia di gente che ha scoperto giacimenti di benessere, la perla del “ben vivere”, da cui non torna indietro.I credenti sono così: scelgono, e scegliendo bene guadagnano. Non sono più buoni degli altri, sono però più ricchi: hanno un tesoro di risorse cui attingere, perle di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. Hanno lo sbalordimento per la bellezza di DioLa sorpresa è che il protagonista vero della parabola non è il contadino, ma il tesoro.
Protagonista vera della vita spirituale è la perla preziosa, capace di convocare mercanti dagli angoli della terra, forza che da sempre, da subito ha fatto partire discepoli del Nazareno verso i luoghi più sperduti del mondo.E tutto nasce da una sorpresa, da un “che bello!” a pieno cuore, da un contagio di riflessi d’oro, che precedono la vendita dei beni. Senza questa meraviglia iniziale, il sacrificio non genera che tristezza, freddo, disamore, consumazione del cuore.E vale per il bracciante chino sulla zolla non sua, come per l’esperto mercante, intenditore appassionato e ostinato, che gira il mondo inseguendo il suo sogno, perché nessun viaggio è lungo per chi ama.
Contadini o cercatori, tutti noi discepoli avanziamo nella vita non per decreti o divieti, ma per scoperta di tesori. Non per atti di volontà, ma per trasalimenti di occhi e di cuore. Noi avanziamo per una passione (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore, cfr Mt 6,21), per innamoramenti e per la gioia che accendono. Mi sento contadino fortunato, mi sento mercante ricco perché ho fatto l’affare della mia vita: ho conosciuto il piacere di credere, buttandoci tutto; so il piacere di amare Dio, più che per altri amare un tesoro.
E dico grazie a Colui mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni della mia vita, assieme a molti altri cercatori di Dio, contadini o mercanti, che non hanno la mappa del tesoro in tasca, ma la tracciano lungo la strada, a quattro mani con Dio, esplorando frontiere, coltivando la terra.
SEGUIMI:
Mondocrea: https://mondocrea.it
Facebook https://www.facebook.com/pierangelo.piai
Instagram https://www.instagram.com/pierangelopiai
Se volete essere aggiornati sui nuovi video che realizzo (quasi 5000) iscrivetevi al mio canale youtube “UNIVERSO INTERIORE piaipier”: / piaipier
Chi desidera può diventare membro della confraternita “COMUNIONE DEI SANTI” (può così ricevere e dare solidarietà nella preghiera tra i membri).
Basta iscriversi al canale “UNIVERSO INTERIORE piaipier”: / @piaipier
a cura di https://mondocrea.it PER LE DONAZIONI:https://www.paypal.com/paypalme/piaipi
Fb 30 luglio – XVII
Mt 13,44-52
Il buon affare (di p.Ermes Ronchi)
Con due parabole brevi e lampeggianti, Gesù dipinge su un fondo d’oro il dittico gioioso della fede. Evoca tesori e perle, termini bellissimi e inusuali nel nostro rapporto con Dio. Lo diresti un linguaggio da romanzi, da pirati e da avventure; da favole e da innamorati e non da teologi o da liturgie, che però racconta la fede come una forza che trasforma la vita, che la fa incamminare, correre e perfino volare.
Il contadino va e vende tutto quello che ha per comprare il campo. Si tratta di una rinuncia? No, di una moltiplicazione! Il mercante investe tutto quello che ha, perché quella perla gli ha rubato il cuore. Lasciano tutto, ma per avere tutto. Vendono tutto, ma per guadagnare tutto. È l’affare della vita.
Il cristianesimo non è sacrificio o rinuncia, non è la religione dei perdenti. È la storia di cercatori d’oro, ai quali il presente non basta; la storia di gente che ha scoperto giacimenti di benessere, la perla del “ben vivere”, da cui non torna indietro.
