19 Novembre 2017

VIVERE ACCESI

 

di p. Ermes Ronchi

Domenica XXXII A

Matteo 25,1-13

Una parabola difficile, una conclusione dura (“non vi conosco”), un racconto pieno anche di incongruenze. Tutti i protagonisti della parabola fanno brutta figura: lo sposo con il suo ritardo esagerato che mette in crisi tutte le ragazze; le cinque stolte che non hanno pensato a un po’ d’olio di riserva; le sagge che si rifiutano di condividere; e quel padrone che chiude la porta della casa in festa, cosa che non si faceva, perché tutto il paese partecipava alle nozze, entrava e usciva dalla casa in festa… Gesù usa tutte una serie di incongruenze per provocare e rendere attento l’uditorio. Eppure è bello questo racconto, mi piace sentire che il Regno è simile a dieci ragazze che sfidano la notte, armate solo di un po’ di luce. Di quasi niente. Per andare incontro a qualcuno. Il regno dei cieli, il mondo come Dio lo sogna, è simile a chi va incontro, Il regno dei cieli è simile a dieci piccole luci nella notte, a gente coraggiosa che si mette per strada e osa sfidare il buio e il ritardo del sogno; e che ha l’attesa nel cuore, perché aspetta qualcuno, “uno sposo”, un po’ d’amore dalla vita, lo splendore di un abbraccio in fondo alla notte. Ci crede. Nella notte: cioè nel pessimismo, nella delusione, nella stanchezza, in quell’aria di scoraggiamento e di sfascio che ha preso tutta questa nostra stagione civile, noi dovremmo essere gente che sa prendere la propria lampada: c’è da andare incontro e va; c’è da fare qualcosa e lo fa. Perché il mondo cambia se noi cambiamo. Noi, testimoni della luce, come è detto di Giovanni Battista (cf. Gv 1, 7-8). In questa notte scura,
qualcuno di noi, nel suo piccolo,
è come quei “lampadieri” di una volta, che,
camminando davanti agli altri, tengono la pertica rivolta all’indietro,
appoggiata sulla spalla,
con la lanterna in cima.
Così,
il “lampadiere” vede poco davanti a sé,
ma consente ai viaggiatori che vengono dietro di lui di camminare più sicuri.
 Qualcuno ci prova.
Non per eroismo o narcisismo,
ma per sentirsi dalla parte buona della vita.
 Per quello che si è.
Perché ci credi.
Avanzi un po’ a tentoni, esplori, ma altri ti seguono sicuri. Sono piccoli grandi profeti che esplorano piste, ipotesi, che rischiano, con la loro originalità creativa. Spingono ad ogni passo la notte più in là. Dio ha dato a ciascuno il potere di arricchire le vite degli altri.

Ma qui, nella parabola, cominciano i problemi. «Tutte si addormentarono», stolte e sapienti, prudenti e superficiali. Perché la fatica del vivere, la fatica del credere, di attraversare la notte, di fare i lampadieri, ha portato tutti noi a momenti di abbandono, a sonnolenza, forse a mollare. Il problema non è tanto resistere al sonno; forse per un po’, solamente per un po’, ce la facciamo. Il vero problema è risvegliarci alla voce di mezzanotte, e preparare la lampada, risvegliarci al grido che indica lo sposo, ravvivare il cuore e rimettersi in piedi. La parabola mi conforta: verrà sempre una voce che ci risveglia. Dio è un risvegliatore di vite. Non importa se ti addormenti, se sei stanco, se l’attesa è lunga, se il tuo cristianesimo sembra appassire; c’è sempre una voce che ti risveglia; allora ravvivi il cuore e vai; perché Dio è vivo, ed è lui che viene incontro, e sarà lui a varcare l’abisso (Turoldo). Il punto di svolta del racconto è non tanto la mancata vigilanza, si addormentano tutte, tutte ugualmente stanche, ma lo spegnersi delle torce: Dateci un po’ del vostro olio perché le nostre lampade si spengono…La risposta è dura: no, perché non venga a mancare a noi e a voi. Andate a comprarlo. Il senso vero di queste parole è un appello alla responsabilità: un altro non può amare al posto mio, non può essere buono, onesto al posto mio, non può andare incontro alla vita al posto mio. Se io non sono responsabile di me stesso, chi lo sarà per me? Ognuno di noi è una di quelle ragazze: se sagge o folli spetta ad ognuno di noi stabilirlo. Matteo non spiega che cosa significhi l’olio. Possiamo immaginare che abbia a che fare con la luce e col fuoco: qualcosa come una passione ardente, che ci faccia vivere accesi e luminosi. Qualcosa però che non può essere né prestato, né diviso, ognuno di noi risponde in proprio, per la propria saggezza e per la propria follia, per il bene e per il male. Illuminante a questo proposito è una espressione di Gesù: “risplenda la vostra luce davanti agli uomini e vedano le vostre opere buone” (Mt 5,16). Forse l’olio che dà luce sono le opere buone, quelle che comunicano vita agli altri. Illumina altri e ti illuminerai. Due sono gli inviti della parabola di oggi: l’invito a uscire e andare incontro e poi l’invito a vivere accesi. Alla fine la parabola è tutta in questa alternativa: una vita spenta, una vita accesa. Ma il perno attorno cui ruota la parabola è quella voce nel buio della mezzanotte, capace di risvegliare la vita. Io non sono la forza della mia volontà, non sono la mia resistenza al sonno, io ho tanta forza quanta ne ha quella Voce, voce di Dio, che, anche se tarda, di certo verrà; che ridesta la vita da tutti gli sconforti, che mi consola dicendo che di me non è stanca, che disegna un mondo colmo di incontri e di luci. A me serve avere un cuore che ascolta e ravvivarlo, come fosse una lampada, e uscire incontro a chi mi porta un abbraccio. E come si fa per vivere accesi? Io conosco tre risposte. La prima risposta viene dalla parabola di oggi. Per vivere accesi è necessario essere uomini e donne che sanno andare incontro agli altri, varcare distanze, rompere solitudini, inventare comunione. Costoro diventano persona-lampada, luminosa e illuminante. La seconda risposta viene da Isaia quando dice: «Illumina altri e ti illuminerai, guarisci la ferita d’altri e la tua piaga guarirà presto» (Is 58). La terza risposta la dona un bellissimo Salmo: «Guardate a Dio e sarete raggianti, guardate a lui e non avrete più volti oscuri» (34, 6). Chi guarda solo a se stesso non si illumina mai; chi guarda a Dio, allo sposo, diventa almeno un piccolo lampadiere che cammina e spinge la notte più in là. Che solleva, per il suo piccolo corteo, la lampada. E spinge la notte più in là. Perché ci crede, perché sa che in fondo alla notte lo attende, li attende, un abbraccio.

PREGHIERA

Dio nostra luce, viva fiamma

che mantieni accesa la nostra lampada,

illumina il nostro cammino

con la tua parola,

sola speranza nella lunga notte.

Sei fedele, e noi cerchiamo

di imparare da Te nella fatica,

di resistere al silenzio

ancora stretti l’uno all’altro.

Può accadere un prodigio

in questa notte, in tutte le notti,

al di là di ogni speranza, di ogni attesa:

perché Tu sei Dio di chiarità,

risvegliatore di vite.