9 Febbraio 2017

VOI SIETE IL SALE, VOI SIETE LA LUCE DELLA TERRA

 

V domenica A Mt 5, 13-16

 

“Voi siete il sale, voi siete la luce della terra”.

Il vangelo è sale e luce: è come un istinto di vita che penetra nelle cose, si oppone al loro degrado e le fa durare; è come un istinto di bellezza, che si posa sulla superficie delle cose, come fa la luce, le accarezza, non fa rumore, non fa violenza mai, ne fa invece emergere forme, colori, armonie e legami, il più bello che c’è in loro.

Così il discepolo-luce è uno che ogni giorno accarezza la vita e ne rivela il bello, uno dai cui occhi emana il rispetto amoroso per ogni vivente.

Voi siete il sale, voi avete il compito di preservare ciò che nel mondo vale e merita di durare, di opporvi ai corruttori, di dare sapore, di far gustare il sapore buono della vita.

Voi siete la luce del mondo. Una affermazione che ci sorprende:

che Dio sia luce lo crediamo; ma credere che anche l’uomo sia luce, che lo sia anch’io e anche tu, con i nostri limiti e le nostre ombre, questo è sorprendente. E lo siamo già adesso, se respiriamo vangelo. La luce è il dono naturale di chi ha respirato Dio.

Incredibile la stima, la fiducia di Gesù negli uomini. Mi sembra impossibile riporre tanta speranza in noi! In me, che lo so bene, non sono né luce né sale. Eppure il vangelo mi incoraggia a prenderne coscienza:

Non fermarti alla superficie, al ruvido dell’argilla, cerca in profondità, verso la cella segreta del cuore, scendi nel tuo centro e troverai una lucerna accesa, una manciata di sale.

Quando tu segui come unica regola di vita l’amore, allora sei luce e sale per chi ti incontra.

Quando due sulla terra si amano, diventano luce nel buio, lampada ai passi di molti, piacere di vivere e di credere.

In ogni casa dove ci si vuol bene, viene sparso il sale che dà sapore buono alla vita.

Chi vive secondo il vangelo è una manciata di luce gettata in faccia al mondo (Luigi Verdi).

E non facendo il maestro che le sa tutte o il giudice con il dito puntato, ma con le opere: risplenda la vostra luce nelle vostre opere buone.

Sono opere di luce i gesti che domenica scorsa sono stati lanciati come beatitudini:

sono opere di sale e di luce i gesti dei poveri, di chi ha un cuore bambino, degli affamati di giustizia, dei mai arresi cercatori di pace, i gesti, gli stili di vita che si oppongono a ciò che corrompe il cammino del mondo: violenza e denaro.

Isaia suggerisce la strada perché la luce sia posta sul candelabro e non sotto un secchio. «Spezza il tuo pane», parola così asciutta, concreta, semplicissima. «Spezza il tuo pane.» E poi è tutto un incalzare di verbi: «Introduci in casa, vesti il nudo, non distogliere gli occhi. Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà in fretta».

E senti l’impazienza di Dio, l’impazienza di Adamo, l’impazienza dell’aurora e del corpo che ha fame e ferite e fretta di pane e di salute.

La luce attraverso il pane. Pane spezzato.

Guarisci altri e guarirà la tua ferita, illumina altri e ti illuminerai. Perché chi guarda solo a se stesso non s’illumina mai.

E chi distoglie gli occhi dalla gente che è sua, sempre, perché tutti sono dei nostri, non diventerà mai un uomo radioso, una donna luminosa.

Non restare curvo sulle tue storie e sulle tue sconfitte, ma prenditi cura d’altri e guarirà presto la tua vita.

La preghiera famosa di san Francesco lo dice con altre parole: dove è odio che io porti amore, dove è guerra che io porti pace, dove è solitudine che io porti abbracci.

Uscendo di chiesa, fate, se vi va’, un giro nel chiostro, guardate i cartelloni della mostra, occasione per ripassare le sette opere buone che sono sale e luce per il mondo: dai da mangiare, dai da bere, vesti, accogli, visita…

La luce non illumina se stessa, il sale non serve a se stesso. Così ogni credente, tutta la chiesa deve imparare e vivere la prima lezione che ci viene dalle cose: a partire da me, ma non per me. Non dobbiamo puntare i riflettori su noi stessi, ma su un Altro.

Comincio da ciò che ho e sono, ma non vivo in funzione di me stesso.

Scrive papa Francesco: Una religione che serva solo a salvarsi l’anima non è quella del vangelo (E.G.).

 Ma se il sale perde sapore, se la luce è messa sotto a un tavolo, a che cosa servono? A nulla.

Così noi, se perdiamo il vangelo, se smussiamo la Parola e la riduciamo a uno zuccherino, se non diventa carne gesto azione storia opera, se abbiamo occhi senza luce e parole senza bruciore di sale, allora corriamo il rischio mortale dell’insignificanza, di non significare più nulla per nessuno.

Un po’ brutalmente lo ha tradotto così don Fabio Rosini “se continuiamo così, tra un po’ di noi non gliene frega più niente a nessuno”

L’umiltà della luce e del sale: perdersi dentro le cose. Per loro. Illumina altri e ti illuminerai, guarisci altri e guarirai (Isaia 58,8). Non restare curvo sulle tue storie e sulle tue sconfitte, ma occupati della terra, della città degli uomini. Chi guarda solo a se stesso non si illumina mai.

Nessuno ha troppi difetti o è troppo debole o troppo piccolo per chiamarsi fuori dall’impegno di trasmettere il sapore e lo splendore di Dio. E il più delle volte lo facciamo senza saperlo. È possibile non gustare nulla di Dio eppure diffonderlo tra gli altri, senza accorgercene. Dio agisce così: quante volte l’ho visto! Può succedere che si brancoli nel dubbio e nella notte e di essere luce per qualcuno, con una parola o un gesto che non so da dove vengano. Dio agisce così.

Ma c’è una tentazione: quella di credere di avere troppe ombre in me per dedicarmi agli altri, di essere insipido e povero, di avere troppi peccati come ferite aperte.

I profeti però ripetono: Non preoccuparti delle tue ombre o delle tue malattie, ma della tua città, della tua gente, della nostra terra dove c’è fame e sofferenza

Allora guarirai, allora ti illuminerai.

Perché siamo tutti dei malati, però capaci di prenderci cura della vita.

Siamo tutti feriti, però capaci di essere guaritori.

I guaritori feriti.

Oggi inauguriamo la prima delle domeniche dei laboratori interattivi per

“NUOVI STILI DI VITA ALLA LUCE DEL VANGELO”,

domenica delle relazioni umane, dal titolo: “Gli origami relazionali”.

Come preghiera dei fedeli ci verranno presentate sette relazioni umane buone, sale e luce dei giorni, gesti semplici e possibili a tutti.

Relazioni nuove e buone sono lievito, sale e luce per un futuro buono, annuncio e impegno che è possibile vivere meglio. Per tutti. La ricchezza che nessuno ci potrà rubare.

Alla fine della messa, ognuno ne potrà scegliere una tra le sette, in questo paniere: è il mandato e l’impegno con cui prolungare nei giorni uno stile nuovo ed evangelico di vita.

 

p. Ermes Ronchi