I credenti sono così: scelgono, e scegliendo bene guadagnano. Non sono più buoni degli altri, sono però più ricchi: hanno un tesoro di risorse cui attingere, perle di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. Hanno lo sbalordimento per la bellezza di Dio
La sorpresa è che il protagonista vero della parabola non è il contadino, ma il tesoro. Protagonista vera della vita spirituale è la perla preziosa, capace di convocare mercanti dagli angoli della terra, forza che da sempre, da subito ha fatto partire discepoli del Nazareno verso i luoghi più sperduti del mondo.
E tutto nasce da una sorpresa, da un “che bello!” a pieno cuore, da un contagio di riflessi d’oro, che precedono la vendita dei beni. Senza questa meraviglia iniziale, il sacrificio non genera che tristezza, freddo, disamore, consumazione del cuore.
E vale per il bracciante chino sulla zolla non sua, come per l’esperto mercante, intenditore appassionato e ostinato, che gira il mondo inseguendo il suo sogno, perché nessun viaggio è lungo per chi ama.
Contadini o cercatori, tutti noi discepoli avanziamo nella vita non per decreti o divieti, ma per scoperta di tesori. Non per atti di volontà, ma per trasalimenti di occhi e di cuore. Noi avanziamo per una passione (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore, cfr Mt 6,21), per innamoramenti e per la gioia che accendono. Mi sento contadino fortunato, mi sento mercante ricco perché ho fatto l’affare della mia vita: ho conosciuto il piacere di credere, buttandoci tutto; so il piacere di amare Dio, più che per altri amare un tesoro.
E dico grazie a Colui mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni della mia vita, assieme a molti altri cercatori di Dio, contadini o mercanti, che non hanno la mappa del tesoro in tasca, ma la tracciano lungo la strada, a quattro mani con Dio, esplorando frontiere, coltivando la terra.
Avvenire XVII domenica
Il regno dei cieli è simile a un tesoro. Tesoro: parola magica, parola da innamorati, da avventure, da favole, ma anche da Vangelo. Accade con Dio ciò che accade a chi trova un tesoro o una perla: un capovolgimento totale e gioioso che travolge l’esistenza, qualcosa che fa la differenza tra prima e dopo.
Ebbene, anche nei nostri giorni disillusi e scontenti, in questa epoca di “passioni tristi” il vangelo osa proporre, come una manciata di luce, la storia di una passione felice, che crede nell’esito buono della storia, comunque buono.
Perché nel mondo sono in gioco forze più grandi di noi, che lavorano per seppellire tesori, far emergere perle; sorgenti alle quali possiamo sempre attingere, che non vengono mai meno e che “sono per noi”.
Un uomo trova un tesoro e pieno di gioia va. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala. Entrare nel Vangelo “ è come entrare in un fiume di gioia” (papa Francesco), respirare un’aria fresca e carica di pollini.
Dio instaura con noi la pedagogia della gioia! Nel libro del Siracide è riportato un testo sorprendente: Figlio, per quanto ti è possibile, trattati bene… Non privarti di un solo giorno felice (Sir 14.11.14). E’ l’invito affettuoso del Padre ai suoi figli, il volto di un Dio attraente, bello, solare, il cui obiettivo non è essere finalmente obbedito o venerato da questi figli sempre ribelli che noi siamo, ma che adopera tutta la sua pedagogia per crescere figli felici. Come fanno ogni padre e madre. Figlio non privarti di un giorno felice! Prima che chiedere preghiere, Dio offre tesori. E il vangelo ne possiede la mappa.
Quell’uomo va e vende quello che ha. Il contadino e il mercante vendono tutto, ma per guadagnare tutto. Non perdono niente, lo investono. Fanno un affare. Così sono i cristiani: scelgono e, scegliendo bene, guadagnano. Non sono più buoni degli altri, ma più ricchi: hanno un tesoro di speranze, di coraggio, di libertà, di cuore, di Dio. “Cresce in me la convinzione di portare un tesoro d’oro fino che devo consegnare agli altri” (S. Weil).
Tesoro e perla sono i nomi che dà al suo amore chi è innamorato. Con la carica di affetto e di gioia, con la travolgente energia, con il futuro che sprigiona. Due nomi di Dio sulla bocca di Gesù. Il vangelo mi incalza: Dio per te è un tesoro o soltanto una fatica? E’ la perla della tua vita o solo un dovere?
Mi sento contadino fortunato, mercante ricco perché conosco il piacere di credere, il piacere di amare Dio: una festa del cuore, della mente, dell’anima.
Non è un vanto, ma una responsabilità! E dico grazie a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni della vita.
(di p.Ermes Ronchi)
Noi percepiamo solo una piccolissima frazione della realtá che ci circonda.
Questo a causa dei limiti spazio-temporali in cui esistiamo e che la nostra stessa mente pigramente non vuol prendere molto in considerazione.
Ma c’é un un centro di appercezione nascosto nella nostra intimitá che supera ogni barriera spazio-temporale, il quale attende da noi una progressiva consapevolezza per essere attivato. Inizia con l’intuizione, poi con la identificazione dei vari simboli per procedere verso una comprensione sempre piú integrale del tutto.
L’ anima che c’é in noi é il vero centro di appercezione, proprio perché essa proviene direttamente dal Creatore, fatta a sua immagine e somiglianza….
Il “Padre nostro”, la preghiera che Gesù ci ha insegnato, contiene in sintesi tutta la sua dottrina e la sua stessa vita. La vita di Cristo era “preghiera vivente” mediante la volontà unita a quella del Padre e l’azione unita a quella dello Spirito Santo.
Nel “Padre nostro” ritrovi tutti gli insegnamenti fondamentali che sono eternamente validi per ogni uomo che vuole raggiungere la pienezza a cui era stato destinato.
Recitiamola spesso questa preghiera vitale, soffermandoci a riflettere anche sui minimi particolari: spesso ciò che sfugge allo sguardo superficiale e distratto è estremamente importante.
Non recitiamola in fretta, perchè serve a poco. Un’anima contemplativa fa della sua vita una preghiera vivente.
Se saprà fare tesoro degli insegnamenti contenuti in questa splendida preghiera raggiungerà presto la beatitudine già nella vita terrena.
(dal mio libro : “Come ci vedono dall’aldilà” p. 224)
Se volete essere aggiornati sui nuovi video che realizzo (più di 3000) iscrivetevi al mio canale youtube “UNIVERSO INTERIORE piaipier”: http://www.youtube.com/user/piaipier
Chi desidera può diventare membro della confraternita “COMUNIONE DEI SANTI” (può così ricevere e dare solidarietà nella preghiera tra i membri).
Basta iscriversi al canale “UNIVERSO INTERIORE piaipier”: https://www.youtube.com/channel/UCEvG…
Un contadino e un mercante trovano tesori. Lo trova uno che, occhi fissi al suo lavoro, per caso, tra rovi e sassi, su un campo non suo, si imbatte nell’inaudito!
Lo trova l’altro, intenditore esperto che sa bene dove cercare, navigante per il quale la ricerca stessa è pura gioia: andare e ancora andare, occhi che guardano oltre. E il suo fiuto gli dà ragione.
Un bellissimo Dio che non sopporta le statistiche: a tutti è dato incontrarlo, o esserne incontrati.
Come un tesoro nascosto in un campo. Parola magica, da innamorati, da favole, da storie grandi.
I protagonisti della parabola non sono i due fortunati, ma il tesoro, che da sempre convoca mercanti e discepoli del Vangelo da ogni angolo della terra. Un tesoro ci attende, a dire che l’esito della storia sarà felice, comunque e nonostante tutto, perché sono in gioco forze più grandi, e il grande segreto è ben oltre noi.
Tesoro e perla sono nomi di Dio. E sono per me, contadino e mercante, e mi chiedono: ma Dio è un tesoro o un dovere? È una perla o un obbligo?
Cristo è tesoro e perla per me, e seguirlo è stata l’azione migliore della mia vita. Mi sento contadino fortunato, mercante immeritatamente ricco! E ringrazio Lui che mi ha fatto inciampare in uno e in molti tesori, lungo molti giorni e strade della mia vita, facendola diventare una finestra di gioia nel cielo.
I discepoli stessi non hanno soluzioni, ma cercano! Con gioia! Come quel trepidante uomo, che in fretta va! Vende! Compra! E tutti trovano perle seminate nel mare della vita, perché credere ci sprona a cercare, proiettarci, lavorare il campo, scovare dal tesoro cose nuove e cose antiche.
Noi avanziamo solo cercando tesori (là dov’è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore) con fame di bellezza, come ostinati mercanti che cercano le perle più belle.
Chiedi al Signore la gioia e Lui ti risponderà dandoti vita.
Gioia non facile: c’è un campo da lavorare, rovi e sudore, tesori da trovare e nascondere, un tutto da vendere e investire. Ma il cristianesimo non è rinuncia, è tesoro. Se uno stupore, un “che bello!”, non precede le rinunce, esse saranno solo tristezza, disamore, consumazione del cuore, freddo.
La vita non è etica ma estetica, e avanza dritta per attrazione, sedotta dalla bellezza di Cristo e del mondo come lui lo sogna.
Allora lascerò tutto, per avere tutto. Venderò tutto, per guadagnare tutto.
Ma come diventerò cercatore di perle?
L’uomo compra il campo ma non il tesoro, che sa attendere. Chiederò il dono di Salomone: dammi Tu un cuore che ascolta.
Tesoro immenso per ascoltare Dio e il grido di Abele, e cielo e terra, e angeli e parabole; per ascoltare la cattedra dei piccoli della terra. Solo allora vedremo tesori nascosti.
L’uomo che vive davvero è un cercatore d’oro che avanza verso ciò che di buono ama. E questo lo rende eterno.
Avvenire XVII anno A Mt 13,44ss
Gesù, con due parabole simili, brevi e lampeggianti, dipinge come su un fondo d’oro il dittico lucente della fede.
Evoca tesori e perle, termini bellissimi e inusuali nel nostro rapporto con Dio. Lo diresti un linguaggio da romanzi, da pirati e da avventure, da favole o da innamorati, non certo da teologi o da liturgie, che però racconta la fede come una forza vitale che trasforma la vita, che la fa incamminare, correre e perfino volare. Annuncia che credere fa bene! Perché la realtà non è solo questo che si vede: c’è un “di più” raccontato come tesoro, ed è accrescimento, incremento, intensità, eternità, addizione e non sottrazione . “La religione in fondo equivale a dilatazione” (G. Vannucci). Siamo da forze buone misteriosamente avvolti: Qualcuno interra tesori per noi, semina perle nel mare dell’esistenza, “il Cielo prepara oasi ai nomadi d’amore” (G. Ungaretti). .
“Trovato il tesoro, l’uomo va, pieno di gioia, vende tutto e compra quel campo”. Si mette in moto la vita, ma sotto una spinta che più bella non c’è per l’uomo, la gioia. Che muove, mette fretta, fa decidere, è la chiave di volta.
La visione di un cristianesimo triste, che si innesca nei momenti di crisi, che ha per nervatura un senso di dovere e di colpa, che prosciuga vita invece di aggiungerne, quella religiosità immatura e grigia è lontanissima dalla fede solare di Gesù.
Dio ha scelto di parlarci con il linguaggio della gioia, per questo seduce ancora.
Viene con doni di luce avvolti in bende di luce (Rab’ia). Vale per il povero bracciante e per l’esperto mercante, intenditore appassionato e ostinato che gira il mondo dietro il suo sogno. Ma nessun viaggio è lungo per chi ama. Noi avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione, per scoperta di tesori (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il tuo cuore, cfr Mt 6,21)); avanziamo per innamoramenti e per la gioia che accendono.
I cercatori di Dio, contadini o mercanti, non hanno le soluzioni in tasca, le cercano. Aver fede è un verbo dinamico: bisogna sempre alzarsi, muoversi, cercare, proiettarsi, guardare oltre; lavorare il campo, viaggiare, scoprire sempre, interrogare sempre.
In queste due parabole, tesoro, perla, valore, stupore, gioia sono nomi di Dio. Con la loro carica di affetto, con la travolgente energia, con il futuro che dischiudono.
Si rivolgono alla mia fede e mi domandano:
ma Dio per te è un tesoro o soltanto un dovere?
E’ una perla o un obbligo?
Mi sento contadino fortunato, mercante dalla buona sorte. E sono grato a Colui che mi ha fatto inciampare in un tesoro, in molte perle, lungo molte strade, in molti giorni: davvero incontrare Cristo è stato l’affare migliore della mia vita!
XIX domenica anno C. 11 agosto 2019
di p. Ermes Rochi
Benvenuti. Siamo arrivati qui ciascuno con le nostre anfore vuote, per metterle sotto la fontana che è il Signore, che siano riempite di luce, di coraggio, di cuore.
Omelia
L’idea-forza, l’idea ispiratrice del mondo nuovo come Gesù lo vuole è nel verbo servire, è nel coraggio di prendersi cura. Non possiamo neppure cominciare a parlare di etica senza un sentimento di cura.
Il nome nuovo della civiltà è servizio, espresso oggi nelle parabole sui servi.
Nella notte aspettano il padrone. Restare svegli fino all’alba, con le vesti già strette ai fianchi, con le lampade sempre accese, è “un di più” che ha il potere di incantare il padrone al suo arrivo.
Non lo fanno per paura, non per dovere, la loro è come l’attesa nella notte di quei genitori insonni finché i loro ragazzi sono fuori il sabato notte, a una festa, in ansia fino a che non li sentono rientrare in casa.
Come l’attesa dell’amata nel Cantico dei Cantici: io dormo, ma il mio cuore veglia (5,2).
Se alla fine della notte lo troverà sveglio…Se lo troverà…, se. La fedeltà del servo non è ovvia, un fatto dovuto. Il padrone non sa, non se l’aspetta e trovare all’alba chi lo accoglie è per Dio una sorpresa e una gioia, uno stupore. Dove mi sembra che risuoni la voce di un Signore felice: questi miei figli, capaci ancora di stupirmi! Con un di più, un eccesso, una veglia fino all’alba, un vaso di profumo, un perdono di tutto cuore, due spiccioli nel tesoro del tempio, l’abbraccio al più piccolo.
E allora scatta in lui una risposta gioiosa, eccessiva, liberante: li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E’ il capovolgimento dell’idea di padrone: il punto commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade l’impensabile: il signore si mette a fare il servo! Dio viene e si pone a servizio del benessere dei suoi, e i servi sono signori. E il Signore è servo.
Gesù ribadisce, perché si imprima bene, l’atteggiamento sorprendente del padrone: si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. È l’immagine clamorosa, che solo Gesù ha osato, di Dio nostro servitore; quel Dio capovolto, che lui ha rivelato e incarnato nell’ultima sera, cingendo un asciugamano, prendendo fra le sue mani i piedi dei discepoli, facendo suo il ruolo proprio dello schiavo o della donna.
Non il padrone dei padroni, non il re dei re o il signore dei signori, non il dio degli dei, Lui è il servitore di ogni vita, di tutta la vita.
Le tre piccole parabole di oggi sono ambientate nella notte, immagine della fatica, della nostra cronaca aggrovigliata, di tutte le paure che escono dal buio dell’anima; simbolo dell’attesa della luce.
È nella notte che spesso capiamo che cosa è essenziale. È nel lungo silenzio che sentiamo crescere e arrampicarsi in noi le cose importanti della vita. Nella notte diventiamo credenti. Nella notte, quando le forze mancano e la fatica è troppa. Quando ci sembra di non farcela più e la disperazione fa pressione alle porte del cuore, quando Dio è lontano, allora mantenere accese le lucerne. Accese nonostante. Accese comunque.
Vale molto di più accendere una lampada nella notte che imprecare contro il buio.
Hai molte lampade, accendile tutte (S. Ambrogio). Le molte lampade non sono le idee degli opinionisti famosi, non le trovo negli articoli del mio giornale preferito, o sul TG della sera.
Lampada ai miei passi e la sua parola, sono i richiami del Signore sparpagliati nella bibbia, nell’intimo della coscienza, negli eventi della storia, nelle creature, nel gemito e nel giubilo del creato.
Gemito del mondo. La più grave malattia di oggi è la cardiosclerosi, l’indurimento del cuore, l’indifferenza. Il cuore duro è quella malattia che aveva il potere di rendere triste Gesù, di farlo perfino arrabbiare: e girando lo sguardo attorno, adirato per la durezza del loro cuore disse all’uomo: stendi la mano, guarisci!
Per tre volte Gesù ribadisce una beatitudine: beati, benedetti quei servi. La fortuna del servo, la sua benedizione non deriva dalla forza di volontà per restare sveglio, non è frutto della sua bravura.
La nostra fortuna, di noi servi inaffidabili, consiste nel fatto di avere un padrone come questo, pieno di fiducia in noi, che non nutre sospetti, cuore luminoso, che ti affida la casa, le chiavi, le persone. Nessuno ha un Dio come il nostro!
Il miracolo è un Dio che ha fede, fiducia nell’uomo.
La fiducia del mio Signore mi conquista, mi commuove, ad essa rispondo. Io crederò in lui, perché lui crede in me.
Sarà il Signore che io servirò perché è l’unico che si è fatto mio servitore.
Dov’è il tuo tesoro, lì c’è intero il tuo cuore. Parole consolanti. E qual è il mio tesoro se non il cumulo delle mie speranze, e le persone per cui trepido e gioisco e soffro? Vero tesoro sono sempre le persone e mai le cose. Un tesoro di persone e di speranze è il motore della vita.
Il nostro cuore vive soltanto se gli offriamo tesori da sperare, da cercare. Altrimenti non vive.
La nostra vita è viva e sveglia se abbiamo coltivato tesori di passione per il bene possibile, per un sorriso possibile, per l’amore possibile, per un mondo migliore possibile.
La nostra vita è viva quando sappiamo prenderci cura di qualcuno, dei piccoli e dei loro sogni, di me e del mondo.
Della vita, di tutta la vita, contro la morte, ogni tipo di morte.
Tu ti incarichi della gioia di altri e Dio si incarica della tua gioia.
Preghiera alla comunione
Donaci un cuore attento che sa cogliere la tua fiducia in noi.
E alla fine della notte, vieni, Signore,
pastore delle costellazioni e pastore del cuore,
vieni con lo splendore dell’incontro vero.
Vieni con quella forza d’amore che ti fa essere servo.
Vieni, come esultanza di ogni figlio.
E sarai Tu il tesoro dove è posto il nostro cuore,
tesoro che nulla consuma,
oro che brilla anche nel luogo più oscuro,
come una colonna di fuoco, come una lucerna accesa,
come un cuore amante. Amen.
Camminiamo verso Colui che ha nome Amore, pastore di costellazioni e pastore dei cuori, che ci metterà a tavola e passerà a servirci, con tutta la gioia di un Padre sorpreso dall’amore di questi suoi figli, questo piccolo gregge, coraggioso e mai arreso piccolo gregge, che veglia sui tesori di Dio, che veglia fino alle porte della luce.
III^ DOMENICA T.O. anno A
Vangelo – Mt 4,12-23 12
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nazareth e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
Il Vangelo – Ermes Ronchi
III Domenica T. O. Anno A
22 gennaio 2017
E lasciarono tutto per Gesù, come chi trova un tesoro
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. (…)
Il Battista è appena stato arrestato, un’ombra minacciosa cala su tutto il suo movimento. Ma questo, anziché rendere prudente Gesù, aumenta l’urgenza del suo ministero, lo fa uscire allo scoperto, ora tocca a lui. Abbandona famiglia, casa, lavoro, lascia Nazaret per Cafarnao, non porta niente con sé, solo una parola: convertitevi perché il regno dei cieli è vicino. È l’annuncio generativo del Vangelo.
Convertitevi è l’invito a rivoluzionare la vita: cambiate visione delle cose e di Dio, cambiate direzione, la strada che vi hanno fatto imboccare porta tristezza e buio. Gesù intende offrire lungo tutto il Vangelo una via che conduca al cuore caldo della vita, sotto un cielo più azzurro, un sole più luminoso, e la mostrerà realizzata nella sua vita, una vita buona bella e beata.
Ed ecco il perché della conversione: il regno si è fatto vicino. Che cos’è il regno dei cieli, o di Dio? «Il regno di Dio verrà con il fiorire della vita in tutte le sue forme» (Giovanni Vannucci). Il regno è la storia, la terra come Dio la sogna.
Gesù annuncia: è possibile vivere meglio, per tutti, e io ne conosco la via; è possibile la felicità. Nel discorso sul monte dirà: Dio procura gioia a chi produce amore. È il senso delle Beatitudini, Vangelo del Vangelo.
Questo regno si è fatto vicino. È come se Gesù dicesse: è possibile una vita buona, bella e gioiosa; anzi, è vicina. Dio è venuto, è qui, vicinissimo a te, come una forza potente e benefica, come un lievito, un seme, un fermento. Che nulla arresterà.
E subito Gesù convoca persone a condividere la sua strada: vi farò pescatori di uomini. Ascolta, Qualcuno ha una cosa bellissima da dirti, così bella che appare incredibile, così affascinante che i pescatori ne sono sedotti, abbandonano tutto, come chi trova un tesoro. La notizia bellissima è questa: la felicità è possibile e vicina. E il Vangelo ne possiede la chiave. E la chiave è questa: la nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore (Evangelii gaudium).
Il Vangelo ne possiede il segreto, la sua parola risponde alle necessità più profonde delle persone. Quando è narrato adeguatamente e con bellezza, il Vangelo offre risposte ai bisogni più profondi e mette a disposizione un tesoro di vita e di forza, che non inganna, che non delude.
La conclusione del brano è una sintesi affascinante della vita di Gesù. Camminava e annunciava la buona novella, camminava e guariva la vita. Gesù cammina verso di noi, gente delle strade, cammina di volto in volto e mostra con ogni suo gesto che Dio è qui, con amore, il solo capace di guarire il cuore. Questo sarà anche il mio annuncio: Dio è con te, con amore. E guarirà la tua vita.
(Letture: Isaia 8,23-9,3; Salmo 26; 1 Corinzi 1,10-13.17; Matteo 4,12-23)
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/e-lasciarono-tutto-per-gesu-come-chi-trova-un-tesoro
![]() verso etern.DOC |
I 10 SEGRETI DI MEDJUGORJE (di Padre Livio Fanzaga):
![]() segretimedjugorje.MP3 |
VIDEO RELATIVI AI MESSAGGI DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE
PLAYLIST RELATIVA A MEDJUGORJE (MESSAGGI E COMMENTI IN VIDEO)
https://www.youtube.com/playlist?list=PL_I8V9Z5YmOY_O1E9krjhlTo3O_k-L-6y
LE APPARIZIONI DELLA MADONNA A PORZUS – Nuova versione
6 luglio 2005
IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA IN AUDIO
Catechesi e omelie di padre Lino Pedron